Il Piano Energia del Movimento 5 Stelle è solo un bel sogno

I pentastellati vogliono l'”autosufficienza energetica” dell'Italia, ma se non si trova il modo di sostituire il 92% del greggio e il 90% del gas importati dall’estero resta un programma impraticabile

Roberto Fico ha presentato il Piano Energia del Movimento Cinque Stelle (PEM5S), il primo punto del programma del partito che si candida a governare il Paese alle elezioni politiche che si terranno in meno di un anno.

La prima cosa che si nota è che è datato 15 giugno 2016. Si vede che anche per un movimento online il percorso democratico è così farraginoso da richiedere quasi un anno tra la stesura e l’approvazione definitiva. Curioso anche che questa sia solo la “Versione 1.4”, quindi – se vale la consuetudine – da quando è stato proposto sono state apportate solo quattro modifiche secondarie. Meno male che non lo ha elaborato il PD: se no a quest’ora sarebbe stata già la versione un milione e spiccioli… ma non divaghiamo.

Salta all’occhio la “Tabella 9”. E’ la seconda tabella nel documento, mancano quelle numerate da 1 a 7. Mi chiedo se fra un passaggio democratico e l’altro qualcuno si sia dato la pena di rileggerlo. La Tabella 9, dicevamo, delinea i tre passaggi fondamentali del PEM5S.

Punto 1: 2015-2017 Il M5S propone il PEM5S Bene. Conseguenza? “Nessuno o marginali effetti sul sistema energetico, che segue il trend fondato sulle attuali politiche energetiche” In pratica dicono già loro che non se lo fila nessuno. Andiamo avanti.

Punto 2: 2018-2020 Elezioni – Legislatura a maggioranza M5S – Viene approvato il nuovo Piano Energetico Nazionale”. Qui si mettono subito in chiaro due cose: Il M5S vince le prossime elezioni e non solo conquista la maggioranza relativa ma, con buona pace dell’attuale pasticcio di legge elettorale, conquista la maggioranza in entrambe le camere e approva il nuovo piano. Non sono possibili altre eventualità. Sempre al Punto 2: “Primi effetti sul sistema energetico, che in parte prosegue gli effetti tendenziali delle politiche implementate dai governi precedentiInsomma, per quanto riguarda la prossima legislatura, la rivoluzione può attendere.

Punto 3: 2021-2050 Il Piano Energetico Nazionale e i suoi aggiornamenti sono in vigore Le azioni previste dal Piano Energetico Nazionale hanno effetto sul sistema energetico” Beh, che in trent’anni qualsiasi decisione sul futuro dell’energia italiana produca qualche effetto lo darei abbastanza per scontato; ma meglio metterlo nero su bianco. È sottointeso che il M5S dovrà restare al governo per almeno 33 anni, insidiando il primato di durata appartenente alla DC.

Oggi produciamo in proprio solo l’8% del petrolio e il 10% del gas che consumiamo. Se vogliamo raggiungere l’autosufficienza energetica dobbiamo trovare il modo di sostituire quel 92% del greggio e quel 90% del gas che importiamo dall’estero

Lasciamo stare i dettagli e andiamo al sodo: M5S ha deciso che l’Italia entro il 2050 userà esclusivamente energie rinnovabili. Abolite tutte le forme di energia fossile ma, soprattutto, abolite anche tutte le importazioni di energia: a metà del secolo l’energia consumata nello stivale sarà tutta Made in Italy.

Vediamo cosa significa incrociando gli ultimi dati di Eni, International Energy Agency e IHS Global Insight.

Per quanto riguarda il petrolio, le riserve di greggio presenti sul territorio e in mare entro la zona economica esclusiva italiana sono stimate in 595 milioni di barili. Produciamo 109.000 barili al giorno ma – sempre nell’arco delle 24 ore – ne consumiamo 1.298.000. Tutto il petrolio che manca lo importiamo per due terzi da quattro Paesi: Russia, Azerbaijan, Arabia Saudita e Libia in parti sostanzialmente uguali. Il terzo restante lo importiamo da altri, fra questi la quota maggiore arriva dall’Iran.

