Sembra un giallo di Agatha Christie, ma la scena si svolge in Campidoglio. Da sei mesi a questa parte, infatti, gli assessori della sindaca Virginia Raggi scompaiono uno dopo l’altro. Neanche fossero i dieci piccoli indiani del noto romanzo. C’è chi lascia per opportunità politica, chi se ne va in polemica con i Cinque Stelle, chi viene cacciato dai vertici grillini. Intanto la lista delle sparizioni aumenta. L’ultima a lasciare è stata Paola Muraro, responsabile della sostenibilità ambientale. Dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per presunti reati ambientali, pochi giorni fa l’assessora ha deciso di fare un passo indietro. Se ne va, seppure certa di riuscire presto a dimostrare la propria estraneità ai fatti. La notizia l’ha data proprio Virginia Raggi, con un surreale video selfie sulla sua pagina Facebook. Un breve resoconto registrato all’una di notte nella sala delle bandiere del Campidoglio, alla presenza silenziosa e immobile dell’intero gruppo dei consiglieri di maggioranza.
“..E poi non rimase nessuno”. Quando negli anni Quaranta l’opera di Agatha Christie arrivò in Italia, l’editore scelse questo titolo. Il rischio è che la giunta Raggi segua lo stesso destino. La memoria torna ai primi mesi d’estate: il primo a sparire dalla giunta è stato l’ex rugbista Andrea Lo Cicero. Indicato in campagna elettorale come assessore allo Sport, è stato sacrificato subito dopo la vittoria. Colpevole di aver pronunciato alcune frasi omofobe, forse. Più probabilmente immolato sull’altare delle quote rosa. In cambio la sindaca gli ha offerto un ruolo da “ambasciatore” della Capitale, che il campione ha preferito rifiutare con eleganza.
C’è chi lascia per opportunità politica, chi se ne va in polemica con i Cinque Stelle, chi viene cacciato dai vertici grillini. Intanto la lista delle sparizioni aumenta. L’ultima a lasciare è stata Paola Muraro, responsabile della sostenibilità ambientale
I mesi passano, il giallo capitolino si infittisce. A settembre saltano altre teste, stavolta ad andare via è l’assessore Marcello Minenna. Non è un addio di poco conto: già dirigente della Consob, in Campidoglio Minenna è quasi un vicesindaco. È il responsabile del Bilancio, ma ha anche le deleghe alle Partecipate e al Patrimonio. Il motivo del passo indietro è interno alla squadra M5S. Decisive, raccontano i retroscena, sono le frizioni con alcuni collaboratori della prima cittadina, tra tutti il dirigente Raffaele Marra. Insieme a Minenna va via il capo di gabinetto, Carla Raineri. Magistrato di corte d’Appello giunta appositamente da Milano. Ad annunciare la revoca è la sindaca Raggi, con un altro post notturno su Facebook. Il momento è difficile. In poche ore le dimissioni si trasformano in una slavina: insieme ai due fanno un passo indietro tre importanti dirigenti: il dg di Atac Marco Rettighieri e l’amministratore unico della partecipata Armando Brandolese. E con loro lascia anche il presidente di Ama Alessandro Solidoro, da poco in carica.
La squadra che doveva guidare la rivoluzione grillina a Roma inizia a perdere pericolosamente pezzi. Amministrare le Città Eterna non è una passeggiata, i primi a conoscere i rischi dell’impresa sono proprio i Cinque Stelle. Ma forse neanche loro si aspettavano tanti problemi. L’assessorato al Bilancio diventa un caso. Pochi giorni dopo la sindaca sceglie il sostituto di Minenna: è Raffaele De Dominicis, ex magistrato della Corte dei Conti. Dalla nomina alla revoca passano meno di 24 ore. «In base ai requisiti previsti dal M5S – spiega la sindaca tramite social network – non può più assumere l’incarico di assessore al Bilancio della Giunta capitolina, pertanto di comune accordo abbiamo deciso di non proseguire con l’assegnazione dell’incarico». Lui non la prende benissimo. E in un’intervista a Repubblica ammette di sentirsi «vittima di un complotto e di una ingiustizia grave e senza precedenti».
“..E poi non rimase nessuno”. Quando negli anni Quaranta l’opera di Agatha Christie arrivò in Italia, l’editore scelse questo titolo. Il rischio è che la giunta Raggi segua lo stesso destino
E così arriva il turno di Salvatore Tutino, già dirigente generale del ministero dell’Economia e consigliere della Corte dei Conti. Stavolta la nomina non viene neanche formalizzata: dopo una serie di incontri in Campidoglio, quando l’intesa sembra ormai trovata, l’accordo salta. E tra le polemiche anche Tutino si sfila. Passi indietro, veri o presunti. Fughe, allontanamenti e misteri. Come quello che poche settimane fa ha interessato Paolo Berdini, responsabile dell’Urbanistica e delle Infrastrutture, ennesimo protagonista dei rumors di Palazzo. A inizio dicembre diversi organi di stampa hanno annunciato l’imminente addio dell’assessore. Decisive, si legge, sarebbero state le posizioni poco “allineate” su alcuni dei dossier più importanti all’esame della giunta: dalla metro C al nuovo stadio della Roma. Le indiscrezioni si infittiscono, i bene informati danno per certa l’ennesima defezione. Poi, però, tutto sembra risolversi. Per ora Berdini resta al suo posto, almeno fino al prossimo colpo di scena.