Prima della grande crisi del 2008 era un fenomeno puramente marginale. L’Italia non è il Regno Unito e gli italiani non sentivano, come gli inglesi, la necessità di avere una seconda casa in Spagna dove passare i weekend grazie ai voli low cost. Poi, però, le cose sono cominciate a cambiare: c’è stata una fuga, silenziosa, dei pensionati, che si è accostata a quella più celebre dei cervelli in fuga. Questione di scelte di vita, di legami meno stretti con figli nel frattempo a loro volta emigrati o più semplicemente di necessità. Comprare casa a Santo Domingo costa meno di un bilocale a Baggio, Moncalieri o Baranzate e la vista è leggermente migliore. Il resto è tutta questione di trovare il modo di stipulare una buona assicurazione sanitaria.
Bastano un paio di percentuali per far capire quanto profondo sia il cambiamento avvenuto nell’ultimo decennio: nel 2005 le case comprate all’estero erano il 2,18% del totale delle transazioni. Nel 2014 la percentuale è salita al 10,86 per cento. C’entra in tutto questo, ovviamente, anche il calo drastico che è avvenuto nelle compravendite in Italia, letteralmente dimezzate. Ma c‘entra anche l’impennata degli acquisti all’estero, quasi triplicati rispetto al 2015: erano 18mila, sono arrivati a 45mila nel 2014 (lo mostrano i dati di Scenari immobiliari e Agenzia delle Entrate qui sotto).
Le ragioni della fuga dei pensionati? Questione di scelte di vita o più semplicemente di necessità. Comprare casa a Santo Domingo costa meno di un bilocale a Baggio, Moncalieri o Baranzate e la vista è leggermente migliore
Che cos’è successo? Secondo Gianluca Santacatterina, amministratore delegato di Luxury & Tourism Ltd, società che intermedia gli acquisti di immobili degli italiani all’estero, ci sono tre attori che stanno determinando la tendenza. Ci sono i piccoli investitori italiani, legati al mattone per tradizione ma insoddisfatti dei rendimenti del mercato italiano. Ci sono gli investitori maggiori che, secondo Santacatterina, possono puntare a un rendimento doppio rispetto a quello ottenibile in Italia. Questo sia per tassazioni minori sia perché chi compra per investimento «cerca destinazioni che hanno una locabilità di 12 mesi all’anno, come le Canarie e la Repubblica Dominicana».
Verso questi luoghi va però anche la terza categoria di persone, quella dei “pensionati in fuga”. La definizione, e il paragone con i cervelli in fuga, vengono niente meno che dall’Inps, che alla fine del 2015 mise un faro sul fenomeno nel suo studio “World Wide Inps“. Venne fuori che l’Inps nel 2014 erogava all’estero 385mila trattamenti pensionistici, per più di un miliardo di euro in oltre 150 Stati. I dati del 2015, non disaggregati, parlano di una cifra nel frattempo salita a 406mila trattamenti. Dentro questi numeri c’è di tutto: l’emigrante italiano per lavoro (il fenomeno più storico), lo straniero immigrato che ha lavorato in Italia ed è tornato nel Paese di origine o, più in generale, il lavoratore che si muove in un mercato del lavoro globale. Quello che qui conta conoscere è il fenomeno dei “pensionati emigrati”.
Spiega l’instituto di previdenza sociale che, «benché si tratti di un fenomeno di portata ancora limitata in termini assoluti, negli ultimi anni un numero sempre crescente di pensionati si trasferisce in Paesi in cui, pur in presenza di un livello sufficiente di servizi sociali, in particolari sanitari, il costo della vita è più basso di quanto avviene in Italia e il peso del fisco incide in misura inferiore sulle pensioni». La “fuga dei pensionati” ha quindi motivazioni personali, ragioni economiche e si lega ad aspettative su una diversa qualità della vita. Tra chi esce dall’Italia, ovviamente, ci sono anche gli stranieri che dopo la pensione decidono di tornare nel Paese natio (d’altra parte da Baggio, Moncalieri e Baranzate intere generazioni di operai immigrati dal Sud sono tornate a vivere nei Paesi nativi, mare o campagna che fossero).
