Fabrizio Cicchitto a tutto campo, in questo avvio di vicende politiche autunnali che ci porterà alle elezioni del prossimo anno.
Cominciamo da un tema in parte sopito negli ultimi giorni, ma di cui hanno parlato con una certa evidenza sia la Lega che Silvio Berlusconi in persona. Un tema dagli effetti dirompenti, soprattutto se evocato dalla parte politica in testa in tutti i sondaggi. Parliamo di “doppia moneta” non esattamente un argomento che piace a Bruxelles.
La combinazione vuole che proprio in queste settimane sono al lavoro per scrivere una storia di Forza Italia. E sono esattamente arrivato al 2011. Ecco, quello che è successo allora non va dimenticato, per il semplice fatto che è molto pericoloso maneggiare questi temi con troppa disinvoltura. Nel 2011 non c’è stato alcun complotto, contrariamente a quanto lo stesso Berlusconi ha più volte ripetuto e Brunetta scritto in un libro. Quella del 2011 è una tragedia, non un complotto. Anche perché se di complotto dovessimo parlare, allora dovremmo ammettere che esso aveva solidi alleati dentro l’allora PDL, vedi dopo la rottura con Fini e i profondi dissensi con Tremonti. In verità quella fu una crisi devastante, che portò a cambi di governo in Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e che mise in ginocchio molte altre borse in giro per l’Europa. Berlusconi ne fu compartecipe e vittima al tempo stesso. Sul piano economico la crisi scoppia per l’assurda decisione tedesca di bloccare lo sviluppo del Fondo Salva-Stati, che avrebbe aiutato enormemente la situazione. Infatti le cose vanno a posto solo con l’arrivo di Draghi che ribalta quella logica perversa, dice una frase famosa sull’azione della BCE contro la speculazione e poi avvia il Quantitative Easing, creando le premesse per la ripresa che ora vediamo in atto. Non possiamo però affermare che ormai tutti i problemi sono alle nostre spalle. Basta assai poco per tornare a quella situazione. Infatti appena Berlusconi ha iniziato a fare riferimento al progetto della doppia moneta, che per lui è uno strumento di mediazione con Salvini, ha ottenuto in Italia l’effetto politico che il M5S gli è subito andato dietro ma sui mercati si visto l’immediata crescita dello “spread”. Quindi deve essere chiaro a tutti che così si gioca con il fuoco. Tutto sommato io posso capire Grillo e i suoi, in fondo loro stanno in una logica di contestazione, con ampi margini concessi a progetti eversivi. Ma per il Cavaliere tutto ciò è incredibile, visto che poi, a giorni alterni, vuole interpretare il ruolo del campione nazionale della rappresentanza del PPE di Angela Merkel. Non si possono fare tutte le parti in commedia, deve essere chiaro. È questo vale anche per Renzi, che spesso gioca a fare il populista a modo suo. Guardino cosa ha fatto Macron: si è posto in contrapposizione frontale con Le Pen e ha vinto, ma senza tentennamenti. Da noi vedo invece tanto Berlusconi quando Renzi alla ricerca di esorcizzare il M5S prendendone pezzi di programma. Questa, a mio avviso, è una strategia dal rischio enorme per il Paese.
Fatta la legge di bilancio andremo a votare. Come si presentano gli schieramenti? Cominciamo dall’area moderata e riformista. In cosa deve sperare? In un governo sostenuto da Renzi, da Berlusconi e da voi?
