Se nominate a un qualsiasi cittadino di Segrate il quartiere di Boffalora, ai confini con i comuni di Pioltello e Vimodrone, la risposta sarà probabilmente un’invettiva contro una delle vergogne della città, 35mila abitanti appena a est di Milano. Un progetto approvato nel 2004 prevedeva, in quella che era fino ad allora stata un’area agricola, la costruzione ex novo di un quartiere abitato da 5mila persone, dislocate su 30 palazzi. Ne furono costruiti solo due e ospitano tuttora un centinaio di famiglie, che negli anni si sono sentite sempre più imbrogliate. Non solo perché sono state circondate dal nulla, ossia da buche per le fondamenta scavate e poi invase da verde selvatico, ma anche perché dei difetti di costruzione hanno portato all’allagamento sistematico dei garage nei livelli inferiori, e alla necessità che 16 pompe risucchino l’acqua ogni volta che la falda si alza. Un disastro, che negli anni è rimasto tale, con un’area ormai non più agricola perché contrassegnata dalla presenza di sottoservizi e tubi di cemento. Le cronache locali – ma anche nazionali – degli ultimi anni hanno parlato di una girandola di tentativi andati a male, cause, piani di intervento bocciati dal Tar, investitori (i tedeschi della Phoenix Development di Bonn) arrivati e fuggiti.
Ora questa situazione si è sbloccata e nell’area nascerà un quartiere. Il nuovo progetto, approvato definitivamente dal Consiglio comunale il 20 febbraio, sarà ridotto di un terzo nella volumetria rispetto al precedente, per l’azione della nuova giunta di centro-sinistra che, appena insediata, bocciò il piano precedente. Si presenta anche con delle caratteristiche molto innovative. Il nuovo progetto, chiamato “Milano 4 You” con una strizzatina d’occhio a Milano 2 e Milano 3, viene presentato addirittura come la prima “smart city” italiana. Visto che il termine “smart city” è uno dei più fumosi tra le tante “buzzword” circolate negli ultimi anni, basterà un esempio concreto: nella vicina Milano 2, costruita alla fine degli anni Settanta dall’allora immobiliarista Silvio Berlusconi, a ogni appartamento corrispondevano box per quattro auto, una per ogni componente di una famiglia tipo di quella fase storica post-baby boom. Nel complesso che sorgerà nei prossimi anni – i lavori inizieranno nell’ottobre 2017 – ci sarà invece una flotta di auto elettriche che gli abitanti potranno usare in modalità car sharing.
Quando si parla con la società capofila del nuovo progetto edilizio, la Red Srl (in precedenza partner dei tedeschi di Phoenix Development in qualità di società di consulenza), una delle prime richieste è di non calcare la mano troppo sul concetto di “smart city”. «Non vogliamo legarci a una moda», dice l’amministratore di Red, Angelo Turi. «È un’espressione che negli anni ha finito per essere associata a semafori a led o poco più». Quello che invece contraddistingue il nuovo quartiere, spiega, è una componente di servizi superiore alla media. «Tutto quello che finora è stato considerato residuale, ora diventa centrale». Questi servizi, aggiunge, devono avere tre caratteristiche: «Migliorare la qualità della vita, ridurre il costo della vita ed essere coerenti con il business plan». La componente smart – ossia una robusta infrastruttura digitale che sarà sviluppata assieme a Ibm, Samsung e altre società con cui sono in corso contatti – dovrà essere quindi non un fine ma principalmente un mezzo. Se ci saranno “infrastrutture di fibra e wireless ad alta velocità e a funzionalità cognitive d’avanguardia, che consentiranno di applicare le più moderne soluzioni di Internet of Things”, come recita il comunicato, lo scopo primario sarà quello di risparmiare. «Vogliamo arrivare all’obiettivo di azzerare o ridurre al minimo le spese condominiali». Lo stesso ragionamento vale per le fonti da energia rinnovabile disponibili localmente che dovrebbero coprire tra l’80 e il 100% del fabbisogno. Il pacchetto, realizzato con il Politecnico di Milano, comprende varie componenti: smart grid, building automation, impianti di cogenerazione alimentati a biomassa, sistemi fotovoltaici integrati, pompe di calore geotermiche, recupero e riutilizzo delle acque piovane.
