Merkel contro Macron: tutti gli indizi di una pace solo apparente

Merkel e Macron si trovano in sintonia su molti discorsi economici, ma la ricetta dell’austerità non convince il premier francese. Intanto i danni della Brexit si fanno sentire, l'unica (semi) certezza è che non si torna indietro

Il futuro dell’Europa tra Francia e Germania

E se l’intesa tra Emmanuel Macron e Angela Merkel fosse solo apparente? Su Der Spiegel Peter Müller e Christian Reiermann rilevano l’esistenza di profonde divisioni politiche tra Francia e Germania. I leader si trovano d’accordo sulla necessità di riformare la governance economica europea, ma se da un lato la ricetta tedesca prevede austerità e misure di stimolo alla competitività per le economie indebitate dell’Europa meridionale, dall’altro la Francia chiede un allentamento del rigore. Macron ha proposto la creazione di un Ministro delle Finanze dell’Eurozona, ma le responsabilità e i limiti di tale figura restano da definire. Una posizione più condivisa si trova invece nella volontà di rafforzare la difesa europea, incentivando la cosiddetta Cooperazione Permanente e Strutturata (PESCO), come anche nell’idea di uniformare l’imposta sulle imprese in Europa come misura antidumping.

Secondo l’Economist, la Germania teme che l’incontro tra il Presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin possa risultare in una specie di “Yalta 2.0”, ovvero un progetto di spartizione dell’Europa tra due grandi potenze. Questa impressione è confermata dalla particolare sintonia –emersa dai discorsi di Trump durante la visita a Varsavia prima del G20– tra il presidente americano, il leader russo e il governo polacco del partito Diritto e Giustizia.

Continuano le disavventure della Brexit

Non si può Fermare la Brexit con un secondo referendum. Si tratta di un’ipotesi palesemente irrealistica, secondo Polly Toynbee, sul Guardian: nondimeno, sono ancora molti ancora a credere in una possibile marcia indietro, anche grazie a fonti di informazioni che confermano questi preconcetti. Una qualche forma di confirmation bias –ovvero la tendenza a prendere in considerazione solo notizie o pareri che confermano quello di cui siamo già convinti– sembra valere anche per i Brexiters, visto che sembrano incapaci di prendere atto delle gravi conseguenze economiche e sociali che la Brexit ha innescato. Se rimettere il dentifricio nel tubetto ormai è impossibile, una possibilità realistica potrebbe essere la cosiddetta “opzione norvegese”: optare per una situazione di limbo perpetuo –uno stato di perenne transizione verso l’UE– che consenta comunque di godere dei benefici dell’appartenenza all’EFTA.

Su Social Europe Joschka Fischer osserva che l’attuale crisi politica del Regno Unito non è di buon auspicio per i negoziati: il Regno Unito probabilmente si troverà a cedere vantaggi concreti in nome di un ideale di sovranità ormai svuotato dalla globalizzazione e dall’interdipendenza dei mercati. Accordarsi diventa difficile quando gli animi si scaldano, ma un ragionevole accordo post-Brexit sarebbe auspicabile per entrambe le parti, visto che presumibilmente le stesse continueranno ad avere rapporti in futuro. Da un lato l’Unione Europea dovrebbe mostrarsi meno intransigente sulle tempistiche, agevolando le nuove normative commerciali e proponendo disposizioni transitorie per rendere meno traumatico il distacco. Dal canto suo, il Regno Unito dovrebbe prendere consapevolezza della cospicua presenza di cittadini europei residenti in Gran Bretagna e far fede agli impegni finanziari con l’Unione.

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Traduzione dall’originale inglese a cura di Federica Vanzulli

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