Parlando di un futuro con meno malattie, non si può oggi non discutere di possibile modifica dei geni associati ad alcune di esse. In particolare, della fecondazione in vitro preceduta da screening genetico preimpianto e possibilmente associata al cosiddetto gene editing dell’embrione, di quella tecnica, cioè, di taglia e cuci del DNA (denominata Crispr/Cas9, vedi il Box n.1), che da pochi anni ha rivoluzionato il modo in cui si può modificare l’informazione genetica, rendendolo più efficace, più veloce e più preciso.
Pochi giorni fa, alcuni ricercatori cinesi hanno utilizzato questa tecnica di gene editing, scoperta soltanto da tre anni, per eliminare un gene da cellule del sistema immunitario, prelevate da un malato di tumore, iniettando poi di nuovo le medesime cellule nel sangue del paziente. Già oggi, quindi, un uomo vive con alcune cellule i cui geni sono stati modificati attraverso questa nuova tecnica di gene editing.
Il genoma dell’uomo si è evoluto in centinaia di migliaia di anni, selezionando quei geni che offrivano un maggior vantaggio per la sopravvivenza della specie umana nei diversi ambienti in cui l’uomo si è insediato sulla terra. Oggi, i più entusiasti delle possibilità offerte dall’editing genomico sostengono che, attraverso la modifica dei geni dell’embrione, si potranno selezionare in pochi anni le varianti geniche utili a fornire protezione da numerose malattie, consentendo così di migliorare – e forse allungare – la vita della nostra specie. I più critici delle tecniche di editing genomico, invece, sospettano che tale tecnica possa rappresentare l’arma finale per la realizzazione dei famigerati programmi di eugenetica auspicati e mai veramente posti in essere da molti regimi dittatoriali. Paesi quali Stati Uniti e Cina stanno già procedendo con progetti di grande portata (e dal nome autoesplicativo: “1 milione di genomi”) per lo studio dei genomi delle loro popolazioni, al fine di identificare i geni associati a molte malattie, con l’obiettivo di modifcarli, possibilmente nel contesto della fertilizzazione in vitro, in modo da far nascere bambini con minor rischio di sviluppare malattie come il cancro. In Italia, invece, si discute ancora troppo poco delle implicazioni dell’editing genomico e si fnanziano poco o per nulla progetti di questo tipo.
Nell’ambito di questi grandi progetti di genomica di popolazione, esistono piccoli sottoprogetti la cui finalità suscita perplessità di tipo etico. E anche politico, in fine.
In Cina, ad esempio, presso il BGI (Bei- jing Genomics Institute), nel contesto del progetto “1 milione di genomi”, è in fase avanzata un sottoprogetto che si ripromette di studiare il genoma di qualche migliaio di cinesi con quoziente intellettivo molto elevato, al fine di elaborare una mappa dei geni che influiscono sull’intelligenza.
Anche negli Stati Uniti d’America, dove pure esistono capisaldi etici e culturali sensibilmente diversi, è stato attivato un sottoprogetto (chiamato Sharp, Strengthening Adaptive Reasoning and Probelm-Solving), nanziato da ODNI (Of ce of the Director of National In- telligence) e supportato dai militari, che studia i geni di quelle persone che presentano indici più elevati di reattività all’imprevisto e di velocità di analisi: a quale fine? Che ci piaccia o no, gli studi sui geni che rendono più “competitivi” stanno già procedendo nel mondo e non verranno certamente fermati da un qualche comitato etico locale o da un decreto ministeriale. Oggi è più che mai necessario comprendere come rapportarsi con questa realtà e la storia dei progressi scientifci può darci molti buoni spunti a riguardo.
