L’asse Macron-Merkel fa bene all’Europa, ma ora serve un’Unione fiscale e politica

L'elezione del Presidente francese rinforza la presa del Cancelliere tedesco sulla politica europea. Ora però serve un "cambio di mentalità tedesco" su fisco e politica unitarie per mettere in piedi il "sogno di un'Europa federale"

Dopo il viaggio istituzionale del neoeletto Presidente francese a Berlino, sul The Guardian, Natalie Nougayrède sostiene che l’elezione di Macron rinforzi la presa di Angela Merkel sulla politica europea. L’opinionista francese critica la stampa del Vecchio Continente per aver dipinto un Macron in debito con il Cancelliere tedesco. Al contrario, Nougayrède sottolinea l’importanza della vittoria del leader di En Marche! alla luce di un contesto internazionale che vedrà Donald Trump approdare in Europa fra due settimane, in occasione del G7 di Taormina. Secondo Nougayrède, “l’asse Macron-Merkel rappresenta la resistenza democratica di fronte al populismo”. Sebbene possa sembrare presto per trarre conclusioni affrettate, la nuova alleanza franco-tedesca potrebbe “rinvigorire la politica europea e il ruolo del nostro continente sullo scenario internazionale”.

Sul New York Times, Roger Cohen descrive il nuovo ordine geopolitico parlando del rischio di una “nuova Yalta”. Quest’ultimo scenario ha le sembianze di un “binomio Russia-Stati Uniti” che vede di cattivo occhio gli sforzi di maggiore integrazione portati avanti dagli Stati membri dell’Ue. In un tale contesto, anche secondo Cohen, il duo Macron-Merkel “potrebbe essere formidabile”. Le principali sfide all’orizzonte? La creazione di un’Unione di difesa, fiscale, economica e sociale efficiente che possa garantire sicurezza, crescita e solidarietà. Ma per due “europeisti convinti” come Macron e Merkel non sembra esserci alcun limite: esiste al contrario “un’opportunità unica per rimettere in piedi il sogno di un’Europa federale”.

Sul The New York Times, il capogruppo dei Liberali e Democratici al Parlamento europeo (Alde), Guy Verhofstadt, mette in guardia dai facili entusiasmi: “Dopo la vittoria di Macron alle elezioni presidenziali francesi, non c’è tempo da perdere per riformare l’Ue”. Il leader europeo sottolinea che, dopo il voto tedesco di settembre, le istituzioni nazionali ed europee devono modificare le strutture ed i processi di governance dell’Eurozona, nonché rafforzare la politica estera e di sicurezza comune. Verhofstadt si spinge addirittura oltre e propone di sostituire la Commissione europea con un’istituzione più agile. Ispirato dal risultato delle elezioni francesi, il leader liberale scrive: “I cittadini europei sono pronti a dare il proprio sostegno ai candidati che difendono l’Europa, ma confermeranno il nostro mandato soltanto se, in cambio, saremo in grado di agire”.

Judy Dempsey spiega il successo dell’Unione Cristiano Democratica (Cdu) attraverso il così detto “effetto Merkel”: in tempi di populismo dilagante, i cittadini tedeschi preferiscono rimettersi nelle mani rassicuranti del Cancelliere

Dani Rodrik, su Social Europe, sottolinea che la vittoria di Macron deve essere seguita da un “cambio di mentalità tedesco”. Anche l’economista britannico mette l’accento sul bisogno di un’Unione economica fiscale e politica europea. Secondo Rodrik, i piani di riforma disegnati per la Francia dal neoeletto Presidente francese avranno effetto soltanto se accompagnati da un cambiamento nella governance dell’Unione e dell’Eurozona.

Carnegie Europe dà ampio spazio alla sconfitta del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) nella regione del Nord-Reno Vestfalia. Judy Dempsey spiega il successo dell’Unione Cristiano Democratica (Cdu) attraverso il così detto “effetto Merkel”: in tempi di populismo dilagante, i cittadini tedeschi preferiscono rimettersi nelle mani rassicuranti del Cancelliere. E, nonostante – secondo Dempsey – Merkel accusi “un deficit di idee funzionali all’evoluzione dell’Unione”, la leader del centro-destra tedesco rappresenta ancora il simbolo della crescita e della stabilità economica. Infine, Dempsey mette in dubbio la capacità della Spd di vincere le prossime elezioni federali di settembre: “A meno che non riesca a spiegare in maniera convincente che politiche ha intenzione di implementare, farà la fine degli altri partiti socialdemocratici europei”.

A proposito di economia tedesca, l’economista statunitense, Barry Eichengreen, si sofferma sul tema dell’avanzo della bilancia commerciale di Berlino. Eichengreen spiega che, a differenza di tutte le teorie messe in campo dagli estimatori del Presidente americano, Donald Trump, l’avanzo tedesco si spiega in maniera semplice: “I cittadini tedeschi risparmiano più di quanto non investano”. E, a detta del noto economista, ci sarebbe un buon motivo per continuare a farlo: in un contesto di prolungamento delle prospettive di vita, ha senso risparmiare di più per finanziare l’inattività lavorativa che verrà. Allo stesso tempo, Eichengreen sottolinea che il governo tedesco dovrebbe finalmente rendersi conto che ha bisogno di investire più risorse in alcuni settori chiave dell’economia, dalle infrastrutture, alla salute, passando per l’educazione.

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