TaccolaAltro che app, queste startup salvano vite

La decima edizione di BioInItaly ha selezionato sette aziende del settore biotech da presentare agli investitori. Si va dalla lotta alla malaria alla diagnosi precoce dei tumori e delle varie patologie del cervello. Ma c’è spazio anche per la scommessa sul cibo del futuro: la spirulina

NOAH SEELAM / AFP

Tutto inizia con una foto di una zanzara Anopheles e con un po’ di dati. Le malattie più comuni trasmesse dalle zanzare costano 20 miliardi di dollari all’anno. La sola malaria ha un costo di 12 miliardi, di cui il 40% in prevenzione e il 20% in cure. A elencare questi numeri è Aurelio Serrao, che sta presentando la sua startup Atlas, spin-off dell’Università di Camerino. Con il biocida che la società ha testato in laboratorio, spiega, la trasmissione della malattia si ridurrebbe del 43% nelle zone che hanno visto la crescita della resistenza delle zanzare ai biopesticidi tradizionali. Le persone infettate annualmente si ridurrebbero di 860mila e si risparmierebbero 5 miliardi di dollari all’anno. Sono numeri che dovranno convincere gli investitori in sala. Si cominciano ad alzare le mani, vengono chiesti lumi sui tempi di ritorno dell’investimento, sullo stato dell’iter del brevetto, sui reali vantaggi sui concorrenti, sulle aziende che potrebbero comprare la società in caso di exit. Il tutto avviene in un inglese più che dignitoso, per la startup in questione come per le altre sei che una dopo l’altra si alternano nei loro pitch in stile californiano. Sono i finalisti della decima edizione di “BioInItaly Investment Forum & Intesa Sanpaolo Startup Initiative”, nella sede della banca di piazza Belgioioso a Milano. Dalla terza edizione Intesa ha affiancato Assobiotec (associazione di categoria che fa parte di Federchimica) nell’organizzazione di questi eventi. Ha costretto i ricercatori a preparare delle presentazioni che vadano al sodo su soldi che servono e ritorni attesi, oltre che sul posizionamento dei concorrenti e sulla governance delle aziende. Così facendo i risultati ottenuti sono stati buoni. Nelle nove edizioni precedenti sono stati raccolti 23 milioni di euro, per circa 130 progetti. Nulla di minimamente paragonabile con gli altri mercati del venture capital europeo (per tacere della Silicon Valley), ma questa è una patologia nota in Italia. Il peso relativo, però, non è trascurabile. Le startup di BioInItaly, dice il project manager dell’iniziativa, Mario Bonaccorso, raccolgono un quarto dei finanziamenti delle varie manifestazioni settoriali della Startup Initiative di Intesa Sanpaolo, pur essendo numericamente molto meno di un quarto.

Nelle nove edizioni precedenti sono stati raccolti 23 milioni di euro, per circa 130 progetti. Le startup di BioInItaly raccolgono un quarto dei finanziamenti delle varie manifestazioni settoriali della Startup Initiative di Intesa Sanpaolo

Guardando le presentazioni non si fa fatica a capire il perché. Alla fine della giornata a risultare premiata come migliore presentazione (con il premio di Assobiotec “Gabriele Corbelli Award”, dedicato a un giovane ricercatore scomparso) è BrainDTech. Si tratta di una startup milanese che ha sviluppato un sistema di diagnosi precoce relativo a molte malattie che interessano il cervello, a partire da quelle neurodegenerative e dai tumori. Prima che si manifesti una neurodegenarazione, per un lasso di tempo molto lungo, anche di una decina d’anni, si sviluppa un’infiammazione. Finora era difficilissimo individuarla, con il nuovo sistema, basato sui marcatori di miRNA, dovrebbe diventare più semplice. I finanziatori, che hanno votato la presentazione, sono sembrati convinti.

Un altro premio – il “Novartis Oncology Award” – è andato al progetto enGenome, nato nel 2016 come spin-off dell’Università di Pavia. Anche in questo caso si parla di diagnosi precoce dei tumori. L’arma è però diversa: una tecnologia software che integra bioinformatica, intelligenza artificiale e “high performance cloud computing”. La promessa è di una soluzione che riesce a individuare con estrema accuratezza (99,9%), tempi brevi e costi bassi le mutazioni alla base dei tumori, anche dei più rari.

