Da Di Battista a Renzi, i leader grafomani che vogliono raccontarci a tutti i costi la loro vita

Dal Palazzo alle librerie. A breve uscirà l’autobiografia dell'ex premier, un lungo racconto edito da Feltrinelli dei mille giorni a Palazzo Chigi. Salvini e Di Battista hanno già svelato le loro esistenze, con Rizzoli. E Berlusconi? Per ora non ha ceduto alla tentazione, ma si racconta in My Way

In questi giorni Matteo Renzi si è preso un piccola pausa. Sconfitto al referendum, l’ex premier ha lasciato Palazzo Chigi e si è riappropriato della sua vecchia vita. È tornato a Pontassieve, ha passato alcuni giorni di vacanza in montagna, trascorre più tempo con la famiglia. Qualcuno lo ha fotografato al supermercato, carrello e lista della spesa tra le mani. I cronisti più vicini hanno rivelato che si applica con grande impegno al nuoto e alla bicicletta. Renzi è tornato anche alla scrittura, sua antica passione, e a breve ultimerà una particolare autobiografia. Un lungo racconto dei mille giorni a Palazzo Chigi: dall’ascesa alla presidenza del Consiglio al passo indietro dopo la recente sconfitta referendaria. Il libro uscirà tra febbraio marzo e sarà pubblicato da Feltrinelli. La stessa casa editrice che ha pubblicato quello di Ignazio Marino, sulla sua esperienza da sindaco di Roma, e le opere di Maurizio Landini e Carlo Cottarelli su lavoro e spesa pubblica. L’autobiografia di Renzi promette già di essere un best seller. Tra le pagine sembra che l’ex premier rivelerà anche il momento in cui decise di entrare a Palazzo Chigi. Svelando, finalmente, la genesi di quell’“Enrico stai sereno”, twittato poco prima di prendere il posto di Enrico Letta. Intanto i maligni già sorridono. Il Fatto quotidiano ha rivelato che nei prossimi giorni il segretario dem riceverà un sostanzioso anticipo dal suo editore. Qualche decina di migliaia di euro, a cui seguiranno i frutti delle vendite in libreria.

L’autobiografia è un passaggio fondamentale di ogni carriera politica. Una fase ineludibile. I nostri governanti amano scrivere di sé stessi, non è un mistero. Leader grafomani ansiosi di far conoscere la propria storia a migliaia di lettori ed elettori. E così il libro diventa un’eredità da lasciare ai posteri. Ai tempi dei sociali network la fortuna politica è sempre incerta. Può durare qualche mese, persino anni, ma basta un niente, una parola di troppo, un video imbarazzante, per far girare il vento improvvisamente. Si può essere dimenticati anche in pochi giorni. Una corposa opera letteraria, invece, è per sempre. Un momento di autopromozione obbligato per chi coltiva il sogno di arrivare a Palazzo Chigi (o ci è già stato).

È il caso di Matteo Salvini. Il leader leghista ha firmato un’autobiografia edita da Rizzoli. È andata in libreria lo scorso anno. A scriverla insieme al protagonista, i giornalisti Matteo Pandini (Libero) e Rodolfo Sala (Repubblica). Titolo evangelico: “Secondo Matteo”. Sottotitolo da manifesto elettorale: “Follia e coraggio per cambiare il paese”. Salvini racconta la sua vita di studente milanese, giovane militante leghista, consigliere comunale, parlamentare e infine leader con ambizioni nazionali. Ma è già nel prologo che esprime la voglia di andare oltre l’effimero. «Ho scritto questo libro – spiega Salvini – perché sono curioso e mi piace la gente curiosa. L’ho scritto per provare a lasciarvi qualcosa di me che vada al di là dell’immagine burbera e arrabbiata dei programmi televisivi». Piccola e imprevista conseguenza: qualche mese fa alcuni esponenti dei centri sociali ne hanno strappato alcune copie in una libreria di Bologna, finendo per offrire ancora più visibilità al leader leghista. Di sé, Salvini parla come del «ragazzo con la barba, l’orecchino e le felpe con le scritte colorate», per presentarsi come una persona normale. C’è anche il racconto della prima telefonata ricevuta da Silvio Berlusconi, in quel 2012 in cui fu proprio l’allora segretario della Lega Lombarda a ottenere l’uscita di scena di Roberto Formigoni dalla guida della Lombardia. Salvini era reduce da una puntata di Linea Notte, su Rai 3, in cui aveva parlato male della magistratura. «Durante la telefonata, la prima di sempre, il Cavaliere mi inondò di complimenti, lasciando pochissimo spazio alle repliche». Chiosa di Salvini: «Mi sono sempre domandato chi guarda certi programmi politici a mezzanotte. Ecco una risposta: Berlusconi».

