Sostiene VoltolinaCarpisa ha sbagliato: lo stage non è un premio. E non è un gioco

Compra una borsa e vincerai uno stage: Carpisa ha sbagliato su tutta la linea. Perché candidati, consulenti e clienti sono categorie ben distinte.

Tema: è giusto e opportuno che un’azienda promuova un concorso a premi, chiedendo di elaborare un piano di comunicazione per un prodotto, mettendo in palio uno stage di un mese (con un’indennità di 500 euro), e ponendo come condizione per partecipare l’obbligo di acquistare una borsa della suddetta azienda?

Svolgimento: no.

Il candidato argomenti.

Argomentiamo, allora.

Prima di tutto, lo stage non è un gioco. È uno strumento di formazione che ha come scopo quello di favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, e come tale viene vissuto da centinaia di migliaia di giovani italiani ogni anno. Lo stage è fonte di aspettative, genera sogni e frustrazioni, lo stage è il primo passo nel mondo del lavoro, un passaggio ormai quasi obbligato. E dato che il macrotema del lavoro non è un gioco, metterlo come premio di un concorso significa svilirlo e snaturarlo.

Se si vuole fare un concorso si scelga come premio una somma in denaro, un sacco di gettoni d’oro, una bella borsa. Non uno stage: uno stage, no. Anche se “è formazione!”. Anche se “si impara!”. Uno stage, no.

Digressione: Carpisa non è la prima. Ci sono stati per esempio svariati supermercati che, negli ultimi anni, hanno fatto cose simili, estraendo a sorte vincitori di stage o addirittura contratti di lavoro. Ma due torti ovviamente non fanno una ragione. Mettere uno stage come premio di un concorso è profondamente, totalmente sbagliato.

Ora veniamo al discorso più complesso del “contest”. Si tratta di uno strumento di marketing che va di moda e di recente anche gli uffici Risorse umane, in particolare i dipartimenti Recruiting, ne hanno scoperte le grandiose potenzialità taumaturgiche.

Nel senso proprio etimologico del termine: in campo aziendale un contest può fare miracoli, permettendo di ottenere molti piccioni con una (spesso molto misera) fava.

Innanzitutto, candidature e quindi CV: che per gli addetti alla ricerca e selezione di personale sono il carburante principale, l’elemento senza il quale non si va avanti.

Ma sopratutto, si ottengono idee. Perché il contest funziona chiedendo ai partecipanti di elaborare una proposta sulla base di una traccia. Elabora un piano di marketing o di pubblicità per un dato prodotto. Suggerisci quale nuovo servizio potremmo introdurre per i nostri clienti. Disegna il tuo punto vendita ideale. Proponi una grafica per il nostro nuovo logo. Chi partecipa al contest esegue, regala la sua idea. Col risultato che l’azienda si ritrova a disporre, in poco tempo, di moltissimi spunti. Gratis.

D’accordo, il 90% sarà probabilmente spazzatura. Ma se anche solo due o tre idee fossero buone, resta il fatto che quell’azienda non ha pagato un dipendente, o un consulente, o un creativo per produrle. Le ha ottenute senza sborsare un soldo, con il semplice escamotage del contest.

Fortunatamente alcune aziende corrono ai ripari promettendo fin dal principio, in maniera “etica”, che se useranno una certa idea coinvolgeranno l’autore, lo assumeranno, lo pagheranno a parte. Ma sono casi rari.

In definitiva, il contest è divertente e non fa male a nessuno – a patto che non metta in palio uno stage o un lavoro.

Digressione numero 2. Chiedere ai candidati di presentarsi attraverso un’idea non è sbagliato in sé. Anzi, può essere un elemento “meritocratizzante”, per esempio per permettere a qualcuno che ha un titolo di studio basso, o un voto di laurea mediocre, di venir preso in considerazione. (C’è una start-up basata proprio su questo, si chiama JustKnock). Quel che è sbagliato è mischiare le carte tra marketing e recruiting. I candidati sono candidati, mirano a uno stage e a un posto di lavoro. I consulenti sono consulenti, e come tali vanno pagati. I clienti sono clienti, e come tali pagano.

La vera caduta di stile di Carpisa è stata subordinare la partecipazione al contest all’acquisto di una borsa. Puoi candidarti a questo contest (sic) e inviarci la tua proposta di piano comunicazione (doppio sic) solo se spendi 50 euro e ti compri una borsa della nuova collezione. Quanti sic vanno messi a questo dettaglio?

Morale della favola, la reputazione è un elemento molto delicato: con le aspettative dei giovani disoccupati non si scherza, e i reparti HR farebbero meglio a gestire gli stage con consapevolezza e rigore.

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