L’ex presidente Usa a MilanoObama colpisce ancora: è lui il leader degli anti Trump

A Milano emerge il nuovo ruolo di Barack Obama e il suo impegno ombra contro l’amministrazione Trump. L’ex presidente Usa si fa portavoce del fronte contro i populismi e guida chi non accetta le sconfitte del 2016: da Blair allo stesso Renzi

Andreas SOLARO / AFP

I rischi dell’automazione sul lavoro, il futuro in mano ai giovani, i cambiamenti climatici. C’è tutta la filosofia anti-Trump nel discorso che l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto a Milano nel corso del summit Seed&Chips. Anche quando evita di citarlo. Uno speech da guru, ora che non è più l’inquilino della Casa Bianca, che guarda al futuro e al suo impegno ombra contro l’amministrazione di The Donald. Quando il suo amico chef Sam Kass gli chiede cosa fa di un uomo un buon leader, lui risponde: «Dare potere alle persone intorno a lui, dare voce a chi non ne ha». I giovani in primis, dice, che «batteranno i populismi». E il trumpismo, appunto.

Dopo aver registrato un video in cui appoggia Emmanuel Macron contro Marine Le Pen, Obama si fa ormai portavoce del fronte contro i populismi, di quelli che nel 2016 sono stati sconfitti e che non accettano il mondo uscito dall’accoppiata Brexit-Trump. Un fronte che ha visto altri leader battuti lo scorso anno tornare alla ribalta. Due su tutti: Tony Blair, che nelle scorse settimane ha annunciato di essere “quasi motivato a tornare” alla politica attiva, spinto dalle posizioni “irrazionali” dei custodi della Brexit. E lo stesso Matteo Renzi, citato numerose volte dallo stesso Obama, tornato segretario del Pd dopo la batosta del referendum di dicembre.

Eric Schultz, senior adviser di Obama, ha fatto notare che l’ex presidente non parla a caso. «Vuole che facciamo spazio alla prossima generazione di leader» nell’era di Trump, ha detto. Dentro e fuori gli States. Ma in alcuni casi è meglio rinsaldare le vecchie amicizie. Alla fine del mese, lo vedremo accanto alla cancelliera tedesca Angela Merkel, proprio mentre lo stesso Trump sarà in visita in Europa.

«Quando le persone mi dicono che è colpa dei politici, io dico che abbiamo i politici che ci meritiamo. Se non andiamo a votare, se non ci impegniamo nella vita pubblica, questo è quello che capita», ha detto Obama a Milano.

Obama si fa ormai portavoce del fronte contro i populismi, di quelli che nel 2016 sono stati sconfitti e che non accettano la cancellazione di quanto era stato costruito nel decennio precedente

A introdurre l’ex presidente americano sul palco della Fiera di Milano è la 18enne Morgan. Obama si presenta senza cravatta e con il primo bottone della camicia sbottonato. «Sono i giovani», dice parlando con Sam Kass, «che mi danno la speranza che le cose potranno andare meglio. Ho sempre incontrato i giovani, il problema è che i giovani spesso non sono ascoltati. Con Matteo [Renzi] e molti altri stiamo cercando di capire come creare un grande network che dia spazio ai giovani nella politica, nelle innovazioni, nel giornalismo, in tutti i campi». È questo, dice, «quello in cui voglio impegnarmi per i prossimi dieci anni. Portare i giovani al livello successivo».

Obama cita più volte Renzi, sottolinea la loro amicizia. Di sicuro il suo è un grande endorsement al segretario del Partito democratico, alla ricerca di appoggi sulla scena politica dopo la sconfitta referendaria. E chi meglio del carismatico Obama può farlo.

Soprattutto quando prende a discutere dei rischi del cambiamento climatico e di cibo del futuro. Se Trump poco dopo l’elezione ha parlato di «ambientalismo fuori controllo», cambiando rotta sulla strada delle fonti fossili e del carbone, e ha cancellato gran parte delle iniziative di Michelle contro l’obesità, Obama traccia un’altra strada. Come già aveva scritto in un articolo su Science, sostiene che il percorso verso un’economia basata sulle fonti rinnovabili è irreversibile. Insomma non si può cambiare rotta, qualunque siano le leggi che si fanno a Washington. «Sono fiducioso che gli Stati Uniti continueranno a muoversi nella giusta direzione», dice. «Il settore privato lo sta già facendo. E si è accorto che è anche conveniente dal punto di vista economico». E cita Martin Luther King: «Non si deve mai dire che “è troppo tardi”, ma sui cambiamenti climatici ci siamo vicini. Se però siamo coraggiosi, allora agiremo e non sarà troppo tardi e potremo lasciarci dietro un mondo degno dei nostri bambini».

«Dobbiamo pensare a un tempo tra 20 o 30 anni da ora quando le tecnologie elimineranno interi settori dell’economia. Dobbiamo evitare che ci sia chi faccia enormi guadagni lavorando 80 ore a settimana e invece chi ha difficoltà a sostenere la propria famiglia. Questo non è un meccanismo sostenibile per la democrazia»

L’Obama nel ruolo del leader lungimirante che traccia la strada agli altri parla anche molto di tecnologia. Anche questa è una presa di distanza da Trump, che durante tutta la campagna elettorale aveva legato la perdita di posti di lavoro alle delocalizzazioni. È anche il passaggio più autocritico dell’ex presidente, che non esita a evocare scenari catastrofici: «Uno dei miei obiettivi come obiettivi, come di tutti i leader, è pensare a un tempo tra 20 o 30 anni da ora quando le tecnologie elimineranno interi settori dell’economia». Cita le auto senza pilota: «Saranno pulite, sicure, economiche. Ma ci sono 3-4 milioni di persone che si guadagnano da vivere solo guidando. Dove potrebbero lavorare senza che ci sia il mestiere da camionista? Dobbiamo anticipare ora queste risposte». La chiamata è a «prepararci a una società e a fare in modo che le oppurtunità siano diffuse e ognuno abbia la chance per portare avanti la propria vita. Dobbiamo evitare che ci sia chi faccia enormi guadagni lavorando 80 ore a settimana e invece chi ha difficoltà a sostenere la propria famiglia. Questo non è un meccanismo sostenibile per la democrazia».

Tutto questo, secondo Obama, ha molto a che fare, come il climate change, con gli equilibri economici mondiali e perfino con la ricurezza. «La tecnologia nel mondo sta creando in molti settori dell’economia alta intensità di capitale e meno richiesta di mano d’opera, e tutto questo diventerà un problema nel mondo avanzato – ha detto -. È una delle cose che mi preoccupa di più. In molti Paesi del Medio Oriente e del Sud Est asiatico il lavoro, la mancanza del lavoro, è una parte del problema che fomenta la radicalizzazione e il terrorismo. Se ci sono tanti giovani disoccupati, questa assenza di funzione si canalizzerà in modo malsano. Di questo ci dobbiamo preoccupare tutti».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter