Centrodestra, la ”reconquista” parte dal Nord

Alle Comunali è riemerso il vecchio asse Forza Italia-Lega, ma con rapporti di forza ribaltati. Berlusconi e Salvini sono complementari. Sfide decisive a Genova e in Lombardia. Ma, dice Aldo Bonomi, è sbagliato affermare che il loro successo sia dovuto alla paura

Uniti si può vincere. Slogan logoro nonché scontato. Ma il risultato del primo turno delle Comunali conferma che il centrodestra è tornato a essere competitivo proprio per questa ragione. Perché ha compattato le forze, staccando i destini locali dalle discussioni nazionali. E tornando a parlare al territorio. Tutti i ballottaggi vedranno fra due settimane una sfida diretta fra centrodestra e centrosinistra, con i 5 Stelle fuori gioco. In questo schema, Silvio Berlusconi resta il perno di un’alleanza larga ed equilibrata. Senza i voti di Matteo Salvini, però, quest’alleanza avrebbe poche chance di governo. Sembra, dunque, essere il destino a spingere i due verso un accordo. Ma sono anzitutto i numeri a rendere Berlusconi e Salvini complementari: la Lega è di fatto il primo partito della coalizione nelle principali città in cui si è votato domenica. Detta l’agenda, ma non è autosufficiente. E non sfonda al Sud. Ecco perché la rinascita del centrodestra si giocherà sul battleground più tradizionale. Il Nord.

Al Nord né il renzismo né il grillismo hanno sfondato in questa tornata elettorale, nonostante il Pd partisse col vantaggio dei numeri e il Movimento 5 Stelle coi favori della novità. Il test chiave è quello di Genova, dove il 15 giugno si confronteranno due modelli di alleanza speculari con le stesse ambizioni di governo. Genova è la città che ha incubato il patto del futuro centrodestra, con il governatore Giovanni Toti a fare da garante insieme ai due governatori leghisti del Nord, Roberto Maroni e Luca Zaia. Il candidato sindaco sostenuto anche da Fratelli d’Italia e alfaniani, Marco Bucci, è arrivato primo con il 38,8%. Il candidato del centrosinistra tradizionale, Giovanni Crivello, si è fermato al 33,39%. Fuori il grillino Luca Pirondini: 18,07% e due candidati ‘eretici’ contro. Al ballottaggio si consumerà insomma un pezzo di storia: per il centrodestra espugnare Genova sarebbe una svolta epocale, come lo fu a Bologna con Giorgio Guazzaloca. Ma non è più il 1999. Nel capoluogo ligure, domenica, la Lega di Salvini ha raccolto il 12,95%. Primo partito della coalizione. Forza Italia è all’8,08%. Equilibri diversi dal passato.

Al ballottaggio si consumerà insomma un pezzo di storia: per il centrodestra espugnare Genova sarebbe una svolta epocale, come lo fu a Bologna con Giorgio Guazzaloca. Ma non è più il 1999. Nel capoluogo ligure, domenica, la Lega di Salvini ha raccolto il 12,95%. Primo partito della coalizione

Se Genova val bene una messa, la sfide elettorali della Lombardia potrebbero invece essere la benedizione definitiva della rinascita dell’asse FI-Lega. Anzi, Lega-FI, perché il rapporto fra le percentuali è quasi ovunque lo stesso di Genova, salvo alcune eccezioni. È in Lombardia che il centrodestra ha sempre coltivato, fino alla crisi post-2011, idee, classe dirigente e strategie politiche. Ed è in Lombardia che in questi anni il Pd, prima sotto la guida di Pierluigi Bersani poi sotto quella di Matteo Renzi, ha approfittato di questa crisi conquistando la guida di tutt’e dodici i capoluoghi. A partire da Milano. La luna di miele con il renzismo è stata però bruscamente fermata dal primo turno di domenica, insieme alla tentazione del voto di protesta a Grillo. A Monza, terza città della Lombardia, per Roberto Scanagatti si prefigurava un’agile riconferma: andrà invece al ballottaggio con Dario Allevi, ex presidente della Provincia sponsorizzato sia da Berlusconi sia da Salvini, con un vantaggio di appena 35 voti. Il 39,91% contro il 38,84%. Questione di decimali. Il candidato grillino si è fermato, invece, al 7,64%. A Como, il centrosinistra che guida il Comune è stato staccato di quasi 8 punti dal centrodestra. E che dire di Lodi, la città del coordinatore della segreteria Pd, Lorenzo Guerini: Carlo Gendarini (centrosinistra) si è fermato al 30,62%, Sara Casanova (centrodestra) è al 27,32%. Il grillino Massimo Casiraghi è al 9,58%, nonostante una campagna elettorale lunga un anno dopo l’arresto dell’allora sindaco dem, Simone Uggetti. In Lombardia, infine, tutto il centrodestra è compatto a sostegno del referendum consultivo per l’autonomia convocato da Maroni per il 22 ottobre: “Noi saremo protagonisti”, ha detto Maurizio Lupi, rivendicando per Alleanza popolare un ruolo chiave per la vittoria del centrodestra.