Passando al gas naturale, le nostre riserve sono stimate in 49 miliardi di metri cubi, ogni anno produciamo 6,61 miliardi di metri cubi ma ne consumiamo 65,96 miliardi. In questo caso la suddivisione fra le nazioni importatrici è più stabile che per il petrolio e si può dire che il 28% del gas che – via gasdotti – entra nel Paese proviene dalla Russia, l’8% dall’Algeria, il 7% dalla Libia, il 12% da Olanda, Norvegia e altri Paesi del Nord Europa. A questi si aggiunge il 6% che arriva dal Qatar sotto forma di LNG.

Oggi produciamo in proprio solo l’8% del petrolio e il 10% del gas che consumiamo. Se vogliamo raggiungere l’autosufficienza energetica dobbiamo trovare il modo di sostituire quel 92% del greggio e quel 90% del gas che importiamo dall’estero.

In più, se oltre a diventare energeticamente autarchici vogliamo anche eliminare i combustibili fossili, dobbiamo trovare il modo di sostituire con altre fonti quei 7,92 barili di petrolio più 1103 metri cubi di gas che ogni anno consuma ciascun singolo cittadino della Repubblica. Oppure dobbiamo ridurre i nostri consumi energetici in misura equivalente. Un obiettivo quantomeno ambizioso se si conta di raggiungerlo – con qualche eccezione – entro il 2030 in appena 12 anni di illuminato governo a cinque stelle.

La Figura 46 (anche in questo caso la numerazione è arbitraria) sembra raffigurare una grande crisi energetica: prevede una riduzione dei consumi del 37%, dai 112 Mtep registrati nel 2014 ai 71 previsti per il 2050. Ma il crollo non sarà omogeneo: mentre agricoltura, industria, servizi e residenziale potranno calare “solo” del 30%, i trasporti dovranno arrivare a ridurre i consumi del 50%.

Non va meglio all’energia termica: da 88 Mtep crolleranno a 25 nel 2020: una riduzione di oltre il 72% grazie ai previsti miglioramenti “dell’efficienza degli impieghi finali e alla sostituzione degli usi termici con quelli elettrici”. Meglio andare a comprare qualche maglione e qualche coperta imbottita in più, non si sa mai.

Oltre alla totale eliminazione dei fossili, l’obiettivo principale rimane quello della completa autosufficienza energetica. Ci si può chiedere come questa autarchia energetica possa avere senso in un contesto politico ed economico comunitario. Almeno per il momento, l’Italia fa ancora parte dell’UE ed è sulla scala dell’Unione che bisogna presentare i bilanci e misurare la portata delle politiche energetiche

Passando alle fonti rinnovabili, oggi il 43% dell’energia verde che produciamo deriva dall’idroelettrico (47 TWh), il 21% dal fotovoltaico (23 TWh), il 17% dalla combustione di rifiuti solidi e biomasse (19 TWh), il 14% dall’eolico (15 TWh) e il 6% dalla geotermia (6TWh).

Fra le importazioni di energia dall’estero, le prime a saltare saranno certamente quelle di energia elettrica proveniente dal nucleare (soprattutto dalla Francia). Queste – sempre secondo i piani del M5S – verranno sostituite da fonti rinnovabili sostanzialmente autoprodotte secondo lo slogan della democrazia energetica”. L’intera struttura dei consumi e dei trasporti verrebbe rivoluzionata: dai trasporti individuali a quelli collettivi, dai veicoli a propulsione fossile a quelli a propulsione elettrica e a idrogeno. Quest’ultimo, finalmente, non viene più visto come fonte di energia – come ci raccontava Grillo quando faceva il comico – ma come vettore di energia (come batteria, insomma) visto che sulla Terra l’idrogeno molecolare non c’è e se lo si vuole occorre produrlo consumando altra energia. Anche le auto elettriche da qualche parte bisognerà ricaricarle e questo comporterà una rivoluzione anche nel settore elettrico dove l’energia prodotta da fonti fossili è ancora una frazione elevata del totale.

Nel calo generale dei consumi previsti, l’energia elettrica potrà invece crescere. E crescerà dai 311 TWh del 2014 ai 560 TWh nel 2050. Ben il 76% in più. E il tutto senza più nucleare straniero, azzerando le importazioni e eliminando le fonti fossili nella produzione di energia elettrica.

Fra queste, il solare vedrà un vero boom: crescerà del 9,3% ogni anno da qui fino al 2050! Passerà infatti dai 23 TWh a 423 TWh in 30 anni arrivando a rappresentare da solo il 73% del portafoglio rinnovabile. Questo equivarrebbe a moltiplicare di oltre 18 volte la superficie del Paese coperta da pannelli solari realizzati con tecnologia al silicio attuale. L’eolico passerà, invece “solo” da 15 TWh a 46 TWh in 30 anni. Insomma: più pale eoliche per tutti. Ma senza esagerare.

Oltre alla totale eliminazione dei fossili, l’obiettivo principale rimane quello della completa autosufficienza energetica. Ci si può chiedere come questa autarchia energetica possa avere senso in un contesto politico ed economico comunitario. Almeno per il momento, l’Italia fa ancora parte dell’UE ed è sulla scala dell’Unione che bisogna presentare i bilanci e misurare la portata delle politiche energetiche; soprattutto quando si parla di “autonomia delle comunità locali”.

Venendo alle tempistiche: secondo il PEM5S, entro il 2020 il Paese dovrà abbandonare l’utilizzo di combustibili solidi (carbone e rifiuti) per la produzione di energia, entro il 2030 “dovranno essere sostituiti petrolio e derivati da tutti i settori, ad esclusione del settore agricolo e dei trasporti”. Per questi ultimi due il termine è fissato rispettivamente nel 2050 e nel 2040. Ma poco più in giù si parla anche di gas: “Entro il 2050 anche il gas naturale, che avrà avuto un ruolo importante nella transizione verso il nuovo sistema energetico sarà abbandonato sui due fronti della generazione, elettrica e termica.”

Se ho capito bene, quindi, la battaglia senza quartiere mossa dall’M5S contro l’arrivo del gasdotto TAP in Puglia va contro gli stessi interessi del piano energetico proposto dal M5S. E’ evidente che l’abbandono di carbone e petrolio dalla produzione di energia elettrica comporterà, almeno all’inizio, un aumento dei consumi di gas prima della miracolosa rivoluzione delle rinnovabili prevista negli anni successivi. Da dove prendiamo questo surplus di gas necessario per sopravvivere alla transizione? Perché, allora, il M5S si oppone così duramente al TAP, rischiando di mandarlo in soffitta in favore di gasdotti più settentrionali che poi ci costringeranno a pagare dazio ad altri Paesi che ospiteranno i tubi?

I M5S non si preoccupano del contributo che il gas naturale potrebbe dare alla decarbonizzazione delle centrali elettriche italiane e dei consumi in genere (il gas è il combustibile fossile che comporta la minor produzione di anidride carbonica e il minor impatto ambientale). Sostengono che, anche se all’inizio sarà necessario un aumento dei consumi, non sarà richiesta alcuna nuova opera e si potranno sfruttare le infrastrutture esistenti. Peccato che si parli della distribuzione interna e non delle reti di approvvigionamento.

Durante la presentazione del PEM5S, ci hanno spiegato che è necessario spostare gli incentivi statali dai combustibili fossili alle rinnovabili ma, ad esempio, non è stato detto che il nostro Paese nel 2016 ha destinato quasi sedici miliardi di euro di incentivi alle rinnovabili e che un terzo dei consumi totali di energia elettrica (110 TWh) è attualmente prodotto tramite fonti verdi.

Queste fonti rinnovabili, soprattutto solare e eolico, nel nostro Paese hanno beneficiato in totale di incentivi per circa 70 miliardi di Euro. Questo ha permesso di accrescere la produzione in modo significativo portando il fotovoltaico a coprire l’8% del fabbisogno (la Germania è ferma al 5%).

