La siccità è colpa del riscaldamento globale, l’emergenza idrica è colpa nostra

Investimenti mancati, risorse sprecate, acque reflue sprecate, politiche emergenziali: d’accordo il riscaldamento globale è un problema e la questione acqua sarà sempre più centrale. Ma noi l’abbiamo presa davvero troppo sotto gamba

FILIPPO MONTEFORTE / AFP

Basterebbe mettere in campo quanto analizzato e deciso negli ultimi quindici anni per assicurare all’Italia un futuro senza rischio idrico. Per farlo, però, di fronte all’emergenza che sta interessando l’Italia, e in particolare la Capitale, con il rischio sempre più concreto di un razionamento della fornitura di acqua, occorre innanzitutto prendere atto di un dato strutturale: la siccità è uno degli effetti dei cambiamenti climatici, che è speculare a un altro effetto, ossia quello delle piogge abbondanti concentrate in periodo molto brevi (le cosiddette bombe d’acqua). Da un lato, dunque, abbiamo lunghi periodi di siccità, dall’altro, questi periodi sono interrotti o seguiti da precipitazioni molto intense, che stressano il suolo piuttosto che permeare la falda rifornendola, appunto perché la caratteristica di questi nuovi eventi meteorici è diversa dalle piogge cui eravamo abituati fino alla seconda metà del secolo scorso.

A fronte di ciò occorre poi esaminare la risposta delle istituzioni, della politica. Negli ultimi anni sono stati registrati ripetuti investimenti, sia con risorse nazionali che con risorse europee, finalizzati alla ristrutturazione delle reti idriche e all’ammodernamento dei sistemi di depurazione. Destiniamo risorse, certo, ma la capacità di spesa è molto bassa, soprattutto nelle regioni del Centro-Sud. Ricordo che cinque anni fa il Cipe stanziò circa due miliardi di euro per investimenti per la modernizzazione e la riqualificazione delle reti idriche e degli impianti di trattamento. Mi risulta che l’utilizzo di queste risorse sia stato sotto il 20%.

Ne conseguono dati sconfortanti: il 70% delle reti di acquedotto ha oltre trent’anni e il 25% ha oltre cinquant’anni. Il 40% delle reti che servono le aree urbane ha più di cinquant’anni. Nel frattempo, il rinnovo annuo delle reti si colloca sotto lo 0,5%. Insomma, a fronte di un cambiamento del regime delle piogge abbiamo infrastrutture per la fornitura di acqua vecchie e costruite con materiali obsoleti. Accanto a una situazione datata degli acquedotti, abbiamo poi sistemi di depurazione dell’acqua che sono, soprattutto nelle regioni del Sud, scarsamente efficaci e per questo l’Italia è oggetto di tre pesanti procedure di infrazione a livello europeo.

Ma il tema della vetustà delle nostre infrastrutture idriche va di pari passo con la questione tariffaria. Oggi gli italiani pagano in meda l’acqua sei volte in meno dei Paesi europei più sviluppati. È il risultato di un equivoco populista, emerso in occasione del referendum sull’acqua, che ha fatto credere che era possibile erogare un servizio idrico efficiente senza costo. Purtroppo non è così e la dimostrazione è oggi sotto gli occhi di tutti.

Il cambiamento climatico e i suoi effetti sono noti, come accennavo, da tempo. Personalmente avevo messo in evidenza dati preoccupanti fin dal dal 1994, quando insieme al Goddard Institute for Space Studies e la Columbia University facemmo una prima valutazione degli effetti del cambiamento del clima nel Mediterraneo, in particolare nel settore agricolo. Poi nei diversi ruoli di responsabilità che ho avuto l’onore di ricoprire, ho continuato a dirle e a segnalarle.

Al grande tema della siccità e a quello dell’enorme spreco d’acqua si aggiunge però la questione del trattamento delle acque, per il quale abbiamo registrato tre pesanti procedure di infrazione da parte dell’Europa, per il sistema di raccolta e gestione delle acque reflue e per il sistema del loro trattamento. Accanto a una situazione datata degli acquedotti, infatti, abbiamo sistemi di depurazione dell’acqua che sono, soprattutto nelle regioni del Sud, scarsamente efficaci e per questo paghiamo ingenti somme alla Commissione europea.

C’è da augurarsi che questa emergenza stagionale aiuti a trasformare quella dell’acqua in una priorità nazionale fatta di obiettivi raggiunti attraverso un’azione amministrativa efficace e un uso efficace degli investimenti. Dobbiamo fare presto: le previsioni che abbiamo da qui a 20 anni dicono che il trend sarà sempre peggiore

Le acque reflue di base non vengono riciclate. Uno dei modi per recuperare acqua, soprattutto per l’agricoltura, è riutilizzare queste acque depurate e reimpiegarle. Questo consente di sottrarre acqua importante per uso domestico destinato all’agricoltura. Chi ha visitato i padiglioni dei Paesi del Medio Oriente all’Expo di Milano sa che dove la scarsità di risorse idriche è da sempre un elemento con cui fare i conti, sono stati capaci di grandi ed efficaci sforzi nel reimpiego di questo straordinario bene primario.

Ecco allora che c’è da augurarsi che questa emergenza stagionale aiuti a trasformare quella dell’acqua in una priorità nazionale fatta di obiettivi raggiunti attraverso un’azione amministrativa efficace e un uso efficace degli investimenti. Occorre quindi una revisione delle tariffe accompagnata da una illuminata regia politica. Gli investimenti devono essere chiari e finalizzati al superamento dell’emergenza attraverso appunto una profonda ristrutturazione delle nostre infrastrutture idriche.

Dobbiamo fare presto: le previsioni che abbiamo da qui a 20 anni dicono che il trend sarà sempre peggiore. Dobbiamo creare una capacità di ammodernamento delle reti idriche che deve aver presente quello che sta avvenendo e quello che verrà. Se continuiamo a buttare soldi per l’emergenza e non facciamo politiche di medio-lungo periodo rischiamo di rincorrere le situazioni e non di governarle.

Proprio per le modificazioni del regime delle piogge abbiamo bisogno di collaudare un vasto processo di approvvigionamento dalle acque del mare. Abbiamo bisogno quindi di un piano nazionale per la desalinizzazione dell’acqua, soprattutto per attività agricole e industriali. Un piano urgentissimo, soprattutto nella parte meridionale del Mediterraneo. Le tecnologie per la desalinizzazione sono molto sviluppate, funzionano molto bene e anche attraverso energie rinnovabili. Il tema necessita però di un piano di lungo periodo e di una visione.

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