Il piano di Erdogan: litigare con l’Europa per diventare un eroe musulmano

Nei Paesi musulmani la sua popolarità è altissima. Propaganda e orgoglio anti-occidentale aiutano il leader turco che, nel frattempo, deve correre ai ripari per rimediare alla difficile situazione economica del suo Paese

Da quando la Turchia, sotto la presidenza di Erdoğan, ha rivolto decisamente lo sguardo verso est, iniziando una dura contrapposizione con l’Occidente, le opinioni pubbliche europee sono progressivamente diventate sempre più ostili ad Ankara e alla sua politica. Le repressioni in patria, i toni arroganti coi partner europei, le minacce di scatenare un’invasione di profughi sono solo alcuni dei temi che hanno creato intorno a Erdoğan l’immagine di un autocrate islamista e pericoloso per l’Europa.

Specularmente la fama del presidente turco è andata crescendo negli ex territori arabi dell’Impero Ottomano, dove le opinioni pubbliche apprezzano tanto la retorica anti-occidentale quanto la solidarietà mostrata nei confronti delle Primavere arabe, della Fratellanza musulmana, della causa palestinese e della ribellione siriana.

Guidando attraverso il sud desertico della Giordania, Hassan – 53 anni, ex proprietario di un negozio di souvenir a Petra e ora saltuariamente taxista – racconta: «Siamo in tanti adesso a pensare che staremmo meglio sotto Erdoğan e la Turchia che non sotto il nostro Re. Il Re pensa solo a se stesso, qui l’economia va male e lui da un lato fa accordi sotto banco con Assad per paura delle Primavere arabe, dall’altro ospita milioni di profughi siriani per poter dire che lui è dalla parte del popolo arabo. Erdoğan invece è davvero dalla parte degli arabi, li difende da Israele, che ha contribuito a creare l’Isis per destabilizzare la regione, e dagli sciiti».

Nei confronti degli sciiti la rabbia è fortissima e, come già su Isis e Israele, la propaganda viene presa per verità. «Saddam Hussein ha ucciso solo quelli di loro che se lo meritavano. Ma lo sai che fanno fare sesso alle loro figlie con i loro Imam prima del matrimonio con altri uomini? E quando sono ancora bambine», prosegue accalorandosi Hassan. «Io rimpiango Saddam, quando c’era lui regalava il petrolio alla Giordania e stavamo tutti meglio».

Si può ipotizzare che i recenti e violenti attacchi di Ankara a diversi Stati europei – Germania e Olanda da ultimi – non siano solo legati alla campagna elettorale per l’imminente referendum. Erdoğan ha anche interesse a tenere sollevato un polverone fatto di accuse ideologiche, propagandistiche ed esagerate per coprire le oramai evidente crepe nella sua politica neo-ottomana

Un discorso simile lo fa in un locale dove si fuma narghilé anche Ahmed, 31enne di Amman, guida turistica quando capita ma per lo più disoccupato: «Da quando c’è stata la guerra in Iraq siamo stati invasi da profughi iracheni, che sono ricchi e hanno alzato il costo della vita per tutti. Il prezzo di un appartamento ad Amman è quadruplicato negli ultimi dieci anni. Qui l’economia va malissimo, magari fossimo ancora sotto la Turchia. Lì le cose vanno molto meglio, la gente ha un lavoro e Erdoğan sta dalla parte dei musulmani sunniti. Il nostro Re non tanto, sembra più interessato ad accontentare gli americani».

E la popolarità di Erdoğan viene confermata anche dal dilagare della sua foto come immagine di profilo su molti account facebook e twitter di giovani arabi sunniti giordani, libanesi e iracheni. Qui abbondano gli attacchi all’Europa e agli Stati Uniti, “colonialisti”, “razzisti”, che odiano l’Islam e che difendono i “terroristi” curdi. Anche il trattato Sykes-Picot (del 1916) con cui Gran Bretagna e Francia decisero la spartizione dei territori arabi dell’Impero Ottomano, e che è stato usato anche dalla propaganda dell’Isis, viene spesso citato tra i motivi di risentimento verso l’Occidente.

Le notizie di segno contrario difficilmente arrivano alle opinioni pubbliche arabe. Quasi nessuno sembra sapere che l’economia turca inizia a dare alcuni primi segnali allarmanti, che Erdogan – accordandosi con Putin sulla Siria – ha di fatto “svenduto” la ribellione siriana ad Assad, che usa la questione dei profughi come arma di ricatto (o come merce di scambio) con i Paesi occidentali. Tutti sono più concentrati sulle “sparate” di propaganda che accusano genericamente l’Occidente e che versano miele nell’orecchio dei musulmani sunniti.

La popolarità di Erdoğan viene confermata anche dal dilagare della sua foto come immagine di profilo su molti account facebook e twitter di giovani arabi sunniti giordani, libanesi e iracheni

In questo contesto si può ipotizzare che i recenti e violenti attacchi di Ankara a diversi Stati europei – Germania e Olanda da ultimi – non siano semplicemente legati alla campagna elettorale per l’imminente referendum costituzionale turco, del 16 aprile, con cui Erdogan spera di traghettare il sistema istituzionale verso un forte presidenzialismo.

Il presidente turco ha anche interesse a tenere sollevato un polverone fatto di accuse ideologiche, propagandistiche ed esagerate per coprire le oramai evidente crepe nella sua politica neo-ottomana. Dopo aver indebolito la sponda occidentale, dopo essersi dovuto nei fatti arrendere all’egemonia russa in Siria, se perdesse anche il forte consenso che ancora gode presso molte popolazioni arabe si troverebbe infatti senza leve o quasi da sfruttare per la politica estera nel suo vicinato.

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