Referendum, ma cosa succede se c’è un pareggio?

È un risultato inverosimile, ma per logica non impossibile. Comunque non c’è da preoccuparsi: la legge parla chiaro e la soluzione è agevole

Basta un sì, dice Matteo Renzi. Ma serve un no, gli rispondono gli avversari. I due fronti si fronteggiano, le armate si armano, i votanti votano. Ma cosa succede se, alla fine, tra tutti i sì che bastano e tutti i no che servono, si raggiunge la totale parità? Non c’è il quorum, non ci sono delegati da mandare a Washington. E ci sono 5 milioni esatti da una parte e 5 milioni esatta dall’altra. Che si fa?

Come è ovvio, è un caso teorico e molto inverosimile. Ma, non essendo impossibile, è regolato. Sulla questione i legislatori sono molto chiari: se c’è parità, il quesito referendario deve essere bocciato. Lo dice lasciando poco spazio al dubbio il testo stesso della Costituzione, all’articolo 138:

“...La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Se è vero che Brexit means Brexit, anche maggioranza means maggioranza.

Insomma, in caso di parità, cioè se i voti a favore della riforma si fermano al 50%, vince il No. È logico: se restano alla pari, vuol dire che la legge non ha raggiunto il requisito necessario, anche solo di un soffio.

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