Renzi, il gioco d’azzardo continuo è l’unica soluzione per stare a galla

È un giocatore forte, con grande propensione al rischio, come non se ne vedevano in Italia dai tempi di Bettino Craxi. Ora che la sua stagione politica sembra a rischio, l’unica carta che può giocarsi è

Ci sono due modi di giocare a Chemin de Fer o a poker. Il primo è alzarsi quando le carte non girano, l’altro è raddoppiare la posta finché non entra il punto, una cosa che richiede molti soldi e molto gusto del rischio, perché spesso chi gioca al raddoppio finisce in rovina. Ecco, Matteo Renzi è senza dubbio il secondo tipo di giocatore. E non sorprende che appena perso il Referendum raddoppi la posta e chieda banco con le elezioni subito, subitissimo, addirittura a febbraio.

Un’alta predisposizione all’azzardo è la cifra della sua leadership, che negli ultimi otto mesi ha usato ogni tornata elettorale – vinta o persa che fosse – come trampolino per la successiva, usando la sconfitta per alimentare la narrazione del “noi contro tutti” e serrare i ranghi in vista della battaglia successiva che indicava ai suoi. Dal Referendum sulle Trivelle alle amministrative di giugno; dalle amministrative di giugno al Referendum costituzionale; dal Referendum costituzionale alle possibili politiche anticipate: ogni volta nuove fiches messe sul tavolo, e nuove suggestioni di possibile, definitiva, rivoluzionaria vittoria su quelle che il vecchio lessico politico avrebbe chiamato le Oscure Forze della Reazione e il nuovo ha battezzato Gufi, Professoroni, Signor No.

Il Matteo Renzi che pensa al voto istantaneo è l’altra faccia del Matteo Renzi dell’immediato dopo-voto, quello del “mollo tutto”, del “me ne vado”, deciso a lasciare insieme al governo anche il Pd e qualsiasi ruolo politico, anzi la politica stessa. Un lampo durato appena un attimo che è anche il primo istinto del giocatore temerario quando vede il suo poker superato da una scala reale, e la colossale posta che già sentiva in tasca svaporare nel niente. Alzarsi dal tavolo prima di farsi davvero male, sciacquarsi la faccia, andare a casa. Poi non lo fa nessuno, perché chi ama l’azzardo quasi sempre resta, e raddoppia.

La propensione al rischio è cosa molto rara nelle leadership italiane. Persino Silvio Berlusconi ne ha avuta pochissima, e in tutta la sua storia – salvo che in una sola occasione, lo scontro con Gianfranco Fini – ha eluso il conflitto piuttosto che mettersi in gioco e sfidare i poteri che frequentemente denunciava come elementi di blocco della società italiana, a cominciare dai sindacati. Per trovare un “leader del rischio” bisogna tornare indietro fino a Bettino Craxi, e anche in quella storia c’è un referendum – quello sulla scala mobile – cavalcato contro ogni consiglio alla prudenza e clamorosamente vinto contro il Pci, la Cgil e anche il Msi, la destra dell’epoca, ma non solo. C’è Sigonella, lo scontro con l’America di Reagan, una cosa che avrebbe fatto tremare i polsi a qualunque esponente di partito italiano, e la partita sulla “soluzione umanitaria” per Aldo Moro che gli costò persino accuse di complicità col terrorismo. Altri così non se ne sono più visti per un bel pezzo.

Peraltro, il gioco al raddoppio sembra essere al momento davvero l’ultima e unica chance di Matteo Renzi, che non avrebbe alcun vantaggio dal lasciarsi cucinare dal suo partito nei tempi lunghi delle elezioni a scadenza, nel 2018. L’idea che sia tutta sua l’area del Sì, quel 40 per cento di voti strappati il 4 dicembre, non ha molto fondamento e però sicuramente sono voti che potrebbe prendersi se tornasse a vestire, fuori da Palazzo Chigi, i panni di Davide contro Golia che già in passato lo hanno reso popolare. Magari, aggiungendoci una maggior consapevolezza del reale, più ascolto delle voci di qualità rimaste nel perimetro della sinistra che da mesi lo stanno implorando di rettificare il tiro politico dei suoi programmi. Poi, decideranno le capacità personali, e soprattutto il Fato, che è il dio segreto di tutti i giocatori, così potente che nella cultura greca nemmeno Zeus può contrapporsi a lui. Vai a vedere che stavolta non serva le carte giuste.