Le parole con cui il candidato presidente della Sicilia Giancarlo Cancelleri ha rassicurato i proprietari di immobili abusivi – «Non buttiamo giù le case della povera gente» – sono generiche ma sufficienti a rassicurare la platea alla quale sono rivolte, tutta intera. «Povera gente» è un espressione abbastanza larga perché ci rientri chiunque non sia Flavio Briatore e rende il M5S votabile per ogni siciliano che si riconosca nel novero assai largo degli abusivi non-milionari, compreso chi si è fatto casa sulla spiaggia (“abusivismo di necessità” pure quello, andare al mare l’estate non è forse necessario?) o chi affitta immobili mai condonati nella Valle dei Templi (“Dobbiamo pur campare”, cosa c’è di più necessario?).
C’è chi adesso parla di voltafaccia, compresi alcuni ex-iscritti al Movimento, ma il nuovo corso del M5S sulla legalità in materia edilizia, sull’abusivismo, sulle demolizioni, appare piuttosto una scelta di realpolitick. Volendogli dare un’etichetta, potremmo prendere in prestito la parola “vincismo”, coniata per altri scopi ma utile a definire la sindrome che impone da tempo alla politica italiana la regola suprema del “Primum vincere”, a qualsiasi costo. Niente altro conta.
E per vincere sul territorio si è obbligati a dare i resti a poteri locali apparentemente modesti ma molto rilevanti come collettori del consenso: i tassisti o le reti dell’ambulantato nelle grandi città, i costruttori senza licenza, i piccoli speculatori del turismo o del trasporto nei paesi e nelle campagne. Il vincismo immagina la politica come una torta: bisogna offrirne uno spicchio, seppur piccolo, anche piccolissimo, a tutti. E se si riesce a distribuire bene la crema e il pandispagna, si vince.
Per vincere sul territorio si è obbligati a dare i resti a poteri locali apparentemente modesti ma molto rilevanti come collettori del consenso: i tassisti o le reti dell’ambulantato nelle grandi città, i costruttori senza licenza, i piccoli speculatori del turismo o del trasporto nei paesi e nelle campagne
La conversione al vincismo del M5S si era già intuita a Roma, dove non c’è micro-sultanato cittadino che non sia stato lisciato per il verso del pelo in campagna elettorale. Ma era stata un’operazione discreta, fatta dietro le quinte di una propaganda impostata sulle pulsioni rivoluzionarie e le promesse di radicale cambiamento. In Sicilia si è compiuto un passo in più.
Il robusto e pubblico sostegno offerto da Luigi Di Maio alle parole di Cancelleri rivela una strategia nazionale nuova, che abbandona l’icona penitenziale di Savonarola per spostarsi su lidi più comodi, dove non si flagella più nessuno, non si invoca più la galera per nessuno, anzi si abbraccia lo stile diametralmente opposto dei Masaniello, l’eroe del popolo contro le tasse e le gabelle del Vicerè sugli “alimenti di necessario consumo” (ah, la “necessità”, che suggestione antica e irresistibile!).«Bisogna accendere una candela al Diavolo e una a Sant’Antonio», dice un vecchio proverbio meridionale. Ecco, ora è il momento del Diavolo, e nella fattispecie dell’inchino alla tragica indifferenza alle regole del nostro Mezzogiorno, all’uso privato del bene comune, alla speculazione arrogante e senza qualità e alla sfacciataggine di definire tutto ciò “azione di necessità”, come se fossimo ancora negli anni ’50, quando i contadini o gli operai con dieci figli tiravano su in una notte monolocali di tufo al posto delle baracche di lamiera. Ed è un peccato che i ragazzi del Cinque Stelle abbiano scelto questa strada perché la loro sola presenza, seppure in ruoli di opposizione, negli ultimi anni aveva obbligato un po’ tutti a ritrarsi dal fronte più dissennato del vincismo e della tolleranza all’abuso. Era stato un effetto di trascinamento positivo per tutta la politica. «Questo non possiamo farlo, se no vincono loro». Ora quella rincorsa potrebbe cambiare segno. «Se loro promettono cento, noi dobbiamo promettere mille».
Quale sarà la prossima categoria accarezzata dal “Primum vincere”? Quelli che “per necessità” pagano i braccianti due euro l’ora? I cartelli dei mercati agricoli e degli appalti pubblici? Gli evasori? E quali tacite o pubbliche promesse saranno fatte per aggiudicarsene il consenso? Una campagna elettorale così mette i brividi solo a pensarci. Poveri siciliani, poveri noi.