Grillo e Salvini, un cappello (e una poltrona) per due

I due leader del fronte del No chiedono le stesse cose: elezioni subito e la chance di guidare il governo. Difficile che si possano alleare. Ma tutto dipenderà anche dalla legge elettorale.

Hanno storie politiche diverse, ma parlano lo stesso linguaggio. Beppe Grillo e Matteo Salvini si contendono il cappello sulla vittoria del No al referendum costituzionale. Il primo è stato più prudente del secondo, che si è precipitato nella sala stampa di via Bellerio, la sede federale della Lega Nord a Milano, pochi minuti dopo gli exit poll e prima di tutti gli altri. Questione di piazzamento mediatico. Il leader 5 Stelle ha invece atteso che prendesse forma concreta la vittoria del No e che Matteo Renzi annunciasse la sua uscita da Palazzo Chigi. Due, tre ore appena in cui ha preso forma la doppia faccia dell’alternativa di governo: chi la spunterà?

Movimento 5 Stelle e Lega si sono spesso guardati con diffidenza in questi quattro anni seguiti alle elezioni Politiche del 2013. Ma si sono studiati. Qualche volta si sono anche scambiati cortesie. «Non penso di essere in cima ai pensieri di Grillo e Grillo non è in cima ai miei pensieri», il laconico commento di Salvini nella notte di via Bellerio (dove con questa vittoria del No non deve più temere le minacce della vecchia guardia).
Le parole che hanno scelto i due leader sono state però identiche. Movimento 5 Stelle e Lega chiedono subito elezioni, con la prima legge elettorale che sarà disponibile. Parlano di vittoria del popolo contro tutte le espressioni del potere che si erano messe dalla parte della riforma renziana. Immaginano che la gestione del governo non sia più una faccenda esclusiva del Pd, il partito che esprime la maggioranza alla Camera ma che è arrivato laceratissimo al voto decisivo di domenica. “I tempi sono cambiati”, ha sentenziato l’ex comico.

Lega e Movimento 5 Stelle si sono anche cercati, in alcune occasioni. In Parlamento un fronte comune di opposizione non si è mai veramente creato, se non su alcuni temi specifici come la crisi delle banche. Ma al secondo turno delle Comunali di giugno Salvini ha fatto il suo endorsement per Virginia Raggi e Chiara Appendino a Roma e Torino

Lega e Movimento 5 Stelle si sono anche cercati, in alcune occasioni. In Parlamento un fronte comune di opposizione non si è mai veramente creato, se non su alcuni temi specifici come la crisi delle banche. Ma al secondo turno delle Comunali di giugno Salvini ha fatto il suo endorsement per Virginia Raggi e Chiara Appendino a Roma e Torino. Conta molto anche la visione comune del ruolo dell’Italia nel mondo. Ridiscutere tutti i trattati costitutivi dell’Unione Europea, a partire dalla permanenza nell’euro, è una richiesta non nuova per i due leader che hanno già fatto a gara, un mese fa, nel mettere il cappello su un’altra: quella di Donald Trump alle elezioni presidenziali Usa. Certo, fra Grillo e Salvini ci sono differenze nel grado di tensione su alcuni temi specifici. L’uno più attento a spazzare via il vecchio al grido di onestà, l’altro molto attento a promettere pulizia dall’immigrazione senza freni al grido di ruspa. E c’è una differenza di peso elettorale: i 5 Stelle da soli valgono il 30%, la Lega senza gli storici alleati è quotata la metà nei sondaggi di opinione.

Di fronte a una probabile accelerazione verso le elezioni Politiche anticipate, i due campioni del No hanno però iniziato subito a lavorare a una proposta di governo. Entrambi si sono detti sicuri di poter vincere e governare. Grillo ha annunciato l’avvio della costruzione del programma e della squadra sul web.
Salvini ha detto di averli già pronti, con o senza alleati. Probabile che ora ricominci il tormentone sulla possibile alleanza fra 5 Stelle e Lega. Ricostruzione che però, come tutte le altre volte in passato, trova secche smentite. Soprattutto fra i grillini. Pare che Salvini abbia già cercato nei mesi scorsi un dialogo con Grillo, ma senza successo. Quello che accadde alle Comunali è del resto ambivalente: il sostegno leghista alle candidate grilline non pare essersi trasformato in un soccorso grillino alle sfortunate candidature leghiste. Perché alla fine, per l’elettorato pentastellato, la Lega resta comunque il vecchio, un partito che ha governato a lungo l’Italia della seconda Repubblica. Le cose potrebbero cambiare solamente dopo le elezioni – e qui si entra nel campo delle previsioni astrali – in caso di una nuova legge elettorale proporzionale: senza numeri certi per avere una maggioranza autonoma, i voti in Parlamento di Grillo e Salvini potrebbero essere la chiave per abbattere per la seconda volta il Pd. Sempre che Salvini decida di fare quello che non ha mai fatto: divorziare definitivamente da Berlusconi.

@ilbrontolo

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