In Italia, verso la metà degli anni Ottanta del XX secolo, iniziò a essere popolare, in ambito giornalistico, dare al fuorigioco un’accezione di tipo militare. L’off-side, che in lingua inglese ha di per sé già una derivazione militare (off the strenght of his side ovvero al di fuori della forza del proprio schieramento), si meritò in quegli anni l’attributo di arma. Ovviamente il passaggio dalla marcatura a uomo alla marcatura a zona contribuì notevolmente a trasformare in un’arma quella che resta tutt’oggi l’infrazione più controversa da individuare per gli arbitri. Il giornalismo televisivo, si sa, è una forma di retorica nazional-popolare che sente molto il peso degli avvenimenti e non è da escludere che a quella tendenza militaristica abbia contribuito la massiccia medializzazione dei conflitti militari in Medio Oriente come la guerra in Iraq, con quelle facce del pilota Bellini e del navigatore Cocciolone che rimbalzavano indistintamente dalla Domenica In alla Domenica Sportiva. Il parallelo militare tra i due schieramenti resta al vaglio di molti dubbi, tra cui quelli dall’etologo Desmond Morris, che nel suo libro “Tribù del Calcio” sfata il mito della partita di calcio come strategia predatoria, portando a riprova di ciò il fatto che le partite di calcio restano in fin dei conti degli eventi normati e mai degli scontri totali. In ogni caso, presa per buona la definizione di “arma del fuorigioco”, quello che ci interessa è l’analisi di uno degli effetti collaterali più comuni nell’uso di questo strumento di difesa, ovvero la non realizzazione della messa in fuorigioco e la conseguente e necessaria, riorganizzazione difensiva. È in quel preciso momento che nasce una delle fasi più solidali del gioco del calcio, è in quel momento che si rende necessario un movimento diagonale per recuperare un’adeguata linea difensiva. È il momento della diagonale difensiva.
Anche la diagonale difensiva si afferma in qualità di contromossa solidale (come il fuorigioco considerato in qualità di arma) con il passaggio dalla marcatura a uomo alla zona. Tatticamente è un movimento in copertura diagonale che un difensore, o un giocatore in fase difensiva, effettua per riempire uno spazio lasciato vuoto da un altro calciatore. Storicamente la diagonale difensiva nasce come movimento nello spazio ed è una delle conseguenze della dinamizzazione della difesa (si parla, infatti, di fase difensiva e non più di difesa). Lo stesso termine “difensore” ha mutato la propria accezione storica. Nell’epoca delle numerazioni fisse, nella determinazione numerica dei ruoli i terzini – il 2 e il 3 per intenderci – avevano compiti di marcatura e seguivano l’uomo di competenza in ogni zona del campo. Il nome deriva dal modulo tattico a struttura piramidale (piramide rovesciata) che prevedeva una terza linea – l’ultima linea – di difesa in cui i due terzini (quelli della terza linea) erano gli ultimi uomini a difendere la porta. Le evoluzioni tattiche hanno generato una serie di stravolgimenti creando nuovi moduli e imponendo costantemente la necessità di nuovi movimenti.