Ius Soli, il punto di vista che Papa Francesco non considera

Papa Francesco guarda la questione immigrazione con l'occhio puntato sui diritti. Ma è solo una metà della questione. Almeno per un’umanità fatta di carne e di paure, e non solo di cavalieri dell’Apocalisse

In queste ore incupite dalle notizie drammatiche di attentati in varie parti d’Europa giunge il messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale dei migranti, messaggio che riprende tutti i temi cari al Santo Padre.
In particolare c’è l’esortazione al pieno riconoscimento dello Ius Soli (cittadinanza in base al luogo di nascita) insieme ad un articolato richiamo a tutte le comunità del mondo affinché i migranti vengano messi in condizione di accedere a tutti i servizi in grado di migliorare la loro condizione, in particolare quelli scolastici.

Diciamo subito che il Papa fa il Papa: quindi è più che comprensibile la sua volontà di esortare il mondo a guardare all’immenso fenomeno delle migrazioni aprendo i cuori e i portafogli, aiutando chi lotta per migliorare la propria condizione di vita.
Ci sono però due punti della riflessione di Francesco che lasciano assai perplessi, sia in senso politico che, più in generale, etico o morale.

Il primo riguarda lo Ius Soli, principio che nel mondo ben poche nazioni continuano ad applicare in modo “pieno”. Il punto è molto semplice: può la sola nascita certificare l’appartenenza ad una comunità nazionale o essa è un fenomeno più complesso, frutto anche di atti volontari d’integrazione culturale ed economica (pagare le tasse, ad esempio)? La mia opinione è che l’Europa ha diritto alla tutela della sua identità, che è anche esempio raro nel mondo di convivenza virtuosa fra “diversi” di ogni genere. Ebbene questa identità passa anche attraverso una gestione equilibrata del tema della cittadinanza, con annesso diritto di voto.

In secondo luogo c’è l’accento tutto spostato sui diritti che Papa Francesco pone nel suo messaggio. È come guardare la luna facendo finta che l’altra metà non esiste, mentre invece basta girarci intorno per vederla. L’altra metà si chiama “doveri”, senza i quali i diritti sono concessioni unilaterali assai spesso destabilizzanti. In una comunità si entra con rispetto e cortesia, giocando con le regole della casa. In cambio si riceve accoglienza e se ne ricavano opportunità. Vogliamo un mondo migliore, non una piramide di rancori inespressi. Il messaggio del Papa cerca di far uscire il meglio da tutti noi. Ma anche lui comprenda che ha di fronte esseri umani, non cavalieri dell’apocalisse.

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