“Né Macron, né Le Pen”, lo slogan della sinistra radicale che ostacola Macron

La vittoria di Macron ha un valore immenso per la sostenibilità dell’Unione europea, ma si intravedono già nuove sfide all'orizzonte: la sinistra radicale e la tradizione "anti-liberale" francese e l'intransigenza della Germania riguardo l'avanzo della bilancia commerciale tedesca

Natalie Nougayrède, sul The Guardian, trattiene a stento l’entusiasmo e sottolinea che la vittoria di Macron ha un valore immenso per la sostenibilità dell’Unione europea. Nougayrède evidenzia in primo luogo la campagna elettorale del candidato di En Marche!, condotta all’insegna di un’opposizione intransigente a quello che definisce un “bieco nazionalismo”. Nougayrède plaude alla scelta simbolica dell’Inno alla Gioia quale colonna sonora dell’ingresso di Macron sul palco del Louvre e sostiene che il successo del giovane politico francese lanci un segnale anche sul piano internazionale, a fronte della vittoria di Trump, oltreoceano, nel 2016. Eppure, secondo l’editorialista francese ci sono già nuove sfide all’orizzonte, a partire da una sinistra radicale che Nougayrède stessa critica per il suo slogan: “Né Macron, né Le Pen”.

Su tonalità diverse Timothy Garton Ash, il quale, al seguito del risultato delle elezioni, parla di un “bicchiere mezzo vuoto”. Se Macron rappresenta sicuramente un “prodotto brillante” dell’élite francese, Garton Ash invita a “non versare una goccia di Champagne”: per comprendere l’importanza dell’elezione francese per il futuro dell’Ue è necessario attendere il risultato del voto tedesco di settembre. Lo storico britannico sottolinea inoltre che il sistema elettorale francese favorisce i leader moderati e, soprattutto, nasconde la “realtà elettorale sottostante”. Secondo Garton Ash, “l’onda populista contro la globalizzazione, la liberalizzazione e l’europeismo gode ancora di slancio e sostegno popolare”. In altri termini, se Macron dovesse fallire nel suo intento riformatore – “diventando una sorta di ‘Renzi 2.0’”, la dinastia dei Le Pen avrebbe gioco facile al prossimo appuntamento elettorale, nel 2022.

Su Politico, Maia de la Blaume e Quentin Ariès lanciano un monito rivolto soprattutto ai sostenitori dello status quo istituzionale a Bruxelles: sebbene Emmanuel Macron abbia predicato il Vangelo dell’europeismo, il neo-eletto Presidente francese ha intenzione di riformare in maniera significativa le istituzioni europee. Certi, da un lato, Macron ha promesso riforme del lavoro incisive e un freno alla spesa pubblica francese. Ma, il neo eletto Presidente ha anche espresso un’opinione favorevole nei confronti di un alleggerimento del debito greco – un punto sul quale dovrà scontrarsi verosimilmente con i governi del nord Europa. De la Blaume e Ariès parlano già di un potenziale scontro tra Germania e Francia anche alla luce delle posizioni di Macron sul noto surplus commerciale tedesco. Infine, il leader di EnMarche! ha fatto intendere di non essere disposto a chiudere un occhio sulle irregolarità del social dumping e sul mancato rispetto dello Stato di diritto. E per Polonia e Ungheria è meglio far orecchie da mercante.

Paul Taylor mette in guardia Emmanuel Macron: la Francia gode di una nota tradizione “anti-liberale”, a partire dagli eventi del lontano 1978. Macron avrà bisogno, come minimo, di una maggioranza parlamentare per poter convertire in realtà i proprio piani politici. Taylor si sofferma sul 40% dei voti andati a forze anti-globalizzazione durante il primo turno delle Presidenziali, sottolineando che molti elettori non condividono la visione di Macron

E non sarebbe soltanto Angela Merkel l’ostacolo sulla strada di Macron per riformare l’Ue. Anche Martin Schulz non si è detto disposto a rivedere l’avanzo della bilancia commerciale tedesca. Lo scrive Janosch Delcker che cita direttamente il candidato del Partito socialdemocratico tedesco (SPD), in seguito al successo elettorale di En Marche! di domenica scorsa: “Non dobbiamo sentirci in colpa per il nostro successo. Il nostro export è il risultato del buon lavoro condotto a casa nostra”. Non è difficile notare che la popolazione tedesca sia generalmente a favore del progetto di integrazione europea, a patto che non sia necessario contribuire più del dovuto alla causa. Una mentalità che cozza con la visione di Macron per l’Ue e l’Eurozona.

Paul Taylor mette in guardia Emmanuel Macron: la Francia gode di una nota tradizione “anti-liberale”, a partire dagli eventi del lontano 1978. Macron avrà bisogno, come minimo, di una maggioranza parlamentare per poter convertire in realtà i proprio piani politici. Taylor si sofferma sul 40% dei voti andati a forze anti-globalizzazione durante il primo turno delle Presidenziali, sottolineando che molti elettori non condividono la visione di Macron. Infine, Taylor cita Alexis de Tocqueville: “I francesi hanno notoriamente un talento maggiore per le rivoluzioni, che per il riformismo”. Come dire, c’è da giurare che, dopo le Legislative di giugno, Macron dovrà affrontare un terzo turno: quello delle proteste di piazza.

Su EUROPP, Marta Lorimer pone l’attenzione sulle elezioni parlamentari del prossimo giugno. En Marche! avrebbe bisogno di 289 seggi per garantire una maggioranza stabile al neo eletto Presidente. Ma al momento, specifica Lorimer, il movimento di Macron dispone di soli 14 candidati. In secondo luogo, in occasione del voto legislativo, il leader di En Marche! non potrà sfruttare l’artificio del “fronte repubblicano” per aggiudicarsi una maggioranza di consensi.

Alexandros Alexandropoulos sostiene invece che, nonostante la vittoria di Macron – o forse proprio a causa di quest’ultima – il futuro della Francia sarà contraddistinto da difficoltà economiche e da una profonda crisi, a livello sociale. Alexandropoulos si dice certo che, a costo di mantenere il Paese nell’Eurozona, Macron non si farà scrupoli ad implementare un piano di austerity radicale. Se c’è un settore dell’economia candidato a subire in primis le conseguenze di un approccio simile, si tratta sicuramente dello stato sociale francese.

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