In totale sono espatriati, negli ultimi cinque anni, 16.420 pensionati, 5.345 nel solo 2014. In termini di importi pagati, considerando solo la gestione privata, siamo passati dai 10 milioni del 2010 ai 91 milioni del 2014.
Lo dice anche l’Inps: «negli ultimi anni un numero sempre crescente di pensionati si trasferisce in Paesi in cui, pur in presenza di un livello sufficiente di servizi sociali, in particolari sanitari, il costo della vita è più basso di quanto avviene in Italia e il peso del fisco incide in misura inferiore sulle pensioni»
Il trend, per quanto marginale, spinse lo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri, a dirsene preoccupato, per più motivi. Primo, perché «questo fenomeno erode la base imponibile. Molti pensionati ottengono l’esenzione dalla tassazione diretta e non consumano in Italia (con effetti quindi anche sulla tassazione indiretta). Il fenomeno non è compensato da flussi in ingresso di pensionati Inps che rientrano». Secondo, e meno intuitivo, perché l’Italia è uno dei pochi Paesi a riconoscere la portabilità extra-Ue della parte non-contributiva delle pensioni. Il famoso “retributivo” che i giovani possono solo rimpiangere serve quindi anche sovvenzionare questi trasferimenti. Da qui due domande: «Perché non smettere di pagare prestazioni non contributive all’estero?» e «Perché non investire in servizi per gli anziani (ad es. HCP), al fine di ridurre la fuga dei pensionati ed attrarre pensionati dall’estero?», si chiedeva il presidente dell’Inps.
Ma dove vanno questi pensionati in fuga? Chi avesse in mente emigrazioni di massa ai Caraibi sarebbe fuori strada. Il 71% dei pensionati emigrati negli ultimi cinque anni si è trasferito in altri Paesi europei, il 10% in America settentrionale e il 6% in America meridionale.
Però, raffrontando il 2014 al 2010, le percentuali di incremento maggiore si registrano in Oceania (+257%), Africa (+163%) ed America Centrale (+114%). Guardando i dettagli si capisce qualcosa di più. In Europa, per esempio, grandi incrementi ci sono stati nei Paesi classici dell’emigrazione, come la Germania e il Belgio (stiamo quindi parlando di persone che si erano già trasferite e che ora percepiscono parte della pensione dall’Italia). Ma forte è anche la crescita di Paesi come la Spagna, dove i numeri – pur minuscoli – sono più che raddoppiati negli ultimi anni. Forte crescita c’è stata anche per gli spostamenti verso Usa e Canada e, con numeri più piccoli, verso Repubblica Dominicana e Cuba. Un caso a sé è l’Austrialia, dove i 39 pensionati emigrati nel 2011 erano diventati 209 nel 2014.Dove vanno questi pensionati in fuga? Il grosso si è trasferito in altri Paesi europei. Però, raffrontando il 2014 al 2010, le percentuali di incremento maggiore si registrano in Oceania (+257%), Africa (+163%) ed America Centrale (+114%)
Secondo Gianluca Santacatterina molti di questi trasferimenti sono “per necessità”. «Comprare casa nella Repubblica Dominicana può costare anche solo 50mila euro. Chi compra considera anche che per tutto l’anno non avrà bisogno di pagare le spese di riscaldamento». Chi si sposta, nell’esperienza del consulente immobiliare, «lo fa preferibilmente dove c’è caldo sempre». Non tutto però è semplice. Da considerare ci sono le spese per l’assistenza sanitaria («È la seconda domanda che i clienti fanno, dopo quella sul costo della casa”, dice Santacatterina). E c’è il rischio di cambio. Quando si acquista in valuta locale, in pochi anni quello che poteva sembrare un affarone può diventare un bidone se la moneta locale si svaluta.