Non deve essere difficile immaginare cosa sta succedendo negli ultimi giorni, in un elegante ufficio di una operosa città del nord Italia. Un importante industriale siede soddisfatto di fronte a una grande scrivania e guarda la scatola di sigari appoggiata lì sopra. Allunga la mano verso uno di loro, lo osserva, lo gira e rigira. Lo soppesa con attenzione, quasi come se fosse la prima volta che vede una cosa del genere nella sua vita. Deve resistere alla tentazione di incendiarne la punta, usando come accendino una banconota di grande taglio, come fanno in certi film o video di rapper oltreoceano. Eppure potrebbe farlo tranquillamente: uno dei suoi dipendenti, un ragazzo molto bravo a giocare a calcio, farà fruttare ad una delle sue aziende una valanga di quattrini.
Dall’altra parte dell’Italia, non deve essere altrettanto difficile immaginare cosa sta succedendo, da almeno un paio d’anni. Un altro grande industriale del nord, ma emigrato a sud per ragioni d’affari, guarda un quadro con dentro una maglia rosanero. Il numero è l’11, il nome è Amauri. Ripensa a quando certi giocatori riusciva a comprali e valorizzarli a dovere, rivendendoli a peso d’oro. Il brasiliano, poi divenuto italiano, fu un colpaccio: preso a 8 milioni e rivenduto a più di 20. Bei tempi. Certo, per consolarsi c’è sempre tempo e modo: una cassatina, una passeggiata a Monreale, la plusvalenza di Dybala.
Ecco, Urbano Cairo e Maurizio Zamparini hanno qualcosa in comune. Succede, quando lavori nel calcio e prima o poi ti siedi allo stesso tavolo, per trattare un giocatore. Ecco, Cairo e Zamparini hanno in comune Andrea Belotti. Un ragazzo tranquillo, della provincia bergamasca, di quelle dove una volta a sfondare erano pochi ma buoni: da Calcinate viene Pietro Vierchowod, nome da generale russo e tempra da grande difensore italiano. Belotti tranquillo è e tranquillo resta, nonostante i suoi piedi possano fruttare al Torino una plusvalenza pazzesca. Basti pensare che il ragazzo ha firmato il rinnovo di contratto, con una clausola di rescissione valida per l’estero di 100 milioni: significa che se un club di Premier o Liga (o cinese…) si presenta con quella somma, Cairo lo lascia partire. In Italia, invece, ci si dovrà sedere al tavolo con il padrone di La7 e di Rcs. E non sarà affatto una passeggiata: per uno abituato a realizzare plusvalenze per 31 milioni in una sola stagione (nel 2014), andare a trattare è una sfida da veri temerari. Lo è stato spesso anche farlo con Zamparini, ma Belotti in rosanero è durato due anni: non abbastanza, per trasformarsi in un affarone come Dybala. E la cessione al Torino per soli 8 milioni è una cosa che all’imprenditore ex proprietario del Venezia fa male ancora oggi.
Basti pensare che il ragazzo ha firmato il rinnovo di contratto, con una clausola di rescissione valida per l’estero di 100 milioni: significa che se un club di Premier o Liga (o cinese…) si presenta con quella somma, Cairo lo lascia partire. In Italia, invece, ci si dovrà sedere al tavolo con il padrone di La7 e di Rcs. E non sarà affatto una passeggiata: per uno abituato a realizzare plusvalenze per 31 milioni in una sola stagione (nel 2014), andare a trattare è una sfida da veri temerari.
Fa male, perché Belotti è stato il giocatore del 2016. Il Guardian ha optato per Pisacane del Cagliari, con tutte le ragioni del caso: il ragazzo qualche anno fa ha rischiato la vita e oggi gioca in Serie A. E non scegliamo Higuain, che siede dall’altra parte del Po, per un motivo molto semplice: i margini di crescita. Gonzalo è un attaccante fortissimo, forse il migliore in assoluto della Serie A degli ultimi anni. Lo dicono i numeri: nella scorsa stagione ha battuto il record di gol segnati che resisteva da decenni. Ma uno così, pagato dalla Juventus 90 milioni di clausola rescissoria e già a segno in molte gare decisive della prima parte di stagione con la maglia bianconera (Fiorentina, Roma, derby granata…), di fatto può solo peggiorare. O migliorare segnando un gol in finale di Champions, nel campo delle ipotesi da sogno.
Belotti è uno che dal nulla è cresciuto conquistandosi la massima serie passo passo, lavorando sodo, dalla provincia alla A senza passare per dire da Madrid. E per spiegare la crescita dell’attaccante detto “il Gallo” per la sua esultanza, si può cominciare da una foto. Siamo nel marzo 2013 e Belotti all’epoca gioca nell’Albinoleffe. Ci è arrivato dopo essere stato scartato a un provino dall’Atalanta, il sogno per ogni ragazzo della provincia bergamasca. Ma il club, che in quanto a plusvalenze da giovani non scherza affatto, stavolta non ci prende (anche se lo scoprirà tempo dopo). L’Albinoleffe quasi non ci crede e dopo una veloce prova sul campo lo tessera. In quella foto, Belotti è ragazzo qualunque, come molti della sua età: cresta, cuffioni per la musica e emozione nel postare sui social una foto con Mario Balotelli, che l’anno prima ha vinto la Premier con il City.
