TaccolaVi hanno regalato uno smartwatch? Rimarrà nel cassetto

Il tasso di abbandono per gli smartwatch e per i fitness tracker è del 30 per cento. Vale per gli acquisti fatti in proprio e ancor di più per i regali. Il problema è che dopo un po’ annoiano

Justin Sullivan/Getty Images

Che gli smartwatch fatichino a sfondare è ormai un dato assodato, confermato dai dati degli ultimi trimestri (e in attesa di un colpo di reni dato al comparto dalla seconda serie degli Apple Watch) e dalla parabola fallimentare del pionere del settore, Pebble. Ora un’indagine di Gartner getta nuove ombre su questi dispositivi che, come tutti i wearable (a partire dai visori di realtà aumentata) alla prova dei fatti si sono dimostrati molto meno desiderabili rispetto a quanto ci si aspettava. Ebbene, non solo le vendite sono state limitate, ma il tasso di abbandono è alto: per gli smartwatch è del 29 per cento, mentre per i fitness tracker, vale a dire per i braccialetti che tracciano l‘attività fisica, è del 30 per cento. Come mai? Perché le persone non li trovano utili, oppure li trovano noiosi o li rompono, ha decretato il sondaggio, svolto su 9.500 persone tra Australia, Stati Uniti e Regno Unito. «È un problema grave per il settore», commenta Angela McIntyre, direttrice della ricerca di Gartner. «Il tasso di abbandono è piuttosto alto, relativamente al tasso di utilizzo. Per offrire una “value proposition” abbastanza persuasiva, gli utilizzi dei wearable hanno bisogno di essere distinti da quelli degli smartphone. I produttori hanno bisogno di coinvolgere gli utilizzatori con incentivi e con la gamification».

Il problema è che questi oggetti stanno passando da una fase in cui vengono presi da pionieri, gli early adopter, a una seconda fase, più matura. È il momento in cui si passa a volumi ben superiori (e in cui i produttori rientrano dagli investimenti), ma questo risulta molto difficile se un terzo degli utilizzatori non ne apprezza il valore.

Quindi è il caso di concentrarsi sui problemi. Per gli smartwatch il primo è il prezzo: troppo alto per l’utilità percepita, tanto che Gartner invita i produttori ad accettare margini più bassi, almeno per chi non ha un grande nome come Apple alle spalle. Poi c’è il tema del design: sono oggetti che devono essere indossati in continuazione ma che hanno un contenuto estetico considerato insufficiente, soprattutto dal pubblico femminile. I produttori dovrebbero quindi provare a fare delle partnership con produttori di orologi o di bracciali.

Non solo le vendite sono limitate, ma il tasso di abbandono è alto: per gli smartwatch è del 29% e per i fitness tracker del 30%. Come mai? Perché le persone non li considerano utili, oppure li trovano noiosi o li rompono

E poi c’è il tema dell’utilità, limitata dal fatto che in genere per funzionare al pieno delle funzionalità, gli smartwatch devono essere accoppiati a uno smartphone. «La chiave per creare una value proposition che interessi i consumatori di massa sono i messaggi che girano attorno al monitoraggio della salute e alla comodità di ricevere notifiche al polso invece che sul telefono», aggiunge la responsabile della ricerca di Gartner. Non a caso chi ha puntato molto sullo sport, come Garmin, ha avuto buoni risultati di vendite. «Il beneficio crescerà se questi dispositivi saranno in grado di funzionare indipendentemente dal telefono», aggiunge McIntyre.

Per i fitness tracker, invece, i limiti sono soprattutto estetici e nel fatto di essere usati soprattutto da giovani, mentre tra gli anziani, soprattutto tra le donne, l’appeal è minimo.

Intanto, dai primi di dicembre Pebble ha cessato le attività. Si tratta del primo produttore che ha sviluppato il concetto di smartwatch. Fu un caso eclatante, perché riuscì a raccogliere attraverso il crowdfunding su Kickstarter ben 10 milioni di dollari, per arrivare alla produzione all‘inizio del 2013. Pebble ha puntato sul concetto di smartwatch elegante, leggero, con una forte durata della batteria grazie a uno schermo con e-ink e non Lcd. Ma è rimasto nicchia nella nicchia, con 2 milioni di prodotti venduti in tre anni. Le attività sono cessate e la società è stata comprata da FitBit si dice per 40 milioni di dollari. Non è chiaro cosa rimarrà della tecnologia di Pebble, probabilmente sarà valorizzata la capacità di interfacciarsi in maniera agile ai vari sistemi operativi degli smartphone.

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