Storie di fuga e di riscatto. Storie di donne immigrate in Italia, che dopo aver lottato sono riuscite ad affermarsi nel nostro Paese. Come Agitu Ideo Guideta, che dagli altopiani dell’Etiopia si è trasferita in Trentino, dove ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oppure Habiba Ouattara, rifugiata della Costa d’Avorio che ha aperto a Roma un catering multietnico. Princess Okokon è arrivata dalla Nigeria, vittima della tratta di esseri umani. Oggi lavora come mediatrice culturale ad Asti e aiuta la sue connazionali a liberarsi dalla schiavitù. Storie incredibili e un modo diverso per celebrare l’otto marzo. Tante esperienze di vita per ricordare, nella giornata dedicata alle donne, il tema dell’immigrazione, troppo spesso declinato solo al maschile. Ma anche il nuovo volto della società italiana. A promuovere l’incontro è la radicale Emma Bonino, già ministro degli Esteri. Un evento organizzato presso la sede della Stampa estera di Roma per conoscere da vicino le storia di tante donne venute da lontano «e dare voce a quella parte del Paese che tanta voce non ha, come le 800mila badanti che abbiamo nelle nostre case». Oppure le centinaia di migliaia di clandestine, «che lavorano in nero e vengono sfruttate» continua Emma Bonino.
Storie di fuga e di riscatto. Storie di donne immigrate in Italia, che dopo aver lottato sono riuscite ad affermarsi nel nostro Paese. Come Agitu Ideo Guideta, che dagli altopiani dell’Etiopia si è trasferita in Trentino, dove ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oppure Habiba Ouattara, rifugiata della Costa d’Avorio che ha aperto a Roma un catering multietnico
Agitu Ideo Gudeta è una rifugiata etiope. Nella sua terra ha combattuto lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, gli affari delle multinazionali che retribuiscono i contadini 85 centesimi al giorno. Divenuta un’attivista dei diritti dei lavoratori, è stata costretta a fuggire nel nostro Paese. In Trentino ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oggi ha ottanta capre, recupera terreni abbandonati in Val di Gresta, produce latte e formaggi. «I miei antenati in Etiopia erano pastori nomadi – racconta con un sorriso – Evidentemente la pastorizia è nel mio Dna».
Il cibo è un comune elemento di riscatto e integrazione. È stato così anche per Habiba Ouattara, rifugiata della Costa d’Avorio, accolta dal centro Astalli, che a Roma ha fondato una piccola impresa di catering. Come tante donne immigrate, è arrivata in Italia in fuga. «Perché quando ci sono conflitti non si può chiedere il visto all’ambasciata». Ricorda ancora i 600 km a piedi per lasciare il suo Paese. Il cammino insieme a tante persone che non ce l’hanno fatta. Arrivata in Italia ha imparato la nostra lingua e ha iniziato a lavorare come mediatrice. In Costa d’Avorio si era laureata in infermeria, qui ha preso un master all’università di Roma Tre. Un giorno l’idea imprenditoriale. La creazione di un servizio di catering multietnico «per condividere cibo e amicizia». I clienti? Soprattutto italiani. «Sono curiosi di assaggiare cibi stranieri e scoprire nuove culture». Princess Okokon è una mediatrice culturale del Piam – Progetto Integrazione Accoglienza Migranti – di Asti. È arrivata in Italia alla fine degli anni Novanta dalla Nigeria. Vittima della tratta, a Torino è stata venduta a una connazionale e costretta con la violenza a prostituirsi. Grazie alla Caritas, qualche tempo dopo è riuscita a ritrovare la libertà. «Non volevo scappare, ma restare qui per aiutare altre donne», racconta. «Volevo insegnare che per loro in Italia c’è anche un’altra vita, non solo la prostituzione». Oggi con la sua associazione offre assistenza sanitaria e legale alle vittime dei trafficanti d’uomini. In questi anni ha aiutato più di duecento donne a liberarsi e integrarsi nel nostro Paese.
«Ormai tantissime piccole imprese e start-up poggiano sulla tenacia e sulla capacità dei persone che vengono da lontano», spiega il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, presente all’incontro. «Piaccia o non piaccia, anche questo è un pezzo d’Italia».
Storie di dolore e di rivincita. Diritti negati e rivendicati. Igiaba Scego è una scrittrice italo somala, figlia di rifugiati. Da qualche anno lotta per vedere riconosciuta la cittadinanza italiana ai bambini nati i nel nostro Paese. Dopo l’approvazione a Montecitorio, da oltre un anno la riforma è ferma al Senato. «Stiamo combattendo per un diritto. Oggi tanti italiani vivono da stranieri nel proprio Paese – racconta Igiaba – Abbiamo bisogno di cambiare la nostra prospettiva, perché in questi anni l’Italia è cambiata». Quello dell’immigrazione è un tema centrale, sempre più attuale. Un fenomeno che si intreccia inevitabilmente con la demografia e il calo delle nascite, che presto renderà insostenibile il nostro Welfare. Ma anche con la nostra economia. «Ormai tantissime piccole imprese e start-up poggiano sulla tenacia e sulla capacità dei persone che vengono da lontano», spiega il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, presente all’incontro. «Piaccia o non piaccia, anche questo è un pezzo d’Italia».