Guè e Marracash contro Fedez e J-Ax: scontro fra nani

Hanno fatto dischi che indubitabilmente non resteranno. Le due coppie di rapper, se non alla storia per la musica passano alla cronica per i dissing, fatti anche quelli a imitazione del rap Usa. Ma con diverse sfumature di comicità involontaria

Abboccare ai trabocchetti di chi cerca di alzare la voce solo per farsi notare sarebbe in sé un arrendersi, un darla vinta ai felloni, un riconoscere un talento che si vorrebbe invece retrocedere al grado di difetto. Ma tant’è, anche stavolta ci ritroviamo a parlare di gente senza arte ma con parte, cantanti pop mascherati da rapper che, assumendo pose da star, finiscono per monopolizzare i media, o quantomeno le pagine di spettacolo dei media, non avendo nulla di serio di cui far parlare semplicemente costringendoci a riportare pedissequamente vicende che, se proposte all’interno di una scuola materna, già sembrerebbero eccessivamente infantili.

Questi i fatti, anche troppo noti. Marracash e Guè Pequeno, due rapper della scena milanese provenienti dal medesimo humus musicale, la cosiddetta Dogo Gang, ma non certo dal medesimo humus social, l’uno proveniente dalla periferica Barona, non certo il Bronx ma neanche un quartiere centrale, l’altro figlio di due prestigiosi giornalisti, hanno messo i propri microfoni al servizio di un unico progetto, l’album Santeria. Un album, questo, di cui si poteva serenamente fare a meno, ma che è uscito, tant’è, e ha avuto anche un qualche successo (niente destinato a rimanere negli annali, ma pur sempre un primo posto in classifica). Ora i due baldi giovani, noti per il loro atteggiarsi un po’ da rapper americani, tutti figa, bamba e soldi, si ritrovano a condividere il palco, in tour. Per questo vengono intervistati dal Corriere, per bocca di un collega che in genere si occupa di musica frivola, la sola che sembra capire. Nel corso dell’intervista gli viene chiesto di Fedez e J-Ax, altri due cantanti pop mascherati da rapper che stanno per uscire a loro volta con un album in comune, Comunisti col Rolex. I due non possono che dirne male, sottolineando le differenze tra le due realtà, rimarcando come da una parte ci sia una cultura e dall’altra una posa, sottolineando, questa la tesi di Marracash e Guè Pequeno, come i due siano macchine da guerra fatte per far soldi, ma nulla di artistico, volendo, quindi, forse dare da intendere che loro, invece, qualcosa di artistico ce l’hanno, vai a capire ficcato dove.

Marracash e Guè Pequeno sostengono che Fedez e J-Ax non abbiano nulla di artistico, volendo forse dare da intendere che loro, invece, qualcosa di artistico ce l’hanno, vai a capire ficcato dove

Apriti cielo. Fedez legge l’intervista, o qualcuno gliela legge, e subito si scatena. Usando il solo mezzo che conosce per esternare, i social, l’autore di Vorrei ma non posto, inno contro i social, si scaglia contro Marracash, reo di aver parlato anche per il suo socio, non solo lo bullizza sottolineando il suo essere un rosicone, il suo cercare ripetutamente di parlare di Fedez e J Ax per attirare attenzioni, ma sciorina anche numeri di biglietti venduti, con tre date esaurite al Forum di Assago e una quarta in arrivo, nonché 100mila biglietti venduti in giro per l’Italia, finendo con un aneddoto che non può passare via senza del sangue. Fedez, infatti, dice di aver incontrato Marracash alla sfilata di Moschino, dice di avergli dato del coglione, e dice anche che lui, Marracash, altro non ha saputo fare che abbassare lo sguardo. Come dire, sei uno sbruffone da lontano, ma faccia a faccia sei uno che si caga sotto. Marracash ovviamente non può che rispondere. Dice che è tutta una falsità, che lui ha i testimoni, che in realtà è stato Fedez a non guardarlo mai, e chiude con una frase, va detto, che gli rende merito: sottolineando la bassissima statura di Fedez dice: “Se ho abbassato lo sguardo mentre mi eri di fronte è perché mi arrivi al cazzo”. Non elegante, certo, ma concreto. A questo seguono altre esternazioni dei nostri, a colpi di “pinocchio”, “rosicone”, con spiegazioni didascaliche come quella in cui Marracash ha detto che Fedez è un “nano con la sindrome di Napoleone”, e con Guè Pequeno, quello ricco della coppia, che manda un video dalle spiagge di Santo Domingo in cui fa la parodia di Fedez e chiosa mandandolo letteralmente a cagare. Insomma, un vero e proprio beef, per dirla coi rapper. Uno scontro violento, verbale, che di solito finisce anche nelle canzoni. In America, dove il rap è nato, di beef e dissing (che sono sinonimi) ce ne sono stati di storici. Il più noto, forse, è quello tra 2Pac Shakur e Notorius BIG, detto Biggie. Insulti pesanti, per altro coinvolgendo la West Coast e la East Coast. Insulti pesanti in un’epoca, gli anni Novanta, in cui imperava il gansta rap, roba seria. Infatti dagli insulti si è passati ai fatti, e i due sono stati uccisi, a distanza di mesi, sparati mentre erano in auto.

