Come sarebbero i supermercati se li progettassero i clienti

Nel convegno Supermarket 2020 sono state raccontate i desideri degli italiani in tema di supermercati: la ricerca di esperienze super di gran lunga quella di convenienza. Largo, quindi, ai corsi di cucina e agli assaggi di vino

PARK JI-HWAN / AFP

Un supermercato dove girare per i reparti, selezionare i prodotti attraverso lo smartphone, pagare alle casse sempre con il cellulare e ricevere la spesa a casa. Un luogo dove poter assaggiare cibi e birre, conoscere nuovi prodotti, in particolare per attrarre i giovani. O, ancora, uno spazio dove frequentare corsi di cucina, attraverso i quali acquisire conoscenza delle materie prime utilizzate e, una volta preparate, ricevere i piatti cucinati.

Sono alcune delle risposte a come i consumatori italiani immaginano il supermercato nei prossimi anni, raccolte da Info Value nella ricerca effettuata per conto di Retail Institute Italy (già Popai) e presentata nel corso del convegno Supermarket 2020.

Supermercato, da punto vendita a punto di esperienza

Obiettivo della ricerca: esplorare l’innovazione dal punto di vista del consumatore, partendo da realizzazioni già esistenti. Per scoprire, come ha spiegato Elena Signorelli di Info Value, che il consumatore, di fronte alla molteplicità dell’offerta e a standard di servizi elevati, sviluppa un’attenzione selettiva e si chiede ogni volta perché dovrebbe scegliere un brand o un’insegna. Tra i fattori che muovono prevalentemente i clienti della gdo, l’esperienza infatti copre la parte rilevante (44%), seguita dalla convenienza (19%), dalla qualità (19%) e dall’efficienza (18%).

Il punto vendita è il teatro dove vivere l’esperienza d’acquisto, dove la spesa diventa un momento di scoperta e di esplorazione, non solo per chi si riconosce in questo cluster, ma anche per tutto il campione esaminato che si dichiara interessato a un’esposizione che metta in risalto la freschezza e la qualità, Nugged Market (64%), a corsi di cucina in appositi corner come quelli di Cooking School (42%), o a postazioni di assaggio dei vini pregiati automatizzati, con tessera a scalare come in Wine Station (27%).

Ma anche la convenienza può essere declinata in esperienza. Il 53% del campione infatti è interessato a sconti crescenti quanto più è vicina la data di scadenza (Grocery Outlet), o al modello della tessera associativa di Costco, prossimo peraltro a sbarcare in Europa (41%). Lo stesso dicasi per il servizio, dove predominano razionalità ed efficienza e l’esperienza si coniuga di più con l’emergenza e la funzionalità. Si spiega in questo modo l’interesse del 27% per il drive e del 21% per la consegna a domicilio.

Quale che sia il futuro per i supermercati, è la conclusione di Signorelli, «le scelte oggi sono guidate dall’esperienza: contano di più come si acquista e quale esperienza si vive in quel momento che cosa si acquista e a quale prezzo». E i consumatori sembrano essere in grado di immaginarlo meglio dei nostri retailer.

Le scelte oggi sono guidate dall’esperienza: contano di più come si acquista e quale esperienza si vive in quel momento che cosa si acquista e a quale prezzo. E i consumatori sembrano essere in grado di immaginarlo meglio dei nostri retailer

Work in progress costante

Se il punto vendita è ormai un punto di esperienza, occorre fare i conti con la capacità dei retailer di confrontarsi con tutti i fenomeni che stanno cambiando lo strato sul quale si regge il mondo della distribuzione e soprattutto di stabilire una nuova empatia con i consumatori, individuando, ciascuno la propria direzione. È un costante work in progress al quale si assiste: «Vi è consapevolezza dei rischi, ma altrettanto deve essere chiaro che o esisti e fai bene, oppure non esisterai più», avverte con il pragmatismo americano Alex Tosolini, vicepresident di Kroger. Che aggiunge: «Per anni il business del supermercato è stato legato all’efficienza. Ora ci stiamo reinventando giorno per giorno con il focus sull’esperienza. Anche sulle tecnologie, visto che contrariamente a quanto si prefigurava, il negozio fisico non è morto. Sta a noi gestire il rapporto tra online e in-store verso un modello ibrido. Ma intanto ci sono scelte strategiche da fare, con investimenti colossali. Per dirne una, fra non molto i prezzi saranno invisibili: ci saranno livelli di sconto su misura per ciascun cliente. Siamo pronti come retailer ad affrontare questo cambiamento?».

Non che l’algoritmo sia immediatamente dietro l’angolo, ma va ricordato l’online pratica quotidianamente il prezzo liquido quando acquistiamo un biglietto aereo, una stanza d’albergo, un bene qualsiasi su Amazon.

Amazon? «Può vendere sottocosto, è sempre aperto, paga le tasse all’estero. C’è bisogno di regole comuni. Poi ognuno può competere secondo le proprie capacità e prerogative. Ma tutti devono partire dalla stessa linea»


Giorgio Santambrogio, presidente Adm

Già Amazon è ormai evocato in ogni occasione, da quando ha attivato anche in Italia Prime Now, in bene e in male. Nel bene perché è una potente ed efficiente “macchina per vendere”, che dà soddisfazioni a chi la utilizza (Unes ha trasformato un punto vendita periferico in magazzino per l’evasione degli ordini su Prime Now dove ruotano 40 automezzi ogni due ore), che ha cambiato il paradigma delle relazioni commerciali con l’industria dando motivo di riflessione ai retailer italiani, che ha inventato Amazon Go, negozio supertecnologico ancora in fase di messa a punto. Nel male perché, come ha ricordato il presidente di Adm, Giorgio Santambrogio, «Può vendere sottocosto, è sempre aperto, paga le tasse all’estero. C’è bisogno di regole comuni. Poi ognuno può competere secondo le proprie capacità e prerogative. Ma tutti devono partire dalla stessa linea». (…)

Le domande che agitano i retailer sono molte.

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