Non trionfa la paura, secondo il sociologo Aldo Bonomi, profondo conoscitore di quella che nell’era analogica veniva chiamata la “questione settentrionale”. «Sbaglieremmo – risponde Bonomi a Linkiesta – se la nostra valutazione fosse questa, che la Lega ha vinto perché è razzista». Certo, la campagna elettorale si è fatta molto (anche) sulla questione migratoria. Ma secondo Bonomi stanno riemergendo poco alla volta le ragioni del successo politico del vecchio asse del Nord. «Certe trasformazioni attengono più alle lunghe derive che alle accelerazioni della poltica – spiega -. Ma per fare una sintesi direi che noi, rispetto al resto dell’Europa, il populismo edulcorato e il populismo territoriale li abbiamo visti ben prima. L’uno rimandava all’individualismo proprietario di Berlusconi, l’altro al territorio evocato dalla Lega. Entrambi questi fenomeni, negli anni della crisi, non sono scomparsi, sono rimasti sotto traccia. Ora, semplicemente, riemergono».

“Rispetto al resto dell’Europa, il populismo edulcorato e il populismo territoriale li abbiamo visti ben prima – dice il sociologo Aldo Bonomi -. L’uno rimandava all’individualismo proprietario di Berlusconi, l’altro al territorio evocato dalla Lega. Entrambi questi fenomeni, negli anni della crisi, non sono scomparsi, sono rimasti sotto traccia. Ora, semplicemente, riemergono”

Perché questi fenomeni riemergono proprio ora? Un po’ perché in molti, anche nel profondo Nord e anche fra le associazioni di categoria, nel frattempo hanno sperimentato il voto di protesta ai 5 Stelle. Un po’ perché, forse, i grillini non hanno messo radici nelle comunità locali. Ma Bonomi aggiunge una terza spiegazione, partendo dai dati del Centro studi di Confindustria, dove emerge che il 20% delle imprese ce l’ha fatta ad agganciare il treno della globalizzazione, il 20% non ce l’ha fatta, in mezzo un 60% in terra di nessuno. «Bisogna mettersi in collegamento con quel 60%, oltre che col 20 che non ce l’ha fatta e su cui si inserisce il mercato politico della paura». È in questo 60+20 che, dunque, si combatte la sfida nel Nord produttivo.

Genova e la Lombardia. Ma passa anche dal Veneto la reconquista del centrodestra in chiave nazionale. A Padova il leghista Massimo Bitonci ha chiuso il primo turno con un 40,25%, e il fondamentale sostegno delle liste civiche. A Verona l’area di centrodestra esprimerà addirittura entrambi i candidati al ballottaggio. Da una parte quello ufficiale, Federico Sboarina, che ha raccolto il 29,26%. E Patrizia Bisinella, compagna del sindaco uscente Flavio Tosi, cacciato dalla Lega, che ha raccolto i consensi dell’area moderata con una lista civica, raggiungendo il 23,54%. Ma il Nord scende anche un po’ più giù, entra nell’Emilia rossa. Domenica il centrodestra è arrivato primo anche a Piacenza. «I risultati sono tutti aperti, il centrodestra aspetti a esultare», ha sostenuto il segretario lombardo del Pd, Alessandro Alfieri, che commentando i risultati delle ‘sue’ città ha chiarito quale sarà il messaggio con cui il centrosinistra affronterà il secondo turno: «È una sfida fra il Pd e la Lega. Fra una coalizione larga e moderata, che cerca di governare la complessità, e una coalizione schiacciata a destra».

@ilbrontolo

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