Tagliato il finanziamento pubblico, per i partiti è iniziata la campagna più difficile

La politica alla prova del 2 per mille. La sopravvivenza passa dalla generosità dei contribuenti, ma lo scorso anno sono stati raccolti solo 11 milioni di euro. Nonostante il clima da «caccia alle streghe», i partiti si ingegnano per fare cassa. E i radicali restano esclusi dai benefici

È iniziata la campagna elettorale più difficile. In palio c’è la sopravvivenza dei nostri partiti. Finita l’epoca dei finanziamenti pubblici, il futuro della politica è legato alla generosità degli italiani. Si punta tutto sul 2 per mille, il principale aiuto economico rimasto dopo il taglio dei rimborsi elettorali. I precedenti non sono particolarmente incoraggianti. Stando alle ultime dichiarazioni dei redditi, lo scorso anno i donatori sono stati 970mila. Un po’ pochi, circa il 2,5 per cento di tutti i contribuenti. In totale sono stati distribuiti poco più di 11 milioni di euro.

Adesso le difficoltà economiche impongono un cambio di passo. Il Pd sembra avvantaggiato. Grazie a strutture territoriali ben radicate, nel 2016 il partito di Renzi ha raccolto, da solo, la metà di tutti i contributi relativi al 2 per mille. Circa sei milioni e mezzo di euro. Al secondo posto la Lega Nord, con 1,4 milioni. Stavolta il merito del risultato va, in buona parte, al tesoriere del partito. Si chiama Giulio Centemero, un commercialista formato alla PriceWaterhouseCoopers. Ha preso in mano i bilanci del Carroccio due anni e mezzo fa. Non è un politico, come ci tiene a specificare, ma un semplice tesserato. «Sono arrivato con un approccio tecnico – racconta – ho vissuto questa sfida come una ristrutturazione aziendale». Studioso di fundraising, Centemero rivela il segreto dell’operazione: «Il nostro punto di forza sono i militanti. Possiamo contare sulla fidelizzazione del nostro elettorato». È un aspetto fondamentale della questione. Raccogliere fondi è soprattutto un progetto di partecipazione. Dal coinvolgimento personale passa anche la donazione del 2 per mille.

Sulla pagina internet del Carroccio non è difficile imbattersi nell’apposito banner. Salvini, sorridente e con il dito puntato, chiede un aiuto ai contribuenti italiani. In tempi di crisi lo slogan sembra efficace: “Donare il 2 per mille alla Lega non costa niente”. Del resto «è una quota dell’Irpef che sarebbe già destinata allo Stato». Una quota, come spiegano tutti i partiti interessati, che non è alternativa al 5 o all’8 per mille. L’obiettivo del tesoriere leghista è raccogliere qualcosa in più rispetto allo scorso anno: «Se arriviamo a 1,8 milioni siamo contenti». Ovviamente questa non è l’unica forma di finanziamento del partito. Altri fondi arrivano dal tesseramento (gli iscritti sono circa 50mila). E poi ci sono le erogazioni liberali da parte di simpatizzanti e aziende. A cui si aggiungono i contributi volontari degli eletti, che in media versano al partito 3mila euro al mese. Intanto si studiano altre possibilità: «Stiamo pianificando una nuova strategia – continua Centemero – vogliamo lanciare un modello di crowdfunding per finanziare singoli progetti politici». La formula è semplice: prendere poco da tanti.

Lo scorso anno il Pd ha raccolto, da solo, la metà di tutti i contributi relativi al 2 per mille. Circa sei milioni e mezzo di euro. Al secondo posto la Lega Nord, con 1,4 milioni. «Il nostro punto di forza sono i militanti – racconta il tesoriere del Carroccio- Possiamo contare sulla fidelizzazione del nostro elettorato». È un aspetto fondamentale della questione, come sanno gli esperti di fundraising politico

Finora Forza Italia ha avuto qualche difficoltà. Lo scorso anno il partito di Berlusconi ha raccolto con il sistema del 2 per mille solo 615mila euro. Stavolta si cambia. La macchina forzista ha avviato una imponente campagna di comunicazione sul web. «È vero, siamo sul pezzo» racconta sorridendo il deputato Antonio Palmieri, responsabile internet. L’iniziativa è partita il 25 aprile, «nel prossimo mese sarà un crescendo». Sul sito del partito e sui social network c’è una produzione continua di materiale che ogni simpatizzante può diffondere in Rete. Volantini in pdf, immagini da postare su Facebook. Infografiche politiche si alternano a slogan più ironici: “Meglio il tuo 2 per mille oggi che un governo grillino domani”. È una campagna a tappeto, preparata con cura e abilità. Ancora una volta, spiegano i responsabili, la capacità di raccogliere finanziamenti passa dal coinvolgimento dell’elettore. Nel materiale proposto c’è un piccolo vademecum che spiega in dieci punti come e perché donare parte del proprio Irpef a Forza Italia. Si chiarisce, ad esempio, perché la nuova normativa non permette più al Cavaliere di finanziare personalmente il partito. Il decalogo è stato preparato utilizzando i commenti, gli spunti – e anche le critiche – lasciate dagli elettori sui canali social. «Ma il nostro obiettivo primario è promuovere lo strumento del 2 per mille – racconta Palmieri – Tante persone non sanno neppure che esiste questa possibilità, oppure la confondono con il 5 per mille».

