Dopo anni di annunci, i Piani Individuali di Risparmio (Pir), introdotti nell’ultima legge di Stabilità, sono diventati realtà con il nuovo anno. La novità è tutt‘altro che trascurabile e i primi prodotti offerti dagli operatori hanno attirato enorme interesse da parte degli investitori italiani. Il motivo? Le caratteristiche fiscali di questo prodotto, che prevede la detassazione delle plusvalenze qualora si mantenga l’investimento per più di 5 anni, appaiono a molti come un incentivo estremamente appetibile. In tanti si domandano se i Pir possano rappresentare la scelta giusta per i propri investimenti a medio-lungo termine. Prima di prendere una decisione così importante per il proprio futuro finanziario è però necessario riflettere sui rischi potenziali di questo strumento. Sono sei: non offrono diversificazione geografica; c’è il rischio specifico generato dalla presenza nel portafoglio di strumenti emessi da imprese italiane a piccola e media capitalizzazione; l’investimento è vincolato a una durata di almeno cinque anni; sono composti soprattutto da azioni e obbligazioni; sono dedicati soprattutto a investitori esperti. Infine, la varietà di forme giuridiche con cui i Pir possono essere offerti apre la possibilità a strutture di costo poco trasparenti.
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Il rischio geografico si unisce al rischio specifico di mettersi in portafoglio strumenti emessi da piccole e medie imprese italiane. Vincolarsi a questi prodotti per lungo tempo vuol dire condannare il proprio investimento a livelli di rischio eccessivi