Alla fine di novembre sempre Rizzoli ha pubblicato l’autobiografia di un altro giovane leader italiano. “A testa in su”, ovvero la storia di Alessandro DI Battista. “Investire in felicità per non essere sudditi”. Primo piano, scamiciato, il deputato grillino fissa il lettore da una bella fotografia in copertina. Nelle pagine che seguono il Cinque Stelle racconta i mesi trascorsi in Sud America e la nuova esperienza parlamentare. Insomma, il passaggio da “fricchettone con lo zaino in spalla” a leader politico. Non un semplice portavoce, come pure si autodefiniscono i parlamentari M5S. Ma una delle personalità più ammirate e ricercate dai fan pentastellati. L’opera? «Una miscela di ingenuità, faccia tosta e passione», ha scritto Massimo Franco sul Corriere. Una lettura obbligata per tanti appassionati del genere. «In bilico tra le foreste dell’Amazzonica e gli scranni di Montecitorio, è un manuale di antropologia grillina». Da qualche tempo il quotidiano Il Foglio, ironizzando sul testo, ha inaugurato una rubrica fissa. Si chiama “I Diari di Dibba”. È una raccolta delle frasi più suggestive del libro, come questa: «Un giorno, durante il “Costituzione coast to coast”, mi si avvicinarono due ragazzi. Avranno avuto diciott’anni. “Alessandro, abbiamo fatto il nostro primo accesso agli atti”. Erano eccitatissimi. Io sembravo il fratello maggiore al quale venivano confidati i particolari di un primo rapporto sessuale: “Sono fiero di voi. Ma come è stato? Raccontatemi tutti i dettagli”».

E Berlusconi? Un po’ a sorpresa, il Cavaliere non ha mai scritto un’autobiografia, nonostante l’abbondanza di materiale. Però alla fine ha ceduto alle lusinghe di Alan Friedman, giornalista americano che negli ultimi trent’anni ha raccontato le vicende nostrane prima sul Financial Times, quindi sul Wall Street Journal. Friedman ha seguito Berlusconi per diciotto mesi, fra la primavera del 2014 e l’estate del 2015. Subito dopo è andato in libreria “My Way”, volume edito ancora una volta da Rizzoli con titolo preso a prestito da una canzone di Frank Sinatra, che potrebbe essere l’unica summa della vita del leader di Forza Italia autorizzata dal suo stesso protagonista, desideroso di riabilitarsi agli occhi del mondo dopo la condanna per frode fiscale e la cacciata dal Senato. Dalla serie di interviste, Friedman ha ricavato anche un documentario rilanciato da Netflix poche settimane fa, per il pubblico internazionale. C’è tutto, o quasi, di Berlusconi: i legami familiari, gli anni da imprenditore edile, il boom della tv commerciale. Ma il piatto forte è ovviamente la controversa storia politica dell’ex premier, che ad ad Arcore mostra a Friedman la sala del cosiddetto bunga bunga (per il Cav si è trattato di cene innocenti). Poi Berlusconi indica un quadro della sua collezione: «Questa è una Monna Lisa della scuola di Leonardo. Sono stato accusato di averla spogliata io!». Tra le scene memorabili descritte dal libro, c’è il racconto di uno dei leggendari pranzi di lavoro del lunedì con la figlia Marina, Fedele Confalonieri, i manager del gruppo Fininvest e l’avvocato Niccolò Ghedini. Non proprio il lusso che ci si aspetta. «Marina – annota Friedman – prende un’insalata verde in una grande ciotola. Suo padre fissa torvo un piattino di verdure bollite. Dieta, ancora dieta. Confalonieri divora con gusto la sua pasta, delicati tagliolini alla carbonara».

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