Vi siete mai chiesti che relazione esista tra la performance di un fondo comune e i guadagni del gestore di questo fondo?
Il recente studio “Are Mutual Fund Managers Paid for Investment Skill?” ha analizzando le retribuzioni di circa 500 gestori in Svezia, riscontrando che sono le masse gestite e non le perfomance del fondo a spiegare le maggiori differenze di retribuzione tra i gestori svedesi. Per la precisione: un aumento rilevante delle dimensioni del fondo può far incrementare del 25% i compensi dei gestori, ma un aumento delle performance lo fa soltanto per il 2,5%.
La performance ovviamente non è influente perché chi riesce a ottenere un risultato migliore ha anche una retribuzione più alta, ma non è la principale fonte di guadagno. Sembrerebbe dunque che gli interessi della società di gestione e quelli dei gestori si muovono all’unisono con l’obiettivo di incrementare il patrimonio gestito, perché anche le performance di un fondo in un determinato anno non influenzano in modo troppo rilevante la dimensione del fondo. Non coincide con questi però l’interesse dell’investitore, che è concentrato sul rendimento del suo investimento.
Certo è che se la performance fosse in grado di influenzare positivamente le dimensioni del fondo, sarebbero tutti contenti.
James Saft, editorialista di Reuters e del New York Times, ha un’interessante punto di vitsa per quanto riguarda la stretta relazione tra la performance e il fenomeno dei fondi falsi attivi (o closet indexing), cioè quei fondi che assumono delle posizioni simili o analoghe rispetto a quelle del benchmark, pur affermando di gestire il fondo in modo attivo.