Operazione rinnovamento. Nel Partito democratico è partita la caccia a una nuova classe di leader. Una sorta di casting progressista. Da qualche tempo Matteo Renzi ha annunciato la strategia: dopo la batosta subita al referendum il segretario vuole ripartire da una squadra innovativa. Basta con l’idea dell’uomo solo al comando e con un gruppo di fedelissimi perennemente allineati. «Il mancato rinnovo della classe dirigente è stato un mio limite» ha ammesso domenica scorsa in un’intervista a Repubblica, la prima rilasciata dopo la sconfitta elettorale. Da qui la necessità di facce nuove. La segreteria nazionale che sarà presto annunciata dovrà tener conto della svolta: si cercano amministratori locali giovani e preparati.
Operazione rinnovamento. Nel Partito democratico è partita la caccia a una nuova classe di leader. Da qualche tempo Matteo Renzi ha annunciato la strategia: dopo la batosta subita al referendum il segretario vuole ripartire da una squadra innovativa. Basta con l’idea dell’uomo solo al comando e con un gruppo di fedelissimi perennemente allineati. Bluff o rivoluzione?
Una rivoluzione vera o presunta? Anche all’interno del Pd non tutti sono convinti della nuova strategia. L’annunciato rinnovamento potrebbe avere soprattutto un significato mediatico, la risposta di un leader sconfitto in cerca di popolarità. Senza considerare le inevitabili resistenze delle vecchie correnti, poco disposte a farsi da parte. E poi, dove pescare i nuovi dirigenti? Nei retroscena di Palazzo la lista dei nomi individuati da Renzi si infittisce giorno dopo giorno. Tutti, o quasi, sono giovani amministratori locali. Preferibilmente di casa sulla via Emilia. In queste ore spicca il quarantenne Andrea Rossi, sottosegretario alla presidenza della Regione Emilia Romagna. Già sindaco di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, il dirigente sembra in pole position per entrare nella segreteria nazionale come responsabile organizzazione. Nell’ultima settimana è salito sulla ribalta mediatica Paolo Calvano, giovane segretario regionale emiliano. E almeno tre i sindaci del Partito democratico che, secondo le indiscrezioni giornalistiche, sarebbero stati individuati dall’ex premier per un ruolo di responsabilità nel partito. Giuseppe Falcomatà, primo cittadino di Reggio Calabria, il collega mantovano Mattia Palazzi e Ciro Bonajuto, primo cittadino di Ercolano. Senza dimenticare il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, renziano di lungo corso e già responsabile Enti locali del Pd. Presto si vedrà chi davvero farà parte della nuova segreteria, affiancando coloro che invece saranno confermati al loro posto. Nel frattempo – sempre con l’obiettivo di riconquistare l’elettorato perduto – Renzi ha annunciato una campagna di ascolto sul territorio. Un lungo viaggio in pullman per l’Italia, in compagnia di dirigenti e responsabili locali, per provare a riconnettersi con il Paese reale e riportare il partito tra la gente.
Anche all’interno del Pd non tutti sono convinti della nuova strategia. L’annunciato rinnovamento potrebbe avere soprattutto un significato mediatico, la risposta di un leader sconfitto in cerca di popolarità. Senza considerare le inevitabili resistenze delle vecchie correnti, poco disposte a farsi da parte
Nel centrosinistra si cercano volti nuovi. E anche la minoranza dem punta sul rinnovamento. Nessuna sorpresa per la segreteria: il candidato dei bersaniani resta l’ex capogruppo Roberto Speranza. Nell’ottica di separare la figura del premier da quella di segretario, però, si cerca un’altra figura. L’aspirante leader del centrosinistra alla guida del Paese. «Non escludiamo a priori di pescare da campi che non sono del tutto sovrapponibili alla politica» ha spiegato pochi giorni fa Pierluigi Bersani. «Qualcuno può escludere che in giro ci sia un giovane Prodi?». Per cercarlo si potrebbe guardare alla società civile, forse. Una personalità non direttamente riconducibile ai dem avrebbe il vantaggio di allargare il consenso, ampliando il campo del centrosinistra. Da questo punto di vista sarà fondamentale capire quale sarà la nuova legge elettorale (e la possibilità di dare vita a coalizioni). Intanto sui giornali già si rincorrono le ipotesi. Per qualcuno il candidato premier che sfiderà Renzi alle primarie potrebbe essere la giornalista Bianca Berlinguer. Altri indicano il nome di Filippo Andreatta, figlio di Beniamino. E poi c’è Enrico Letta, già premier, sostituito a Palazzo Chigi proprio da Renzi. «Sarebbe il candidato naturale – racconta un importante esponente della minoranza dem – Ma per ora ha scelto l’esilio, e non sembra dare segnali di voler tornare». In attesa di individuare il nome giusto, la ricerca prosegue.