Sullo sfondo restano le difficoltà di un sistema in crisi. Fare politica senza soldi è impossibile, eppure in Italia non tutti sembrano rendersene conto. «Si sono voluti inseguire a tutti i costi i Cinque Stelle, negli ultimi anni la politica ha subìto un bombardamento mediatico quotidiano, anche da parte dei grandi giornali – continua il deputato di Forza Italia – E così oggi è difficile spiegare alla gente che i partiti hanno bisogno di fondi». C’è anche una questione culturale. Il nostro Paese non è abituato ai finanziamenti privati alla politica, come invece avviene negli Stati Uniti. Un esempio? È stato calcolato che nel 2014 i partiti italiani hanno raccolto donazioni per circa 20 milioni di euro. Nel frattempo gli ultimi candidati alla Casa Bianca hanno ricevuto oltre un miliardo e mezzo di dollari. «Noi facciamo quello che possiamo» allarga le braccia Marco Marsilio, tesoriere di Fratelli d’Italia. Lo scorso anno il 2 per mille ha portato nelle casse del partito di Giorgia Meloni poco più di 500 mila euro. Anche qui, come nei casi precedenti, gli eletti partecipano economicamente alla causa. Alla fine del mese ogni parlamentare versa tra i 2 e i 3mila euro. «Il problema è che le erogazioni liberali sono quasi azzerate» si lamenta Marsilio. È lo stesso clima di discredito e sfiducia che raccontava Palmieri. «Un partito a costo zero non esiste, è una bufala – insiste il tesoriere di FdI – O finisce questa caccia alle streghe e si decide come in un sistema democratico si possono sostenere partiti popolari, oppure farà politica solo chi ha soldi e visibilità».

Sullo sfondo restano le difficoltà di un sistema in crisi. Fare politica senza soldi è impossibile, eppure in Italia non tutti sembrano rendersene conto. Ma c’è anche un tema culturale. Il Paese non è abituato ai finanziamenti privati alla politica, come invece avviene negli Stati Uniti. Un esempio? È stato calcolato che nel 2014 i partiti italiani hanno raccolto donazioni per circa 20 milioni di euro. Nel frattempo gli ultimi candidati alla Casa Bianca hanno ricevuto oltre un miliardo e mezzo di dollari.

E poi ci sono quelli che al 2 per mille non accedono, come nel caso del Movimento Cinque Stelle. Proprio ieri il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi è stato convocato in audizione presso la commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. Da tempo, infatti, il suo movimento ha chiesto di poter essere iscritto al registro nazionale dei partiti ammessi ai benefici introdotti dall’abolizione dei finanziamenti pubblici (a partire proprio dal 2 per mille). «Probabilmente vedremo rifiutata la nostra richiesta» racconta. Il motivo? Tra le condizioni necessarie per essere iscritti, i partiti devono dimostrare di essersi presentati con il proprio simbolo alle recenti elezioni. Cosa che Radicali Italiani non ha fatto. «E questo anche se negli anni abbiamo raccolto milioni di firme». Attraverso la domanda di iscrizione Magi vuole sollevare la questione. La vicenda è obiettivamente strana. Nessun dubbio che i Radicali siano una realtà politica importante. Nel 2016 il movimento ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione della cannabis. Nel 2013, insieme all’associazione Luca Coscioni, ha presentato un’altra proposta di legge su eutanasia e testamento biologico. Attualmente Radicali italiani sta raccogliendo le firme per un’iniziativa legislativa in tema di immigrazione, per superare la Bossi-Fini. A Roma, per dirne un’altra, è in corso una raccolta di sottoscrizioni in vista di un referendum cittadino per mettere a gara i servizi di trasporto pubblico locale (tema di valenza nazionale, peraltro). Eppure al partito di Magi non viene riconosciuta l’agibilità politica. «In tanti ci chiamano per sapere come possono donarci il 2 per mille, ma non possono». Per ora l’unica forma di finanziamento arriva dalle iscrizioni. Se la tessera di un partito costa in media 20-30 euro, quella di Radicali Italiani arriva a 200 euro. «Questo ci permette di tenere in vita una struttura leggera, quasi trasparente» scherza il segretario. Ma Magi non si arrende. «Attendiamo la risposta della commissione. Se arriverà un rifiuto, come temiamo, impugneremo la decisione al Tar». L’obiettivo finale è quello di sollevare una questione di legittimità costituzionale di fronte alla Consulta.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter