La sentenza della Consulta sulla legge elettorale salda nuove alleanze in Parlamento. Nel giorno in cui la Corte Costituzionale modifica l’Italicum, le forze politiche danno vita a inedite convergenze. La decisione dei giudici, intanto, modifica il modello elettorale: bocciato il ballottaggio, resta il premio di maggioranza per il partito in grado di raggiungere il 40 per cento dei voti. Per molti, è il segnale che il voto si avvicina. I renziani puntano sul ritorno alle urne in primavera. E così si schierano la Lega Nord e il Movimento Cinque Stelle. Del resto la nota della Consulta che accompagna la sentenza spiega chiaramente che la legge «è suscettibile di immediata applicazione». Se c’è la volontà, insomma, si può tornare subito a elezioni. Dall’altra parte si delinea il fronte di chi preferisce prendere tempo. Aspettando, magari, il termine naturale della legislatura. Forza Italia e la minoranza Pd chiedono che il Parlamento sia chiamato a interpretare il suo ruolo, armonizzando le leggi elettorali di Camera e Senato. E con loro c’è la schiera poco visibile, ma ben presente, dei parlamentari alla prima esperienza di Palazzo. Evidentemente poco propensi a tornare anzitempo al voto.
La legge elettorale uscita dalla Consulta non chiarisce definitivamente il destino della legislatura. Nella maggioranza del Pd sono in molti a interpretare la sentenza come un avvicinamento al voto anticipato. Magari a giugno. Punta a tornare alle urne in primavera il segretario Matteo Renzi, che in questi giorni sta lanciando, di fatto, la campagna elettorale. Ieri l’ex premier ha inaugurato un blog, nuova forma di comunicazione diretta con militanti ed elettori (dal vago sapore grillino). A breve, ha assicurato ai suoi, annuncerà la nuova segreteria. Per tornare a Palazzo Chigi, il partito di Renzi ha bisogno di conquistare il 40 per cento dei voti, lo stesso risultato ottenuto alle Europee di tre anni fa. È un traguardo quasi impossibile, ma l’ex premier è convinto di poterlo raggiungere. L’obiettivo principale, adesso, è non perdere ulteriore tempo. I renziani assicurano di essere disponibili a discutere in Parlamento sul Mattarellum. Ma se in poche settimane non si raggiungerà un’intesa con le altre forze politiche, meglio tornare alle urne con la legge elettorale lasciata in eredità dalla Consulta.
La sentenza della Consulta non chiarisce definitivamente il destino della legislatura. Ma nella maggioranza del Pd sono in molti a interpretare il verdetto come un avvicinamento al voto anticipato. Magari a giugno. Punta a tornare alle urne in primavera il segretario Matteo Renzi, che in questi giorni sta lanciando, di fatto, la campagna elettorale
Sullo stesso fronte si schierano i Cinque Stelle. I grillini chiedono di tornare subito al voto con la nuova legge elettorale. «Adesso non ci sono più scuse». Prima, spiegano, servirà giusto il tempo di estendere il modello della Consulta anche al Senato, dove oggi è in vigore il Consultellum. Tecnicamente bastano pochi giorni, assicurano. Sondaggi alla mano, i pentastellati avrebbero il maggior interesse alle elezioni. Nonostante la soglia proibitiva per conquistare il premio di maggioranza, in molti sono convinti che il 40 per cento non sia una percentuale irraggiungibile. In ogni caso, le crescenti grane del Campidoglio consigliano di andare al voto il prima possibile, per evitare fastidiose zavorre in campagna elettorale.
Il centrodestra si scopre su posizioni diverse (e forse non da oggi). La Lega e Fratelli d’Italia spingono per il voto in tempi rapidi. La manifestazione sovranista già convocata a Roma per il fine settimana diventa l’occasione per rilanciare la richiesta di elezioni anticipate. Intanto il leader padano Matteo Salvini ha già individuato la data possibile per le Politiche. «La sentenza significa voto subito – spiega – La primavera è alle porte, il 23 aprile penso possa essere una bella giornata di liberazione nazionale». Forza Italia non è dello stesso avviso. Dalla Consulta Silvio Berlusconi ottiene una legge elettorale di tipo proporzionale, non lontana da quanto auspicato. Ma il Cavaliere non sembra avere fretta di tornare al voto. La posizione di Forza Italia è chiara: serve un nuovo passaggio parlamentare per “armonizzare” il nuovo Italicum al Senato. «I due sistemi elettorali, rimasti in piedi dopo le due sentenze della Corte costituzionale sul Porcellum e l’Italicum, sono singolarmente applicabili – spiegano i berlusconiani – Ma non insieme perché rischiano di formare due maggioranze diverse, una alla Camera e una al Senato. Vanno quindi resi omogenei». È la stessa posizione dei centristi di Angelino Alfano e della minoranza Pd.
Dalla Consulta Silvio Berlusconi ottiene una legge elettorale di tipo proporzionale, non lontana da quanto auspicato. Ma il Cavaliere non sembra avere fretta di tornare al voto. La posizione di Forza Italia è chiara: serve un nuovo passaggio parlamentare per “armonizzare” il nuovo Italicum al Senato
Chi punta a prendere tempo guarda con attenzione al Colle. L’ago della bilancia potrebbe essere il presidente Sergio Mattarella. Non sfugge che è stato proprio lui, prima di Natale, a sottolineare l’esigenza di due leggi elettorali «omogenee e non inconciliabili». Il capo dello Stato ovviamente non commenta la sentenza della Corte costituzionale. Ma dal Quirinale sembra trapelare una particolare attenzione per le motivazioni della sentenza della Consulta, attese per metà febbraio. Solo dopo averle lette, infatti, il Parlamento potrà avviare una approfondita riflessione sulla decisione dei giudici. Intanto c’è un aspetto della sentenza che rischia di avere importanti ripercussioni all’interno dei partiti. Il verdetto della Consulta ha lasciato intatto il sistema dei capilista bloccati. È un passaggio decisivo per i delicati equilibri delle forze politiche. Chi comporrà le liste potrà gestire con attenzione le candidature, assicurando ai fedelissimi un posto nel nuovo Parlamento. Nel Partito democratico, così, Renzi potrà garantire i suoi, lasciando alla minoranza il difficile compito di conquistarsi i voti sul territorio. Allo stesso modo gli altri leader, da Berlusconi a Grillo, decideranno di fatto la composizione di buona parte dei prossimi gruppi parlamentari.