Roma è un cadavere in putrefazione, amala oppure vattene

Auto in quinta fila. Traffico bloccato. Molestatori. Gente vestita male. Abbandono. Puzza. Roma è l'oggetto perfetto per le retoriche della decadenza, e per i romantici e nostalgici. Non è una questione politica, è solo morta tempo fa. Ed è ora di dirselo

Auto parcheggiate male, in seconda, terza, quarta fila. Chissà a che fila potremmo arrivare: guida alla comprensione pratica della geometria non euclidea. Volanti impazziti, sinfonia di clacson e insulti, traffico. Tutto bloccato. Magari, però, nell’attesa, hai il tempo di ascoltare l’ultimo di Fibra o l’oroscopo di Fox. Tram che non arrivano mai e allora la gente si mette a chiacchierare, socializza o sbraita, legge, guarda pensosa l’orizzonte. Lavori della metro che non finiscono, ma potrebbero trovare la nuova Atlantide qui sotto. Scritte sui vagoni e muri imbrattati? Non sia mai. Blu a Ostiense va bene però, quella è street art. Turisti che balneano nelle fontane romane? Non sia mai. Anita Ekberg andava bene però, non aveva la panza e non portava una canottiera bianca. Eppoi era Fellini. E quando si nomina Fellini a Roma cala il silenzio. In qualsiasi discussione. “Ti sei messa troppo trucco sugli occhi”. “Tutte le donne di Fellini erano truccate così”. Un minuto di silenzio.

Che scempio. Marciapiedi rotti. Erbacce ovunque. Posti abbandonati. Orologi fermi. Sorci che mordono donzelle. Corvi che mangiano i sorci. Gabbiani che mangiano i corvi. Ragazzini che tirano pallonate ai gabbiani

Dai muratori ai centurioni. Molestatori. Gli uomini ti urlano zozzerie per strada. Che modi. Meglio quelli che si guardano i piedi cercando di schivare la folla a spallate, o quelli che sono impegnati a controllare l’iPhone collegato all’iPad collegato all’orologio contapassi. Posti loschi dove andare la sera, nessuno mai abbastanza cool, mai nemmeno alla moda underground, mai nemmeno alla moda underground dell’underground. A Roma la gente è sempre vestita male, stonata. Sempre quell’aria di decadenza che si respira, di muffa. Che puzza. “Roma è decadente”. È un’altra delle affermazioni solite che si fanno sulla città eterna per farla sembrare una macchietta. Lo dicono i romantici pensando alla luce dorata che filtra al tramonto attraverso la vegetazione vagabonda e i pratici pensando “che palle”. Tanto ‘sta gente malvestita non ci arriva nemmeno alle feste.

Nessuno è mai puntuale. Il quarto d’ora accademico, comodità d’élite, a Roma diventa regola universale. Musei tristi, antichi, scassati. Ma a Roma esci e sei in mezzo alla cultura. Non serve farla. Basta guardare, girare, perdersi. I ragazzini giocano a pallone per strada. Che scempio. Marciapiedi rotti. Erbacce ovunque. Posti abbandonati. Orologi fermi. Sorci che mordono donzelle. Corvi che mangiano i sorci. Gabbiani che mangiano i corvi. Ragazzini che tirano pallonate ai gabbiani. Poi c’è la fine del mondo. A Roma sembra costantemente vicina. Alberi che cadono (!). Asfalto che si scioglie o crolla (!!). Buche. Crateri. Fori. E pure i gatti che zampettano sui Fori sporcano. Puzzano. Ma quanto sono belli i gatti che prendono il sole su pezzi di colonne doriche. Sono belli solo lì. Randagi e fermi, diventano statue pure loro. Venditori abusivi peggio dei gatti, dei sorci e dei corvi. Vendono di tutto, poggiati sulle rovine. Borse. Cappelli. Santini. Fiori. Rose. Rose. Rose.

