Le elezioni siciliane di novembre non hanno nessuna rilevanza per la regione in cui si vota ma sono di grande rilevanza nazionale, soprattutto se a vincere sarà il M5S, soluzione che io auspico sinceramente. A mio avviso infatti in palio c’è solo apparentemente la presidenza delle regione (come sarebbe naturale), per il semplice fatto che il governo di Palazzo dei Normanni e l’intera amministrazione siciliana sono paralizzati da almeno 15-20 anni, come un insetto preistorico dentro una gemma.
La Regione attualmente fornisce servizi modesti (in linea con lo standard della metà più a sud del nostro paese), prestazioni sanitarie costose ma dignitosamente distribuite sul territorio e gioca uno ruolo di immenso freno assistenziale, tenendo in vita un sistema economico-politico che andrebbe rottamato insieme a quel mostro chiamato “autonomia”, che purtroppo però ha rango costituzionale.
Quindi essa non è governabile in senso vero e proprio, può essere solo “occupata” da qualcuno che si accomoda manovrando finte leve di comando di un carrozzone penoso e dai costi immensi, con l’aggiunta però della possibilità di fare un certo numero di favori a destra e a manca.
In competizione ci saranno tre schieramenti, ma due hanno già provato a governare con risultati pessimi e in molti casi ridicoli o penalmente sanzionati.
È il caso in primo luogo del centro-destra, con i suoi presidenti a geometria variabile Cuffaro e Lombardo. Due politici esperti, di lungo corso democristiano o post-democristiano, che però non sono riusciti ad uscire dalle sabbie mobili del “contesto” (direbbe l’immortale Leonardo Scascia) che li ha eletti.
Ma è il caso, per motivi diversi, forse addirittura opposti, anche del Pd e del suo attuale presidente Crocetta, che sta alle caratteristiche utili per fare il governatore di una regione come Lady Gaga sta a Madre Teresa.
Il successo di uno di questi due schieramenti, pur al netto delle figure dignitose dei probabili candidati Musumeci e Micari, non sposterebbe le cose di un millimetro, perché un pantano maleodorante pur solcato da un gentiluomo non può diventare un laghetto alpino.
Se un soggetto politico guida da solo la capitale nazionale e la più importante regione autonoma (oltre alla seconda città industriale del Paese) non può più chiamarsi fuori. Ormai è dentro, che piaccia o no a elettori, militanti e dirigenti a cinque stelle
Ecco allora farsi avanti l’unico risultato utile, che è quello di una vittoria del M5S. Saprebbero ribaltare la qualità del governo regionale?
Lo escludo categoricamente, poiché la sfida a Palermo è, se possibile, ancora più ardua di quella che sta affrontando (e perdendo) Virginia Raggi a Roma. Però una vittoria di Casaleggio&Grillo servirebbe su scala nazionale, perché porterebbe il movimento definitivamente dentro la cabina di comando della Repubblica.Infatti se un soggetto politico guida da solo la capitale nazionale e la più importante regione autonoma (oltre alla seconda città industriale del paese) non può chiamarsi fuori. Ormai è dentro, che piaccia o no a elettori, militanti e dirigenti a cinque stelle. E siccome nella prossima legislatura (che vedrà in essere un Parlamento eletto con sistema proporzionale) ci sarà bisogno di grande buona volontà di parte di tutti per garantire un governo alla Repubblica, tornerà utile un M5S ormai pienamente “di governo”.A quel punto non ci saranno alibi a buon mercato per nessuno dei giocatori. Che ne prendano nota sin d’ora i brillanti Di Maio, Di Battista e Fico.