Una risposta in due ore a una richiesta di prestito, positiva o negativa che sia, è una chimera per la maggior parte delle piccole e medie imprese, che possono aspettare settimane se non un paio di mesi prima di avere una risposta da una banca tradizionale. Questa, tuttavia, è la promessa su cui si basa l’attività di una startup del settore del fintech, chiamata iBondis (dal febbraio 2017 il nuovo nome è PrestaCap, ndr) e attiva nei mercati tedesco e italiano. Una seconda promessa, in realtà, è ancora più ardita: l’erogazione dei finanziamenti già tre giorni dopo la richiesta. «Possiamo arrivare a una settimana, se ci sono dei problemi di documentazione, ma riusciamo anche a far partire il finanziamento in 48 ore», dice Christian Nothacker, Ceo della società.
Come si arriva a questi risultati? Con dei processi tipici delle nuove piattoforme di P2p lending, ossia con una automazione molto spinta del processo di selezione. A spiegarlo è lo stesso Nothacker: «Il nostro modello ci permette di definire in modo istantaneo se finanziare o meno un’impresa». Il modello scandaglia in modo automatico la Centrale rischi (per trovare ritardi o mancati rimborsi nella storia del richiedente), le banche dati del Crif, del Cerved e delle Camere di Commercio. Fin qui, in realtà, nulla di troppo diverso da quel che fanno le banche, solo in modo più veloce. La differenza sta nella seconda parte del controllo, quella che va a ricercare le informazioni sui social network, su Google e su altre piattaforme. «Noi in automatico scartiamo le aziende con meno di due anni di vita e quelle con meno di 100mila (*) euro di fatturato. Altri filtri sono più complessi – spiega Nothacker -. Se poi il profilo del cliente è accettabile, inizia la ricerca di informazioni online, che ha un peso molto rilevante». Le modalità cambiano a seconda del settore. Se la richiesta viene da un ristorante, per esempio, il sistema controlla in automatico le recensioni di siti come Tripadvisor. Anche Facebook e gli altri social network vengono esaminati. «Non influenzano ancora il prezzo del finanziamento, ma ci dicono se c’è qualcosa di fortemente negativo nell’azienda o di fortemente contraddittorio rispetto all’immagine che danno di sé». Con i social network non ci sono accordi per usare dati non pubblici, ma solo una collaborazione tecnica per l’accesso ai loro moduli Api.
La differenza rispetto ad altri metodi per l’assegnazione di un rating a chi chiede i finanziamenti sta nel controllo basato sulle informazioni sui social network, su Google e su altre piattaforme, come Tripadvisor
Il sistema automatizzato, riconosce il Ceo di iBondis, tende a premiare le aziende sulla base dei risultati storici e non della bontà dei loro progetti. Ma aggiunge che la decisione finale spetta comunque a delle persone fisiche. In Italia i 25 collaboratori vengono da carriere in banca. L’azienda esiste dalla fine del 2014 ma è da qualche mese che c’è stata un’accelerata. «Nel solo settembre (2016, ndr) abbiamo avuto richieste per 100 milioni di euro di finanziamento da parte di Pmi» spiega Nothacker. Per ora «abbiamo soddisfatto solo una piccola parte delle richieste, ma ci aspettiamo di erogare finanziamenti per 100 milioni di euro nel corso del 2017». Il tasso è in media «del 3,8-4% (Taeg), è la media che offrono anche le altre banche». La differenza sta quindi principalmente nella velocità.
Altre piattaforme di peer-to-peer lending hanno applicato tassi maggiori. Ma la differenza in questo caso è sostanziale: iBondis non si appoggia al prestito tra privati, né, come le banche, trova la liquidità nei depositi dei correntisti. La fonte di finanziamento sono investitori istituzionali. «Al di fuori di soggetti come Lending Club, il mondo del p2p si sta evolvendo sempre più verso modelli che prevedono investimenti diretti da parte di investitori istituzionali». Proprio per questa caratteristica di “toccare i soldi”, la società è vigilata da Banca d’Italia e dalla Consob.
(*) in una versione precedente dell’articolo la cifra indicata era di 700mila euro