Ha ragione Grillo: la guerra alla “post verità” è un attacco alla libertà di parola

Le parole di Pituzzella (Antitrust) e del ministro Orlando sulla regolamentazione del web sanno di Minculpop 2.0. E tradiscono una bugia dura a morire: che i populisti vincono grazie a internet, così come Berlusconi vinceva per le televisioni

Ecco, ci manca solo questa: lasciare la difesa della libertà di parola a Beppe Grillo mentre il resto della politica si schiera per trovare strumenti di controllo o di censura del web. La pietra dello scandalo è l’intervista del capo dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella al Financial Times, in cui si dicono quattro cose quantomeno opinabili: 1) internet è un Far West; 2) si devono «imporre regole»; 3) queste regole deve fissarle il pubblico perché «non è compito di entità private controllare l’informazione, è dei poteri statali: loro devono garantire che l’informazione è corretta»; 4) serve un’entità «terza, indipendente dal governo, pronta a intervenire rapidamente (sul web) se l’interesse pubblico viene minacciato». Ovvio che Grillo gridi alla censura, anzi alla santa inquisizione. Ovvio che si sia costretti a dire: ha ragione lui. Meno ovvio che un presidente dell’Antitrust si occupi di una cosa complicata, che non rientra nelle sue competenze, e sulla quale sembra muoversi a tentoni. La frase «i poteri statali devono garantire che l’informazione è corretta», se sarà confermata come autentica, ha un sapore di Minculpop 2.0 francamente sorprendente in bocca a un avvocato, giurista, costituzionalista.

Pitruzzella peraltro si è mosso in scia al ministro della Giustizia Andrea Orlando, che tre giorni fa in una conversazione con Il Foglio aveva annunciato una presa di posizione italiana in sede europea per imporre a Facebook la responsabilità dei contenuti pubblicati dai suoi utenti, allo scopo di disboscare «la giungla della disintermediazione senza regole». Insomma: l’offensiva per imbrigliare il web non è l’idea balzana di un singolo, ma la linea politica del momento, e la chiave pare essere la surreale convinzione – mutuata dai progressisti americani e britannici – che i liberal perdano le elezioni “per colpa della Rete” e che i sondaggisti sbaglino le previsioni perché sta vincendo «la post-verità», cioè le balle virali che avvantaggerebbero i cosiddetti populisti.

L’offensiva per imbrigliare il web non è l’idea balzana di un singolo, ma la linea politica del momento, e la chiave pare essere la surreale convinzione – mutuata dai progressisti americani e britannici – che i liberal perdano le elezioni “per colpa della Rete” e che i sondaggisti sbaglino le previsioni perché sta vincendo «la post-verità»

Ora, se gli americani trovano consolatorio raccontarsi che la Clinton ha perso per le bufale online ispirate forse dai servizi segreti russi, va benissimo. Lo facciano. Se agli inglesi piace appendere la Brexit alle bugie sul costo economico della permanenza nella Ue, fatti loro. Ma qui in Italia, sostenere che il successo dei grillini o la vittoria del no referendario sono stati determinati dai diecimila o centomila Napalm51 che strepitano sul web, suona piuttosto ridicolo. Sappiamo tutti come è andata, e quali sono i motivi – politici, non emotivi – per cui abbiamo sindaci grillini a Roma e Torino, un premier abbattuto da un referendum, elezioni ad alto rischio alle porte. Dovremmo anche sapere che siamo un Paese con una tradizione politica complessa, antica, frastagliata, in cui la propaganda ha sempre contato assai meno che nel mondo anglosassone. E infine dovremmo aver presente che le letture semplificatorie della realtà le abbiamo già usate e abbiamo sbagliato: «Berlusconi vince perché ha le tv», vi ricordate? Sarebbe ora di smetterla di correre dietro alle analisi a un tanto al chilo.

E comunque. Anche se ci fosse un granello di realtà in questa storia della post-verità, lasciare a Grillo la difesa della libertà di parola in rete è stupido. Stupido per la destra, che alla parola “libertà” ha costruito monumenti per mezzo secolo. Stupido per la sinistra, che riuscirà a rompere definitivamente il suo rapporto con i giovani e con il mondo della Rete per inseguire una chimera irrealizzabile: quella di trasformare i social in una riedizione dei congressi del vecchio Pci, dove si parla per relazioni e mozioni, uno per volta, dopo aver attentamente limato ogni parola. La Rete è il regno delle emozioni, è vero. Ma se la politica tradizionale non sa più crearne, non è colpa del web. Cerchi di recuperare quell’abilità piuttosto che baloccarsi con l’idea di silenziare chi gli dà fastidio. Non ci costringa a dire “ha ragione Grillo”, che proprio non vorremmo farlo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter