Andrea Mazziotti: “Niente scorciatoie, si vota nel 2018”

Niente decreto per andare a votare subito. Per il presidente della commissione Affari costituzionali, rotto il patto tra Pd, Cinquestelle, e Forza Italia, l'unica via è fare una nuova legge elettorale, e votare a fine legislatura

Salta la legge elettorale, addio al modello tedesco. Alla Camera l’accordo tra Partito democratico, Forza Italia, Cinque Stelle e Lega dura poco. Per scatenare il caos basta un voto segreto su un emendamento minore. La spuntano i franchi tiratori. E così, mentre dem e grillini si accusano a vicenda di aver sabotato l’intesa, il provvedimento torna in commissione. Per molti, è la fine del percorso condiviso. “La legge elettorale è morta, l’hanno uccisa i Cinque Stelle”, dice il relatore Emanuele Fiano (Pd). Intanto si torna al punto di partenza. Ancora una volta. Per chi si occupa della materia la situazione rischia di diventare frustrante. “Adesso bisogna ripartire” racconta il presidente della commissione Affari costituzionali Andrea Mazziotti, esponente di Civici e Innovatori. Nessun decreto del governo, nessun voto anticipato. “La legislatura finisce a marzo. Abbiamo il dovere di fare una legge”.

Presidente, dopo la giornata di oggi anche questa legge elettorale è definitivamente archiviata?
Martedì avremo un ufficio di presidenza in commissione e vedremo come procedere. Onestamente non so se sarà possibile ripartire da questo testo, mi sembra difficile. Penso che Partito democratico e Forza Italia dovranno cercare altri voti, l’intesa con i Cinque Stelle ormai è definitivamente tramontata.

Si sapeva che l’accordo tra grillini, Pd e Forza Italia era delicato. Ma era difficile immaginare che l’incidente sarebbe arrivato così presto. Al primo voto a scrutinio segreto della giornata…
In realtà c’erano sentori che la situazione non fosse particolarmente rilassata. E le distanze non riguardavano solo preferenze e voto disgiunto. Sul tema oggetto dell’emendamento (l’estensione del sistema proporzionale anche nei collegi del Trentino Alto Adige, ndr) avevo già detto che poteva succedere uno scontro.

Adesso che succede?
Si torna in commissione e si riparte. Tempo fa avevo presentato un testo base che prevedeva l’estensione dell’Italicum anche al Senato. Inizialmente il Pd aveva appoggiato questa ipotesi, salvo poi virare sul Rosatellum: un progetto che ha avuto vita brevissima. Poi è nato l’accordo con Forza Italia, Lega e Cinque Stelle. Mi ha colpito l’accelerazione pazzesca che a quel punto è stata impressa ai lavori. Questo ha dato la forte percezione che ci fosse un’intesa non solo sulla legge elettorale ma anche sull’ipotesi di andare al voto anticipato. Il risultato? In Aula molti hanno votato contro questo provvedimento, solo perché erano contrari alla chiusura anticipata della legislatura.

E così hanno vinto i franchi tiratori, ancora una volta. La legislatura si era aperta con i 101 misteriosi accoltellatori di Prodi al Quirinale, e rischia di chiudersi così…
I franchi tiratori ci sono e ci saranno sempre.

Dica la verità, lei ha mai creduto a un’intesa tra Renzi, Berlusconi e Beppe Grillo? Non era difficile immaginare come sarebbe finita…
Quando si parla di legge elettorale, il coinvolgimento delle opposizioni non è mai un male, anzi. Il problema, semmai, è che alcuni distinguo davano già l’idea di una maggioranza poco solida. Trovo strano, ad esempio, che i quattro gruppi che hanno dato vita all’intesa non si fossero messi d’accordo per ritirare i loro emendamenti in aula.

Adesso il voto anticipato si avvicina?
No, adesso il voto si deve allontanare. Io sono sempre stato contrario. E’ importante arrivare a fine legislatura, c’è ancora molto da fare. Lo dimostra Piazza Affari, che ha festeggiato quello che è successo oggi alla Camera. La legge elettorale va fatta, i numeri si possono trovare.

Lei è ottimista. Ma il capogruppo Pd Rosato adesso mette in dubbio persino l’esistenza di una maggioranza di governo.
Rosato può dire quello che vuole, chi ha rotto il fronte della maggioranza è stato il Pd. Ma una maggioranza di governo esiste ancora.

Tra le ipotesi di queste ore si parla di un decreto per armonizzare le sentenze della Corte costituzionale e tornare al voto il prima possibile.
Anche a voler ammettere la possibilità di un decreto – e non tutti i costituzionalisti sono concordi – per questo intervento servono i requisiti di urgenza. Che non ci sono. Oggi il governo è nel pieno delle sue funzioni. La legislatura finisce a marzo: un decreto non avrebbe senso.

Intanto il Parlamento deve arrendersi all’evidenza. Approvare una legge elettorale in grado di funzionare sembra una missione impossibile.
La prima legge approvata è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Oggi si chiude anche questo percorso. Certo, è frustrante. Ma questo è il nostro dovere: siamo qui per fare una legge elettorale come ci chiedono il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Se i partiti non ci riescono, come possono accusare i Cinque Stelle di inconcludenza?

Lo stop a questa legge elettorale fa calare il sipario anche sulla soglia di sbarramento al 5 per cento? Insomma, da stasera Angelino Alfano e i partiti minori possono festeggiare?
Questo non è detto. Un emendamento che innalza le soglie di sbarramento può essere presentato in qualsiasi momento. Certo, chi si opponeva a un’asticella significativamente alta oggi ha ottenuto un successo. Ma a me non ha mai scandalizzato il 5 per cento. Piuttosto sono sempre stato contrario a un sistema in cui, fin dall’inizio, si sa che non vince nessuno. Questa legge elettorale era una rinuncia a vincere. Per non rischiare di perdere, i quattro gruppi che hanno dato vita all’intesa avevano scelto di pareggiare. Ma per fare le riforme serve un governo coeso. Se ci si condanna alle grandi coalizioni, diventa difficile modernizzare il Paese.

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