Sono passati esattamente otto anni. Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009, pochi giorni dopo essere stato arrestato e dopo aver subito un violento pestaggio. Se n’è andato «tra atroci dolori e solo come un cane», ricorda oggi la sorella Ilaria. Ma la sua è una morte ancora senza responsabili. Tra due settimane, al termine di un lunghissimo percorso giudiziario, inizierà il nuovo processo. Il 13 ottobre è in programma la prima udienza del Cucchi bis. Stavolta sul banco degli imputati ci saranno cinque carabinieri. Tre di loro sono accusati di aver picchiato il giovane fino a provocarne la morte. Altri due, tra cui il maresciallo Roberto Mandolini, ex comandante della stazione Appia, per falsa testimonianza e calunnia. «Sarà un processo estremamente duro, difficile» ammette Fabio Anselmo, avvocato della famiglia. «Ma sarà soprattutto un processo con una nuova atmosfera». A Palazzo Madama, incontrando i giornalisti, Ilaria ricorda il clima che finora ha accompagnato il suo dramma, dentro e fuori dalle aule di giustizia. «Sono stati anni interminabili», racconta visibilmente emozionata, con la voce che trema. «Abbiamo dovuto affrontare un processo da soli, contro tutto e contro tutti. Un processo in cui dovevamo dimostrare che Stefano non era morto da solo». Nell’incontro con la stampa c’è anche il senatore Luigi Manconi. Il presidente della commissione Diritti umani insiste molto su questo aspetto. «Sulla vicenda di Stefano Cucchi – spiega – c’è una questione pesante come un macigno che riguarda il risarcimento morale nei suoi confronti. Per anni è stato presentato come corresponsabile della propria morte, se non addirittura l’unico responsabile. Parte della stampa e della classe politica hanno cercato di sfregiarne l’immagine per ricostruire un identikit criminale». Una campagna di discredito, quasi tesa a giustificare la tragedia. «Sarà difficile essere ripagati, ma almeno la memoria ci aiuterà a non dimenticare queste infamie».
Il 13 ottobre è in programma la prima udienza del Cucchi bis. «Si parlerà di quello che è davvero successo» racconta la sorella di Stefano, Ilaria. «I responsabili di quel violentissimo pestaggio saranno chiamati a rispondere delle loro azioni»
Adesso la famiglia volta pagina. Si ricomincia. Archiviate le sentenze che finora non hanno portato a nulla, si apre il nuovo processo. «Si parlerà di quello che è davvero successo, della verità» insiste Ilaria. «I responsabili di quel violentissimo pestaggio saranno chiamati a rispondere delle loro azioni». In aula ci sarà un nuovo testimone. Un detenuto che ha incontrato Stefano durante la breve permanenza nel carcere di Regina Coeli, un paio di giorni dopo il suo arresto per droga. Il 22 settembre scorso si è presentato in procura per raccontare quello che ha visto. «Il valore della sua deposizione è importante – racconta oggi l’avvocato Anselmo – perché descrive uno Stefano in grande difficoltà fisica. Aggrappato alle sbarre della cella, perché non era neppure in grado di stare in piedi da solo. Con buona pace di chi parla di lesioni dolose lievi». La battaglia processuale è solo all’inizio. L’avvocato non nasconde le difficoltà che ancora aspettano la famiglia. Ammettendo che alcuni reati, tra cui la calunnia, rischiano di cadere in prescrizione. «Il tema centrale del processo non sarà tanto la responsabilità di quel pestaggio – racconta – perché è difficile da smentire, se non impossibile. Piuttosto sarà l’aspetto medico-legale». Le lesioni provocate dai carabinieri hanno realmente provocato la morte del giovane, come sostiene l’accusa? L’avvocato Anselmo è fiducioso: «Le nuove perizie hanno chiarito molte cose». E per questo ringrazia la procura di Roma e la squadra mobile della polizia, «che hanno svolto un lavoro eccellente».
«Mi piace pensare che la morte di Stefano e il dolore che abbiamo sopportato in questi anni non sono stati inutili – racconta la sorella Ilaria – Serviranno per i tanti, troppi, Stefano Cucchi che quotidianamente subiscono soprusi. Per loro non ci sarà alcun processo e di loro non sentirete mai parlare»
A Palazzo Madama, ad ascoltare Ilaria, c’è il senatore Sergio Lo Giudice, che ha recentemente promosso il disegno di legge sull’introduzione del reato di tortura. E con lui i rappresentanti delle associazioni da sempre vicine alla battaglia della famiglia Cucchi: Amnesty International, Emergency, A Buon diritto, Cittadinanzattiva. «Adesso – spiega Ilaria – il processo potrà dimostrare che la giustizia può essere davvero giusta e uguale per tutti». Nell’accertamento della verità c’è un debito nei confronti del fratello, ma non solo. «Mi piace pensare che la morte di Stefano e il dolore che abbiamo sopportato in questi anni non sono stati inutili», continua. «Serviranno per i tanti, troppi, Stefano Cucchi che quotidianamente subiscono soprusi. Per loro non ci sarà alcun processo e di loro non sentirete mai parlare». Intanto domenica primo ottobre, nell’anniversario del compleanno, sono stati organizzati alcuni appuntamenti a Roma per ricordare il giovane scomparso. Al mattino si terranno due gare di corsa nel parco degli Acquedotti, lo stesso dove otto anni fa Stefano è stato arrestato. In serata è previsto un incontro con artisti e musicisti presso l’ex Dogana. «Ricordare Stefano nel giorno del suo compleanno – spiega Ilaria – vuole essere un segnale di speranza e non di resa. Vuol dire che non bisogna mai smettere di crederci e di battersi fino in fondo per la verità e per la giustizia. E per il rispetto dei diritti umani».