Frodi aziendali, in Italia è più facile che in Cina

È una questione di controlli, soprattutto: secondo il Fraud & Risk report di Kroll nel Belpaese i manager si interessano solo di ammanchi di magazzino. Vintiadis (Kroll Italia): «Il phishing? Molti non sanno nemmeno cos'è»

«Abbiamo un cliente cinese che non vuole più investire in Italia. Dice che qua c’è troppa corruzione e il rischio di frodi è molto alto». Marianna Vintiadis, country manager di Kroll Italia, azienda leader mondiale per l’investigazione aziendale descrive lapidaria lo stato del nostro Paese – meglio: delle sue aziende – nel prevenire e combattere truffe, imbrogli e furti di dati. Difficile darle torto. E del resto è lo stesso Global Fraud & Risk Report di Kroll a certificare questa sua percezione. E soprattutto i motivi per cui ciò accade.

I dati parlano chiaro e basta mettere a confronto proprio quelli di Italia e Cina per capire cosa non va. La report card sulla Cina – figlia di interviste a manager locali e stranieri che operano nel Paese di Mezzo – racconta di una realtà in cui il rischio frode è molto alto (86%, quattro punti sopra la media mondo), ma in cui nel contempo è alta l’attività di prevenzione e autodifesa dalle medesime. Ad esempio, sono molto elevate le frodi figlie di infrazioni nella compliance interna (41%) mentre in Italia dominano ancora gli ammanchi di magazzino (34%).

«Da noi in Italia le classi dirigenti si ostinano a perseguire il ladro di polli e non ci rendiamo conto che ormai il mondo delle frodi è altrove»


Marianna Vintiadis, Kroll Italia

«Da noi in Italia le classi dirigenti si ostinano a perseguire il ladro di polli e non ci rendiamo conto che ormai il mondo delle frodi è altrove» rincara la dose Vintiadis e ancora una volta i dati si incaricano di darle ragione. Mentre il phishing via email in Cina è una vera e propria emergenza (41%), al pari di malware e virus che infestano reti e computer (39%), in Italia questi problemi sembrano non avere cittadinanza, tanto che il problema delle frodi informatiche è percepito in misura significativamente minore rispetto al dato globale.

«Questo non vuol dire che in Italia non esista il problema – continua Vintiadis -. Al contrario, vuol dire che non sappiamo nemmeno cosa siano, né come si usino, o altri possano usare, i nostri dati. Nel mondo non sono poche le aziende che regolarmente mandano finte mail di phishing ai loro dipendenti per vedere come si comportano, se le cancellano, se le aprono, se ci cascano. In Italia sappiamo a malapena cosa sia. E troppo spesso non sappiamo come gestirlo».

Il prezzo che l’Italia rischia di pagare, in altre parole, è quello dell’incosapevolezza. O della malcelata certezza di essere al riparo o quasi da frodi, attacchi informatici, furti di dati. Formazione, audit affidati a esterni, compliance più rigide, firewall e adeguati sistemi di protezione dei dati la cura necessaria. E magari un occhio in meno al magazzino, che ormai il valore – e il rischio – è altrove.

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