I dati economici dell’Eurozona sono al momento in miglioramento, il Continente è in crescita (anche se a ritmo più lento di altre aree geografiche), la fiducia delle Pmi ha toccato i massimi da sei anni, i listini azionari sono spinti dai buoni risultati delle aziende. Anche il termometro politico sembra spostarsi verso le forze più europeiste: in Francia e in Germania.
Ma sul futuro dell’Unione pesa il grande limite del progetto europeo, che vive in una perenne contraddizione tra diritto e politica. Da una parte si fonda su un complesso sistema di trattati, le famose regole che sono alla base delle relazioni comuni; dall’altra la sua struttura si basa ancora su un processo decisionale molto politico nel senso più antico del termine. Molte delle scelte chiave vengono ancora prese in incontri informali, tramite accordi e negoziati. I rapporti di forza si esprimono attraverso continue relazioni dialettiche pubbliche e anche private.
Il 25 marzo 1957 le cronache raccontano che i leader europei furono accolti nella capitale da una bella giornata primaverile che poi fu bagnata da un nubifragio. Il sessantesimo anno di vita del progetto europeo sarà cruciale per il futuro dell’Unione. È difficile capire se la situazione politica sta lentamente uscendo dal periodo più critico, oppure se quella a cui assistiamo è la quiete prima della tempesta. Gli investitori però non disperino, in questa situazione di calma apparente, si può ancora navigare sulla liquidità della Bce: l’importante è evitare le concentrazioni di rischio, diversificare e navigare con prudenza.