Ai piedi di busti levigati cumuli di spazzatura fradicia, contesa da stormi di gabbiani formato King Kong. Monnezza e gabbiani. Monnezza e piante selvatiche. Monnezza e corvi. Monnezza e sorci. Monnezza e puzza

Ma la star dei lamentosi è la monnezza. Ai piedi di busti levigati cumuli di spazzatura fradicia, contesa da stormi di gabbiani formato King Kong. Monnezza e gabbiani. Monnezza e piante selvatiche. Monnezza e corvi. Monnezza e sorci. Monnezza e puzza. La retorica del degrado sta travolgendo Roma. Tanto che vi aspettate l’ennesimo articolo contro la Roma sbracata, marcia, lenta. Un altro “Roma fa schifo” con i suoi 107.000 follower su Twitter e i suoi post tutti uguali. O un “Make Roma Milano again” + “Roma è bellissima ma quanto è sporca / Roma è bellissima ma quanto è disorganizzata / Roma è bellissima ma i romani / Roma è bellissima ma a Milano si vive meglio”. Invece no. Roma non è Milano come i Sex Pistols non sono Tenco. È bello essere diversi, o no?
Roma è bellezza sfrenata, che fa paura, Milano è bellezza controllata -hanno piantato palme per darsi arie romane, losangeline, ma niente, le palme sono tutte ordinate una dopo l’altra, le guardi e non esce nemmeno un sospiro.

Mentre Milano era una palude nebbiosa piena di zanzare Roma dominava il mondo. Milano sta ancora scalando la vetta. Roma ha segnato il picco massimo raggiungibile secoli fa. Dopo lo splendore attivo è giusto che si rilassi sorniona. Il massimo della forma è questa: calma, lentezza esasperata, inattività da pennica meridiana. Roma non è decadente, è decaduta. È nella terza e ultima fase (eterna) delle città ed è perfetta. Così. Com’è. Prima ci si stabilisce e si inizia a sistemare la situazione. Poi c’è l’espansione -attività, muscoli e tecnica (la fase in cui adesso è impegnata Milano). Poi c’è la terza fase. Quando sei arrivato al culmine e puoi solo morire, come hanno fatto Cartagine e Babilonia.

La coscienza della decadenza e della morte in ogni momento può risultare sgradevole ma la cura anfetaminica della città come dell’organismo (dieta, vestiti, sport, parchi-divertimento) non fa parte del DNA romano. Basta accettarlo, o trasferirsi

E Roma sta morendo benissimo. Con stile. Se puzza un po’ è solo perché la putrefazione ha i suoi effetti. I turisti dovrebbero prendersi una vacanza dalle loro vite organizzate al dettaglio e venire ad ammirare non l’efficienza dei trasporti o la pulizia sfrenata, ma proprio questo rilassamento. Ok, la coscienza della decadenza e della morte in ogni momento può risultare sgradevole ma la cura anfetaminica della città come dell’organismo (dieta, vestiti, sport, parchi-divertimento) non fa parte del DNA romano. Basta accettarlo, o trasferirsi. Già se ne sono andati i giornali, adesso pure i Tg. L’ideale sarebbe lo spopolamento. Pochi. Meditativi. Sonnacchiosi e goderecci. Resterebbero solo quelli che maledicono i lavori di restauro di certe facciate che prima erano grigiogotiche e ora sono solo color salmone, quelli che si struggono per cameriere sdentate che ti danno il latte fresco in certi bar, quelli che si commuovono per posti anonimi che a Milano sono solo posti anonimi mentre a Roma con un capitello fiorato affianco diventano posti stranianti, teatrali. Se a Giorgio Agamben piace vivere a Venezia perché è una città spettrale, a qualcuno potrà piacere vivere a Roma, città morente. Paolo Sorrentino è uno di questi. In un’intervista confessò che Roma è il posto migliore del mondo in cui vivere perché è una straordinaria città morta duemila anni fa. Un cadavere. Miracoloso.

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