Le altre storie raccontano di un metodo non invasivo per la diagnosi della sclerosi multipla (Prindex, di Napoli), di un meccanismo di regolamentazione del calcio per alleviare i sintomi di malattie rare (ChemlCare di Novara), di un farmaco per ridurre l’incidenza di fratture da osteoporosi (Novaicos, anch’essa di Novara). Ma oltre alle malattie c’è anche la ricerca in campo agricolo. La startup Algaria, di Milano, vuole portare in Italia la produzione su larga scala di spirulina. Si tratta di un’alga che ha tre volte più proteine della carne, 20 volte più carotene delle carote, dieci volte il ferro degli spinaci, che consuma poca terra, acqua e anidride carbonica per la coltivazione. Il problema, a parte la presenza di cianobatteri nocivi e di metalli pesanti – riscontrata in campioni provenienti soprattutto dalla Cina – è il gusto. Il fondatore di Algaria, il biologo Antonio Idà, ha portato dei campioni di alghe per convincere i finanziatori che su quell’aspetto sono stati fatti miglioramenti. Il modello di business prevede una proposta “chiavi in mano” agli agricoltori, in particolare a chi realizza biogas. Con un approccio tipico da economia circolare, l’idea è quella di usare i prodotti di scarto del biogas per favorire la coltivazione della spirulina. Nell’advisory board è presente anche l’università dell’Almeria, in Spagna, mentre la società è seguita negli acceleratori “make a cube” e Parco Tecnologico Padano di Lodi.

«Una generazione di startup sempre più competitive (come dimostrano gli investimenti e le exit degli ultimi anni) si combina a una crescente disponibilità di capitali, grazie alla nascita recente di investitori specializzati: uno fra tutti l’acceleratore BiovelocITA fondato da Silvano Spinelli»


Maurizio Montagnese, Intesa Sanpaolo

Per il biotech italiano, spiega Bonaccorso, questa l’iniziativa di presentazione agli investitori più importante dell’anno, ed è organizzata senza scopo di lucro. Gli investitori che presenziano sono in maggioranza italiani ma ci sono anche alcuni stranieri. Da qualche anno sono arrivate anche le grandi imprese, quelle che decidono se precedere con le exit. Una delle più note è stata quella di Okairos, una startup comprata da Gsk e responsabile della creazione di un vaccino per l’Ebola. Le sette aziende di biotech presentate il 29 marzo sono state selezionate tra oltre 100, in più round (nella giornata del 30 marzo ne sono state portate altre otto nel settore del biomedicale e healthcare). Non tutte si occupano di farmaceutica, ma ci sono applicazioni anche nella bioplastica e nei biocombustibili. Il quadro è in miglioramento, ma si scontra con un grosso limite: il fatto che raramente gli investimenti si traducono in posti di lavoro in Italia, perché le exit coincidono quasi sempre con l’uscita verso l’estero. Il fenomeno, aggiunge Bonaccorso, è più grave nel farmaceutico, mentre nella chimica c’è ancora un tessuto industriale vivace capace di tenere gli investimenti dentro i confini. Per superare i limiti attuali una soluzione indicata è quella di sviluppare degli impianti pilota dove testare le invenzioni brevettate. Si dovrebbe seguire, secondo Bonaccorso, l’esempio della Germania, dove l’organizzazione pubblico-privata Fraunhofer-Gesellschaft raccoglie 60 istituti di ricerca applicata. «Speriamo si possa partire anche in Italia, magari cominciando dalla Lombardia», conclude.

Tuttavia ci sono anche delle novità che fanno ben sperare anche sul fronte degli investitori e degli acceleratori di startup nel settore. Secondo Maurizio Montagnese, Chief Innovation Officer del Gruppo Intesa Sanpaolo, «una generazione di startup sempre più competitive (come dimostrano gli investimenti e le exit degli ultimi anni) si combina a una crescente disponibilità di capitali, grazie alla nascita recente di investitori specializzati: uno fra tutti l’acceleratore BiovelocITA fondato da Silvano Spinelli dopo la vendita di Ethical Oncology Science e sostenuto anche dai fondi di venture capital del gruppo. È per queste ragioni che Intesa Sanpaolo collabora fin dal 2010 al percorso di BioInItaly, accelerando le migliori startup in ambito scienze della vita e accompagnandole nel reperimento dei capitali e nell’accesso al mercato».

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