Da lì in avanti, le strade dei due sono già segnate. Balo bucherà il Mondiale 2014 dopo l’esordio vincente e finirà a girare l’Europa come un pacco delicato e che nessuno vuole maneggiare. Belotti è per tutti Belottino, vista la presenza nell’Albinoleffe dell’omonimo Mauro. Piccolo di nome, ma la voglia di emergere è sempre stata all’opposto. Il carattere è la prima cosa. Nel suo primo gol da professionista, contro il Livorno in serie B, stacca di testa e insacca. Potrebbe festeggiare, invece prende la palla e si avvia verso il centrocampo: mancano due gol per pareggiare, forza. All’inizio della carriera il piede non è di quelli di velluto: girando per la provincia può trovarsi di meglio, devono aver pensato all’Atalanta. Ma con il lavoro si migliora sempre. Quando arriva a Palermo, lo fa in prestito con riscatto: normale un po’ di diffidenza, anche se sarà il tratto distintivo della sua carriera in Sicilia. Una diffidenza che dovrebbe svanire di fronte all’abilità di Belotti di saper usare anche i piedi, con precisione. Basta vedere i suoi gol nell’anno del Palermo in B, stagione 2013/14. Il primo è a Brescia, rasoterra al volo sul secondo palo. Altro rasoterra da fuori, in casa. La terza è già una perla: arriva al limite dell’area, sterzata, dribbling e bomba all’incrocio. Beh.
Nella prima stagione in A, Belotti arriva con 10 gol già all’attivo. Ne fa altri 8, compresa la doppietta al Napoli nella prima gara da titolare della stagione 2014/15. Il primo gol dimostra che la crescita è a buon punto: colpo di testa da angolo, sfruttando il posizionamento e il momento giusto per colpire sovrastando il marcatore dopo essersi inserito “a fari spenti”. Contro il Sassuolo segna il gol vittoria in pieno recupero: il portiere emiliano non è perfetto, ma Belotti scatta in posizione perfetta, gabbando la difesa avversaria in linea. Zamparini dirà che venne consigliato male sulla tecnica non eccelsa di Belotti, che viene ceduto al Torino. Qui la sua crescita segue due fasi. La prima è più lenta, di adattamento. Nel girone d’andata segna un gol solo, al Bologna. Poi la doppietta al Frosinone e la crescita – aiutata anche dall’arrivo a gennaio di un attaccante più esperto come Immobile – non si ferma più. Il ragazzo ha imparato a usare in piedi, con sprezzo del pericolo se serve: come quando supera l’interista Felipe Melo con un sombrero. Il gesto dimostra che la crescita è tecnica e caratteriale: ce ne vuole anche per prendere un palo dalla distanza contro la Roma, all’Olimpico. In generale, Belotti segna e partecipa al gioco di squadra sfruttando il fisico e il rientro verso il centrocampo, per aprire gli spazi al gioco sulle fasce di Ventura.
Quello stesso Ventura che all’inizio di questa stagione lo chiama in Nazionale, per le qualificazioni ai Mondiali del 2018. L’inizio è promettente, benché gli avversari non eccelsi (anche se uno ci stava battendo): 3 gol in 5 gare azzurre, doppietta contro il Liechtenstein. In campionato, la crescita ulteriore è certificata dal gol contro l’Inter: corsa verso la porta, primo avversario abbattuto di forza e secondo anticipato da un tiro che piega le mani ad Handanovic. Ma è l’azzurro la nuova sfida: con Balotelli che a Nizza si sta rigenerando ma che ancora non offre garanzie a Ventura, con Gabbiadini in cerca di rilancio lontano da Napoli e Pavoletti che proprio con Sarri cerca lo spazio per l’azzurro di Coverciano, la coppia Immobile-Belotti è quella che con ogni probabilità si cementerà nel 2017, quando ci giocheremo l’accesso diretto o meno al Mondiale. Lo faremo con una certezza: nel 2016, Belotti ha segnato 24 gol in 38 partite. Ecco, in A solo Higuain ha fatto meglio (30), per tornare alla questione di chi sia il migliore. Il 2017 all’inizio vedrà Belotti a quota 13 gol in campionato, tre in più di Gonzalo, ma soprattutto già uno in più dei totali siglati lo scorso campionato. Nel calendario cinese, il 2017 sarà l’anno del gallo. Lo era anche il 1993, quando Belotti è nato. Secondo l’astrologia, chi nasce in questo tipo di anno è un duro lavoratore, pieno di risorse, coraggioso e talentuoso. Fate voi.