Nella vicina Milano 2, costruita alla fine degli anni Settanta dall’allora immobiliarista Silvio Berlusconi, a ogni appartamento corrispondevano box per quattro auto, uno per ogni componente di una famiglia tipo di quella fase storica post-baby boom. Nel complesso Milano 4 You ci sarà una flotta di auto elettriche che gli abitanti potranno usare con una logica di car sharing
Essere “smart” vuol dire quindi soprattutto far spendere meno una generazione, quella dei Millennial, che avrà sì nuove sensibilità, ma è soprattutto squattrinata. Oltre alla riduzione dei costi c’è poi l’ambizione dei progettisti di “migliorare la vita”. E come si fa? Guardando a tutte le evoluzioni, peraltro molto rapide, dell’attuale società che «in poco tempo ha messo in discussione capisaldi fondamentali del Novecento. È cresciuta l’importanza dell’outdoor sull’indoor e del piano terra. Inoltre è cambiato il ruolo della piazza, meno luogo di socializzazione e più di rappresentanza», risponde Marco Sagnelli, architetto progettista di Milano4You. «Le case dovranno essere sempre utili e accoglienti, ma hanno ruoli diversi», aggiunge. Il tutto, spiega Angelo Turi, nasce dalla nuova domanda. «A Milano ci sono 380mila single. Le nuove generazioni non guardano la tv come quelle precedenti (Linkiesta ne aveva parlato anche di recente, ndr) e non si muovono né lavorano come le precedenti. L’offerta tradizionale non tiene conto di esigenze di questo tipo».
La concretizzazione di questi concetti è ancora da dimostrare. Tuttavia ci sono premesse che vanno in quella direzione. Un sistema di “connected health” consentirà alle persone anziane di avere alcuni servizi a casa, anche attraverso delle diagnosi effettuate tramite la telemedicina. Ci saranno poi piste ciclabili, spazi in comune all’esterno e all’interno e, recita una nota della Città di Segrate, «un centro culturale, una residenza sanitaria per anziani e la possibilità di realizzazione di un plesso scolastico, più un ampio parco di 80.000 metri quadri». Delle 900 abitazioni, 200 saranno in “social housing” e ci saranno poi negozi e uffici (in totale il residenziale pesa per il 70%). La sfida per riempire di senso queste parole non è semplice ma progetti come quelli svolti in varie parti del Nord Europa dallo studio BIG di Bjarke Ingels a Copenaghen, dimostrano che abitazioni di nuova concezione possono favorire una nuova socialità a prezzi relativamente bassi (a Segrate saranno tra i 2mia e i 3mila euro al metro quadrato).
Il nuovo quartiere avrà 900 abitazioni, di cui 200 in social housing. Ci saranno poi un centro culturale, una residenza sanitaria per anziani e la possibilità di realizzazione di un plesso scolastico, più un ampio parco di 80.000 metri quadrati
Dal Comune di Segrate l’atteggiamento che trapela è di cauto ottimismo, anche se del progetto si parla soprattutto come di una “storiaccia segratese” a cui si doveva mettere la parola fine. L’intervento, è la logica che rivendicano dall’amministrazione comunale, è stato reso necessario per salvare il centinaio di famiglie che abitavano nella zona a seguito del primo progetto abortito negli anni Duemila. «Il Comune non poteva fare servizi pubblici nell’area perché si trattava di un fallimento di privati» spiegano dagli uffici comunali. L’attuale maggioranza sottolinea il ruolo attivo che ebbe, quando era all’opposzione, nel percorso che portò alla bocciatura al Tar del vecchio Pgt, giudicato anche dai tribunali come eccessivamente sbilanciato nelle percentuali di edificazione.
Il Comune di Segrate, ricordano da Legambiente, ha oltre il 70% di superficie urbanizzata e nella città sono presenti anche altri progetti edilizi incompiuti o finiti ma invenduti. «Quello di “smart” è un attributo che terrei per altre realizzazioni – commenta Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia -. Non può essere smart quello che nel 2017 nasce sul “green field”, cioè su una superficie che era agricola e che confina con il Parco delle Cascine di Pioltello», a una distanza di un paio di chilometri da metropolitana e passante ferroviario. «Con la nostra azione – aggiunge – abbiamo bloccato iniziative della precedente giunta, come la possibilità di costruire nel cosiddetto “Golfo Agricolo”». L‘impegno a non consumare suolo, costruendo preferibilmente sulle aree dismesse e abbattendo vecchi edifici esistenti, da qualche anno è divenuta una priorità sia per il Consiglio nazionale degli architetti sia per l’Associazione nazionale costruttori edili. È una posizione che in linea di principio vede d’accordo anche l’architetto Sagnelli, che nel ragionamento parte dalla nuova centralità che possono oggi avere le periferie. «Hanno un’enorme potenzialità, a oggi non sfruttate, che consentirebbero alle persone di vivere in modo più contemporaneo, anche rispetto ai centri storici. Questo può avvenire sia attraverso il recupero di aree industriali, sia attraverso recuperi di tipo paesaggistico come quello che stiamo operando a Segrate».