I robot sono tra noi. «Il 65 per cento dei nostri figli farà un lavoro che ancora non esiste»

La politica si interroga sull’avvento delle nuove intelligenze artificiali. In questa partita l’Italia gioca da protagonista. Entro i prossimi anni saranno in funzione oltre 30 milioni di robot domestici. Si perderanno molti posti di lavoro, certo. Ma le opportunità non mancano

I robot sono tra noi. Intelligenze artificiali destinate alla difesa e alla medicina, androidi dedicati all’intrattenimento e alle pulizie di casa. Una nuova rivoluzione industriale è alle porte. La crescita del fenomeno è esponenziale: nel 2015 sono stati venduti 250mila esemplari. Centomila nel solo settore dell’automotive. Oggi i robot operativi in tutto il mondo sono 1,8 milioni. E nel giro di tre anni il mercato globale avrà raggiunto un valore di oltre 150 miliardi di dollari. I numeri raccontano l’incredibile sviluppo della nuova realtà. Nel corso dell’ultimo decennio le richieste di brevetto per le tecnologie robotica sono triplicate. Androidi per ogni necessità: robot chirurghi in sala operatoria, robot che spazzano il pavimento a casa e sistemano imballaggi nei magazzini. La tecnologia entra nelle aziende, ma soprattutto nelle nostre abitazioni. Entro il 2019 saranno in funzione 2,6 milioni di macchine intelligenti nelle fabbriche. E nel giro di pochi anni i robot domestici saranno almeno 30 milioni. Il rapporto “The future of Jobs” presentato al World Economic Forum di Davos conferma che presto a trainare il settore non sarà il comparto industriale, ma quello dei robot per uso privato.

Secondo le stime, il 65 per cento dei bambini che oggi iniziano il loro percorso di studi, da adulto troverà un lavoro che oggi ancora non esiste. Il futuro è ricco di incognite e potenzialità

È una rivoluzione che ci vede in prima fila. Il mercato con maggior tasso di crescita è asiatico: la Cina da sola ha superato l’intera Europa. Eppure l’Italia è il secondo produttore di robot industriali nel nostro continente. Il sesto Paese al mondo. Conquistando un riconosciuto ruolo di «leadership in termini di ricerca, innovazione e produzione». Così si legge in una delle mozioni dedicate alla robotica depositate in questi giorni a Montecitorio. Il Parlamento apre un dibattito sul futuro. Se lo sviluppo del settore avrà effetti rivoluzionari sulla vita delle persone, restano i dubbi sulle conseguenze dal punto di vista del lavoro e dell’occupazione. I nuovi robot sono destinati a cancellare le nostre professioni? Stando alle previsioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’avvento delle intelligenze artificiali potrebbe mettere a rischio il 10 per cento dei posti di lavoro. «Ma spingerebbe alla modifica delle mansioni – si legge nella mozione a prima firma Fabio Rampelli (FdI) – di almeno uno terzo dei lavoratori». Il documento depositato dal gruppo parlamentare Articolo 1 offre prospettive ancora più preoccupanti. Nel giro di quindici anni il 38 per cento dei posti di lavoro oggi disponibili negli Stati Uniti potrebbero essere presi da robot. Questo almeno è il risultato di uno studio pubblicato dalla Pricewaterhouse Coopers. «Il fenomeno riguarda anche l’Europa e l’Asia, visto che in Germania l’automazione è avviata ad eliminare il 35 per cento dei posti, in Gran Bretagna il 30 per cento e in Giappone il 21 per cento».

Timori e nuove opportunità. L’avvento dell’innovazione tecnologica avrà un impatto importante in termini di occupazione e welfare. E non solo. La nuova rivoluzione industriale apre interrogativi su possibili risvolti legali ed etici. «Ma mentre la tecnologia propone soluzioni sempre più innovative – denuncia la mozione di Paola Binetti – i legislatori non riescono a stare al passo con i tempi». Diventa necessario un quadro normativo che disciplini l’avvento dei robot, in particolare per quanto riguarda specifici, delicati, settori. «Dalla responsabilità civile delle macchine – si legge nel documento di Fratelli d’Italia – all’impatto sul mercato del lavoro e ai risvolti etici, dalla privacy alla tutela dei dati acquisiti e trasmessi da tecnologie che invadono sempre di più la vita dei cittadini».

La crescita della robotica è esponenziale: nel 2015 sono stati venduti 250mila esemplari. Centomila nel solo settore dell’automotive. Oggi i robot operativi in tutto il mondo sono 1,8 milioni. E nel giro di tre anni il mercato globale avrà raggiunto un valore di oltre 150 miliardi di dollari.

Lo scorso febbraio una risoluzione del Parlamento Europeo ha chiesto l’introduzione di una normativa comunitaria proprio in questo senso. Alla Commissione è stato proposto di regolamentare robotica e intelligenza artificiale, ma anche di studiare le tendenze occupazionali strettamente collegate. Una stima utile per capire quali e quanti posti di lavoro potranno essere creati dall’avvento delle nuove tecnologie. Ma soprattutto quanti rischiano di essere persi per sempre. Da questo punto di vista appare interessante affrontare la proposta del fondatore di Microsoft Bill Gates, che ha immaginato di tassare i robot che svolgono lavori umani. «Secondo Bill Gates – si legge nella mozione a prima firma Lara Ricciatti – l’uso di robot può aiutare a liberare un numero maggiore di persone per altri tipi di lavoro, che solo gli esseri umani possono svolgere. Fra questi l’insegnamento, la cura degli anziani e delle persone con esigenze speciali». Il domani è pieno di incognite e potenzialità. Molte certezze svaniscono di fronte all’avvento delle nuove tecnologie. Uno dei documenti parlamentari cita una recente analisi del World Economic Forum. Secondo le stime, il 65 per cento dei bambini che oggi iniziano il loro percorso di studi, da adulto troverà un lavoro che oggi ancora non esiste. Il futuro è ancora da costruire.

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