Ad esempio, dopo l’invenzione del vaccino del vaiolo nel 1796 da parte del medico britannico Edward Jenner, gran parte della chiesa cattolica si schierò contro tale innovazione, sostenendo che essa rappresentava un’innaturale manipolazione, richiedendo l’inoculazione nell’uomo di elementi di provenienza animale; furono anche distribuite stampe raffiguranti uomini con teste di mucca, al fine di dissuadere la popolazione dalla pratica del vaccino; soltanto dopo diversi decenni, il vaccino che proteggeva dal vaiolo fu infine accettato da tutti. In tempi più recenti, in merito al trapianto di organi vitali e alla determinazione dei criteri per definire il momento di fine vita, il pensiero cattolico ha discusso lungamente sul concetto di morte cerebrale, distinguendo tra la morte che comporta la perdita di tutte le funzioni vitali e la morte soltanto cerebrale, riguardata con sospetto dai cattolici più intransigenti. È stato soltanto nel 2000, grazie all’intervento di Papa Giovanni Paolo II, in occasione del 18° Congresso Internazionale della Società dei Trapianti, che la tecnica dei trapianti è stata definitivamente e inequivocabilmente accettata dal mondo cattolico.
È quindi probabile che qualcosa di analogo accada anche per la fecondazione in vitro associata alla possibilità di modificare i geni correlati a certe malattie. Oggi come oggi, utilizzare la tecnica Crispr/Cas9 è realmente semplice. All’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare adoperiamo tale tecnica per comprendere meglio le funzioni delle cellule del sistema immunitario: grazie ad essa, abbiamo aumentato l’efficacia dei nostri interventi e siamo in grado di ottenere cellule modificate in 5-10 geni insieme nell’arco di pochi mesi, risultato addirittura impensabile soltanto 3-4 anni fa. Tuttavia, come ricordavamo in precedenza, mentre molti sono d’accordo su progetti di gene editing finalizzati a eliminare o modificare geni che associno a malattie, l’utilizzo della medesima tecnica per l’individuazione dei geni che generano un vantaggio competitivo sull’attenzione, sull’intelligenza o sulla reattività suscita ancora perplessità.
Che ci piaccia o no la pratica di gene editing è già molto diffusa a livello globale. Si potranno selezionare le varianti geniche utili a fornire protezione da numerose malattie, e in pochi decenni ai futuri genitori sarà consigliata questa pratica da “lista dei desderi” per la facilità di relaizzazione. Si discute molto sulle implicazoni scientifiche ed etiche
In pochi decenni il gene editing arriverà ad essere di cosi facile attuazione che la fecondazione in vitro associata alla modifica di alcuni geni dei genitori sarà consigliata e offerta a molte coppie. Il processo è concettualmente molto semplice e diretto: ho i geni del diabete? Li elimino! Ho una predisposizione geneti-ca all’artrite reumatoide? La elimino! Ho i 100 geni più importanti che associano a malattie rilevanti di tipo cronico o acuto? Potrò eliminarle!
A un certo punto, però, in questa lista dei desideri potrebbero entrare obiettivi diversi, del tipo: un’altezza di 1 metro e 90; una massa muscolare con fibre particolarmente adatte a sostenere lo sforzo; un quoziente intellettivo superiore a 130, ecc. Forse molti tra di noi pensano che ciò, in qualche modo, non sia etico e che in un paese come l’Italia non verrà mai consentita una tale applicazione del gene editing. Tanti altri nel mondo però lo faranno – si stanno già muovendo in tal senso, in effetti – e non sarà semplice trovare il modo di far convivere in un medesimo mondo Paesi che decidono di avvalersi di tale opportunità e Paesi che rinunciano a farlo.
A conclusione e a rafforzamento di queste mie note, vi segnalo uno dei titoli di Quartz di quest’anno: «Nel 2040 la selezione dei geni nell’embrione associato alla fecondazione in vitro rimpiazzerà il sesso quale modo con cui la maggioranza degli umani si riproducono».
Sarebbe importante discutere di questi temi in modo laico in un Paese antiscientifico come l’Italia, anche perché questi temi non sono da gestire con un comitato o da studiare in una commissione: essi vanno invece governati con chiare scelte politiche, che non possono ignorare che siamo parte di un mondo globale dove, che ci piaccia o no, molte di queste cose stanno già avvenendo.