Quindi ci sta che si cerchi la street credibility, ma che la si cerchi alla sfilata di Moschino, beh, Santo Iddio, questo fa proprio ridere i polli

Chiaramente nessuno auspica che questa sia la strada da percorrere. Tutt’altro. Solo che i beef, in genere, cioè gli scontri verbali in cui si tende a sotterrare, metaforicamente, l’avversario a suon di rime pesanti e insulti, nascono nel rap per dimostrare chi è il più forte, il numero uno. Da cosa nasce cosa e dalla dimostrazione si passa all’insulto vero e proprio. Alla base, in genere, scontri reali, dovuti a scazzi, a faccende di produzioni, di affari. Ma alla base, ancora un passo indietro, la street credibility, cioè quella sorta di reputazione da strada che solo il dimostrare di essere il migliore e il più duro può portare. Ora, che Fedez, J-Ax, Marracash e Guè Pequeno abbiano bisogno di street credibility è fuor di dubbio. Fedez forse meno, perché nessuno lo ha mai preso sul serio come rapper, ma gli altri, chi più chi meno, da quell’ambiente arrivano, anche se J-Ax, per dire, che veniva preso a pernacchie e metaforici pomodori in faccia da giovane, ha trovato una sua credibilità solo da grande, quando il rap si è staccato dalle sue radici, leggi alla voce hip-hop, finendo per essere solo un canone musicale, non più una cultura.

Quindi ci sta che si cerchi la street credibility, ma che la si cerchi alla sfilata di Moschino, beh, Santo Iddio, questo fa proprio ridere i polli. Cosa ha di strada una sfilata di Moschino? Cosa ha di macho, perché di machismo si tratta, diciamolo? Cosa ha di serio, verrebbe da aggiungere, ma non vogliamo uscire dalla nostra comfort zone, la musica. Nei fatti, grazie a questo scontro tra Titani, per un giorno tutti hanno parlato di quattro personaggi altrimenti prescindibili. Fedez e J-Ax a breve saranno fuori con un album che annovera collaborazioni con Stash dei The Kolors, Alessandra Amoroso e Giusy Ferreri, tra gli altri, non esattamente Chuck D e KRS-One. Sono popstar tipo Fragola o Alessio Bernabei, solo un po’ più tatuati e verbosi.

Quanto ai beef, sottolineando come tutti e quattro, nel corso degli ultimi due anni, abbiano dissato anche chi scrive questo articolo, sempre e solo sui social (e dove se no?), vorrei sottolineare come, a mettere in fila tutti i cantanti e i rapper che hanno mandato a cagare me e dando per scontato che con i beef e i dissing si guadagni la street credibility, io potrei serenamente essere equiparato a Cyrus, il capo di tutte le gang di New York che all’inizio del film I Guerrieri della Notte le raccoglie in un parco. Per loro sfiga, e sia messo agli atti, i beef che mi hanno fatto Laura Pausini, Biagio Antonacci e Chiara Galiazzo sono stati molto più incisivi dei loro, ma ognuno ha la credibilità che si merita. Lo scontro più duro, pensa te, ce l’ho avuto con Valerio Scanu. C’è chi pensa che i Dogo siano cani particolarmente pericolosi, io ho rischiato di essere sbranato dai chihuahua…

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