Uno dei principali problemi dell’energia solare (ma anche delle rinnovabili in genere) è che è a bassa intensità: pur essendo a minor impatto ambientale (basso ma non nullo: i pannelli solari al silicio hanno alti costi di produzione e di smaltimento) è necessario coprire molto terreno sottraendolo ad altre attività (ad esempio l’agricoltura). Moltiplicare 18 volte la superficie destinata al solare, come prevede il piano, sarà tutt’altro che banale.

Inoltre, sempre con le tecnologie attuali, non sarà possibile sfruttare esclusivamente il tetto per dare autosufficienza energetica ad un edificio di più di tre o quattro piani, semplicemente perché non sarà possibile immagazzinare sul tetto energia solare sufficiente per alimentare i consumi delle famiglie o degli uffici che si trovano nei piani sottostanti se questi ultimi saranno su più di tre o quattro livelli. Come facciamo per gli edifici più alti che coprono la maggior parte delle nostre città? Una soluzione al problema è stata presentata alla European Offshore Mediterranean conference che si è svolta a Ravenna a fine marzo. Ma questo è un altro discorso.

Due concetti emersi durante la presentazione fanno dubitare delle fonti cui attingono gli estensori del Programma. I M5S portano come esempio di paese green proprio la Norvegia, ma questa è diventata ricchissima proprio grazie alla vendita di petrolio e gas. Inoltre, vogliono che Terna (l’azienda che gestisce la rete di distribuzione dell’energia elettrica) torni di proprietà pubblica

Infine, se smettessimo di importare energia nucleare dalla Francia, il costo dell’elettricità si impennerebbe e – almeno nel medio periodo – dovremmo mandare a pieno regime le centrali tradizionali alimentate con fonti fossili.

Due concetti emersi durante la presentazione fanno dubitare delle fonti cui attingono gli estensori del Programma. I M5S portano come esempio di paese green proprio la Norvegia, ma questa è diventata ricchissima proprio grazie alla vendita di petrolio e gas. Inoltre, vogliono che Terna (l’azienda che gestisce la rete di distribuzione dell’energia elettrica) torni di proprietà pubblica. Ma ora il 30% di Terna è di proprietà dello Stato tramite Cassa Depositi e Prestiti mentre gli altri azionisti detengono ciascuno frazioni minimali (fra questi la People’s Bank of China detiene la fetta più grande: il 2,01%).

Infine, viene affrontato il tema del trasporto privato, antico cavallo di battaglia del loro capocomico. M5S vuole la riconversione del parco circolante in auto elettriche (o ad idrogeno) ma non parla dei costi: non solo quelli di riconversione di un intero sistema industriale ma anche quello delle singole auto. Mettiamo da parte l’idrogeno: occorre una intera infrastruttura che lo produca a spese di altre fonti e lo distribuisca su tutto il territorio. Passando all’elettrico, attualmente una Tesla ha costi decisamente proibitivi per la maggioranza dei cittadini (soprattutto quelli che vivranno solo sul promesso reddito di cittadinanza…). Inoltre, le auto elettriche, Tesla inclusa, sono prodotte consumando petrolio e utilizzando derivati del petrolio.

In conclusione, non solo tutti i cittadini italiani ma tutti gli esseri umani (forse con l’eccezione di un presidente americano) vorrebbero un mondo più pulito e più verde. Ma dal punto di vista pratico, il Programma Energia M5S è – se non una promessa in stile berlusconiano – quantomeno un bel sogno.

L’autosufficienza energetica con il solo utilizzo delle fonti rinnovabili è un obiettivo ambizioso ma ancora tecnicamente non realizzabile. Per questo, in attesa che i centri di ricerca universitari e industriali facciano la loro parte (magari con l’appoggio concreto delle istituzioni. Grillini, se andate al governo datevi da fare soprattutto qui! ) e sviluppino nuovi sistemi efficienti e diffusi per la cattura e l’impiego delle energie rinnovabili, dovremo cavarcela ancora per qualche anno con il pacchetto delle energie fossili – migrandole da carbone e petrolio verso il gas – e con l’aiuto dell’energia nucleare importata dall’estero.

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