It, il pagliaccio assassino. It, il romanzo di Stephen King. It, la miniserie tv del 1990 che ha traumatizzato intere generazioni complici la facilità con cui reperire le due vhs a casa di amici compiacenti e la compulsiva messa in onda in prima serata su Italia 1 nel brutto mezzo degli anni Novanta. It viveva nelle fogne, sbucava fuori da tombini, lavandini, filtri della doccia e, all’occorrenza, frigoriferi. Come hobby distribuiva palloncini galleggianti e divorava marmocchi da mane a sera. Il tutto coadiuvato da un’ottima skill: gli adulti non potevano vedere nè lui nè le sue malefatte. Praticamente It stava nelle fogne, sì, ma pure in una botte di ferro. Chiunque sia nato almeno negli anni Ottanta dopo aver visto Tim Curry travestito da Ronald McDonald non ha più potuto guardare, almeno per un certo periodo, la porta del bagno con la stessa serenità di un tempo. Bene, è giunta l’ora di affrontare i traumi del passato: It era una miniserie tv tremenda, nel senso di irricevibile, ci spingeremmo a dire proprio di merda. Fatta male, girata peggio. E la brutta notizia, quella vera, è che dal 18 ottobre prossimo arriverà pure il remake di cui in questi giorni stanno uscendo svariati trailer propedeutici. Quindi siamo qui, pronti a snocciolarvi i motivi per cui nessuno tenterà di divorarvi mentre vi fate una doccia. Col caldo che fa, poi, per favore, fatevela una doccia. Anche due.
Partiamo dalle origini dell’orrore. Ovvero da It, la miniserie tv di cui in sostanza, col senno di poi, ci sentiamo di poter salvare solo il make up di Tim Curry, spaventosissimo clown con quegli occhi pieni di venuzze iniettate di sangue e quei denti gialli, affilati che in tre ore di girato non riescono ad azzannare nemmeno uno dei marmocchi protagonisti della vicenda. Il nostro clown, infatti, si limita ad apparire stile Međugorje per ricordare agli sventurati interpreti che un giorno o l’altro galleggeranno tutti, poi ride e puff, scompare. Non si sa, forse stava a dieta. Abbiamo tutti pianto la morte di Georgie, fratello del protagonista, e anche quella della bimba in bici che “Piove piove la gatta non si muove”. Ok, ma questi sono i primi cinque minuti. Poi? Poi un susseguirsi di spaventi pigri senza che il nostro amico clown riesca a mettersi nessuno sotto le zanne. Attanagliato dal l’inedia le prova tutte: si trasforma in un lupo mannaro, in una mummia. Ma niente, i mocciosi continuano a vivere e a costruire dighe di fianco all’impianto fognario di Derry, nel Maine, come nulla fosse. Che presa per il culo.
Dopo ben tre ore di fallimenti continui, verrebbe quasi da empatizzare con Tim Curry fino alla deludente risoluzione finale: It è in realtà un ragno gigante. E strabico. Tenuto in piedi da una computer grafica lesiva per tutti e cinque i sensi del telespettatore medio. Era meglio farlo col pongo. Ma pure col Didò.
Come sempre accade per i film tratti dai romanzi di Stephen King, le pagine scritte riescono a dare brividi che su pellicola si trasformano in pernacchie. Eccezion fatta per Shining, ovviamente, e poco altro. Perfino Shining, però, ha avuto un illustre detrattore: lo stesso King che, insoddisfatto dall’opera di Kubrick, ha voluto girarne un’altra versione, un’agghiacciante miniserie tv qualitativamente pari a The Lady di Lory del Santo e della durata della Sacra Bibbia
Però sulla carta la storia funzionava. Come sempre accade per i film tratti dai romanzi di Stephen King, le pagine scritte riescono a dare brividi che su pellicola si trasformano in pernacchie. Eccezion fatta per Shining, ovviamente, e poco altro. Perfino Shining, però, ha avuto un illustre detrattore: lo stesso King che, insoddisfatto dall’opera di Kubrick, ha voluto riadattarne e girarne un’altra versione, un’agghiacciante miniserie tv qualitativamente pari a The Lady di Lory del Santo e della durata della Sacra Bibbia. Il disagio, però, non finisce qui: possiamo infatti citare I Langolieri, Grano Rosso Sangue, L’Acchiappasogni, Brivido (solenne schifezza diretta dallo stesso King che, tronfio, nel trailer diceva: “É arrivato il momento di raccontare una mia storia nel modo giusto”), Secret Window fino a scandagliare il fondo dell’abisso in cui sprofondano le trame del nostro amico Stephen sul grande e piccolo schermo da circa sempre e forse per sempre.
Adesso, dunque, sta arrivando il nuovo It, oltre a La Torre Nera (già deriso da molti all’anteprima stampa). Se fin da ora avremmo buoni elementi per temere questo remake, ad aggiungere perplessità c’è la lavorazione del film stesso: in prima battuta la pellicola era stata affidata a Cary Fukunaga, brillante regista della prima stagione di True Detective, che aveva scelto come erede di Tim Curry tal Will Poulter, ventiquattrenne dall’espressione inquietante pure quando sorride beato su un red carpet a favor di fotografi, figuriamoci in un tombino. Fukunaga però nel 2015 ha abbandonato il progetto (da 32milioni di budget) per incompatibilità artistiche con la Warner Bros. “Volevo rendere Pennywise più di un semplice clown, onorare lo spirito del romanzo di King, ma questo non è stato possibile”, ha chiosato lui prima di darsela a gambe per essere rimpiazzato in corsa da Andrés Muschietti che all’attivo ha un solo (seppur pregevole) thriller psicologico dal titolo La Madre e la regia di qualche spot pubblicitario.
Spazzato via il lavoro e anche la sceneggiatura messa giù da Fukunaga si è ripartiti da zero con un nuovo protagonista, il ventiseienne Bill Skarsgård, già visto nella serie teen Hemlock Grove (classica roba sulla falsariga di Twilight, ma peggio) e con la mimica di uno che ha appena terminato l’ultimo shooting D&G. Poco male perché, a giudicare dal trailer, i connotati dell’attore sono totalmente stravolti dalla computer grafica (che, grazie a dio, oggi non fa rimpiangere il Das) per cui sotto quell’ammasso di pixel potrebbe nascondersi bene o male la faccia di chiunque.
Se c’era qualcosa di buono nella versione originale di It, risiedeva proprio negli occhi di Tim Curry, nel fatto che quel villain sembrasse vero, reale e per questo ancora più minaccioso. Leggenda vuole che, sul set, molti si sentissero a disagio in presenza dell’attore travestito da Pennywise, che preferissero evitare di stargli vicino. Non abbiamo dubbi che questa possa essere più di una semplice storiella. Ora che tutto è affidato al potere del chroma key possiamo solo sperare in una regia migliore, in una storyline che conti meno di 85 flashback (come nella versione originale) e in un pagliaccio più affamato. Stay hungry, stay foolish, amico It.