L’Europa promuove il reddito di base, l’Italia (come al solito) dorme

Una recente risoluzione dell’Unione Europea si schiera a favore dell'adozione di misure universali di sostegno al reddito, che mancano solo in Italia e Grecia. Il Governo fa orecchie da mercante, ma così facendo favorisce solo chi vuole la disgregazione dell’Ue

“Sior sì, balemo, devertìmose, zà che semo novizzi”. Vengono in mente queste parole delle Baruffe Chioggiotte del Goldoni nell’osservare – attoniti – le circonvoluzioni della politica nazionale. Raramente come in questi ultimi mesi si è assistito ad una distanza siderale fra le esigenze del paese e la quotidianità politica. Tuttavia, spunti di riflessioni per affrontare temi veri e concreti ve ne sarebbero stati molti negli ultimi tempi.

Il tema centrale del dibattito politico per le forze europeiste dovrebbe essere il fondato rischio della dissoluzione dell’Unione davanti agli eventi di questi ultimi mesi. Primo fra tutti il voto del Parlamento Inglese sull’avvio della procedura della Brexit. Evento passato invece pressoché ignorato non solo dai media, ma anche nel confronto politico.

Ci saremmo aspettati una qualche ragionata presa di posizione – specie dai partiti al governo – sui motivi per cui l’Europa deve essere difesa strenuamente. E non vuote frasi di circostanza ripetute senza convinzioni dai soliti leader. Eppure qualcosa si muove. Non in Italia, ma si muove

Il Parlamento Europeo – il 19 gennaio di quest’anno – ha pubblicato una Risoluzione di fondamentale importanza sul tema del futuro “pilastro Europeo dei diritti sociali”. Nel lungo e complesso documento l’organo rappresentativo dell’Unione ha preso una decisa posizione sugli effetti iniqui e disgreganti e non coerenti con gli obiettivi dei Trattati delle politiche di austerity imposte dall’attuale Governance europea. Il parlamento assume una posizione davvero radicale, affermando come la UE debba “reagire in modo rapido e visibile alla crescenti frustrazioni e preoccupazioni di molte persone riguardo alle prospettive di vita incerte, alla disoccupazione, alle disuguaglianze crescenti ed alle mancanza di opportunità, in particolare per i giovani” al fine di mettere in pratica le disposizioni contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, meglio nota come Carta di Nizza.

Una risoluzione non ha valore vincolante, ma è vero che dal punto di vista politico ha un’importanza straordinaria, perché invita formalmente la Commissione a seguire precise linee guida nella futura approvazione – prevista per la primavera – del pilastro sociale europeo. Già oggetto dell’Ultimo discorso sullo Stato dell’Unione del presidente della commissione, Juncker.

Vari sono i passaggi che meritano di essere sottolineati.

Il primo riguarda il tema dei diritti fondamentali del diritto del lavoro. Si afferma con forza che per tutte le forme di occupazione “precarie” o “atipiche”, che si vanno diffondendo in tutta l’Unione, deve essere garantito un nucleo minimo di “diritti azionabili”, indipendentemente dalla natura del rapporto. L’importanza di affermazioni di questo tipo diviene di fondamentale pratica applicazione ove si guardi al sistema italiano dove – proprio nelle ultime ore – si è venuto a sapere che i contratti di collaborazione non daranno più diritto ad un trattamento di disoccupazione, diversamente dai contratti di lavoro subordinato ordinario. Questo fa capire quanto giuste fossero le prese di posizioni di molti circa l’inadeguatezza del Jobs Act nell’affrontare una compiuta disciplina del lavoro.

Il Parlamento affronta poi un altro tema di enorme rilevanza sociale, quello del lavoro all’interno della platform economy (fenomeni tipo Uber e Foodora tanto per capirsi) e solleva il quesito se tali modalità di lavoro siano o meno riconducibili alla fattispecie del lavoro subordinato. Invitando peraltro all’adozione di salari minimi nazionali determinati per legge, previa consultazione sindacale. Anche in questo caso è facile osservare come i recenti interventi del governo italiano non abbiano neanche lontanamente preso una posizione sul tema. Anzi, è apparso ai più che si sia voluto soffocare ogni discussione con battute ad effetto.

Solo Italia e Grecia non hanno un sistema minimo di tutela garantito dal reddito universale. È giunto il momento di dirsi che il tema del reddito di cittadinanza non può essere respinto affermando la sua insostenibilità finanziaria e relegandolo al mondo dei sogni del Movimento 5 Stelle

Infine, un ruolo centrale nella risoluzione viene riservato al tema – caldissimo oramai – del Reddito di Base o Reddito di Cittadinanza (o RDB) che viene definito come “strumento di lotta alla povertà e l’esclusione sociale e più in generale come strumento di piena e libera partecipazione dell’individuo alla realtà sociale e produttiva cui si appartiene”. Il Parlamento prende una posizione chiara a favore del RDB ed invita formalmente la Commissione e gli Stati membri a valutare regimi di redditi minimo garantito nell’Unione europea invitandoli ad adottare sistemi che siano in grado garantire tale strumento di sostegno che – citando il Tribunale Costituzionale Tedesco – consentano a tutti una opportunità di scelta e di partecipazione attiva alla realtà sociale, culturale e democratica nella quale vivono.

Sul punto vale la pena ricordare che solo Italia e Grecia non hanno un sistema minimo di tutela garantito dal reddito universale. L’Italia rimane uno stato carogna (“rogue state”) come la UE non ha mancato di ricordare più volte. È giunto il momento di dirsi che il tema del reddito di cittadinanza non può essere respinto – come è solito fare il Partito Democratico – affermando sic et simpliciter la sua insostenibilità finanziaria e relegandolo al mondo dei sogni del Movimento 5 Stelle.

Tirando le fila: il Parlamento Europeo offre una occasione storica alla politica nazionale di tornare a discutere (e risolvere) di temi di fondamentale importanza che non possono essere ancora ignorati. Il Governo uscente ha disatteso ogni aspettativa a riguardo. I partiti più responsabili dovranno invece farsi carico di questi temi. Ed in fretta. Pena lasciare il campo alle forze che puntano sulla disgregazione dell’Unione.

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