Vedo tutti gli schieramenti in una condizione di crisi profonda. Cominciamo da Grillo e dal suo movimento. Raccoglie consensi di protesta ma non riesce a tradurli in cultura di governo. L’esempio di Roma è lampante. Di fatto il M5S è una vera e propria tragedia nazionale. L’area moderata e riformista poi si trova schiacciata fra due realtà in crisi vera. A destra c’è un Berlusconi che, pur dimostrando una straordinaria capacità di resistenza (quello che gli hanno fatto su tutti i fronti è vergognoso, sia sul fronte parlamentare con il voto di decadenza dal Senato che su quello giudiziario, dove si sono consumate forzature su forzature) ma poi nel passato è stato anche il peggior nemico di se stesso, basta pensare a quello che ha combinato dal 2006 al 2011, tanto sul piano politico che su quello personale. Andiamo indietro di qualche anno ancora. Io avevo forti perplessità sulla nascita del PDL. Ho sempre ritenuto incolmabile la differenza antropologica tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, a prescindere dagli aspetti ideologici. Come poteva infatti stare insieme il partito monarchico-anarchico del Cavaliere con la federazione di correnti che gestiva AN? Infatti tutto questo ha portato alla lotta all’ultimo sangue tra Berlusconi e Fini, con quest’ultimo che ha finito per suicidarsi scegliendo una via giustizialista e di sinistra. Però va detto che anche Berlusconi sbagliò allora molte cose. Comunque il Cavaliere è ancora in piedi, questo è un fatto. Solo che i suoi consensi sono tali da renderlo certo importante ma non decisivo, o quantomeno non sicuramente decisivo. Oggi cioè, diversamente dal passato, il centro destra è sostanzialmente diviso in due poli di pari forza elettorale, con tutte le conseguenze del caso. Infine c’è Renzi. Dalle sue parti, se possibile, il casino è ancora maggiore. In primo luogo perché il PD è ad un tempo troppo tradizionalista (post comunisti e post democristiani che non si sono mai amalgamati) ma anche ormai indigesto a molti della vecchia guardia, perché governato dall’ex sindaco di Firenze e dai suoi. Di qui la scissione voluta da Bersani e D’Alema. Renzi avrebbe potuto rappresentare una grande e innovativa esperienza, capace di sfondare a sinistra e al Centro. Però Renzi ha finito per dare una impostazione troppo personale, cavalcando quel 40% delle Europee come se fosse solo roba sua. Così ha finito per coalizzare tutti conservatori di ogni ordine e grado con tutti quelli che lo volevano morto. E così lui è uscito sconfitto dal referendum.
Nel 2011 non c’è stato alcun complotto, contrariamente a quanto lo stesso Berlusconi ha più volte ripetuto e Brunetta scritto in un libro. Quella del 2011 è una tragedia, non un complotto. Anche perché se di complotto dovessimo parlare, allora dovremmo ammettere che esso aveva solidi alleati dentro l’allora PDL
E quelli che stanno al Centro?
Due possibilità: o un centro autonomo o un’intesa fra i riformisti di centro e i riformisti di sinistra, in sostanza la stessa intesa fatta sul governo. Renzi ha fatto, prima dell’estate, una mossa incredibile, cioè ha provato a fare la legge elettorale non con i suoi potenziali alleati, ma esattamente contro di loro, cercando l’intesa con il M5S e la Lega. Non ci è riuscito, e ha realizzato il capolavoro di fare incazzare tutti, gli alleati e anche una parte del suo partito. E rischia di regalare Pisapia a D’Alema e Bersani.Comunque è bene chiarire sin d’ora che la maggioranza di governo andrà cercata dopo il voto.
Certo. Con il rischio forte di non trovarla. Allo stato infatti non vedo le condizioni per trovare un accordo solido. Vedo prevalere da tutte le parti atteggiamenti di profonda irrazionalità. E vedo due micidiali elementi di destabilizzazione, uno nel passato, l’altro nel presente. Nel passato la Germania e in parte minore la Francia hanno provocato tensioni gravissime: non si cura la recessione con l’austerità. Oggi è la devastante portata delle vicende legate all’immigrazione e al terrorismo, con i loro enormi effetti psicologici.Come giudica l’esperienza di questi anni al governo con il PD, fatta abbandonando Berlusconi nel 2013?
Luci e qualche ombra. Non potevamo fare diversamente in realtà. Non dimentichiamo che il centro destra alle elezioni del 2013 perde 6 milioni di voti. A quel punto Berlusconi si mostra molto lucido e infatti decide di sostenere il governo di larghe intese. Poi però non riesce a tenere il punto di fronte alle vicende giudiziarie che lo riguardano, anche se aveva detto che esse non avrebbero rimesso in discussione la scelta fatta. A quel punto noi diventiamo i “traditori”. Però avevamo ragione noi, tanto è vero che lui, pochi mesi dopo, sigla il Patto del Nazareno.Accordo che però dura poco.
Già. Così facendo si sono tagliati le palle tutti e due, mi si perdoni l’espressione poco elegante. Rompere sull’alternativa Amato o Mattarella al Quirinale è stata una pura follia. In fondo le due figure sono molto simili e non avrebbe rappresentato una sconfitta per nessuno dei due leader scegliere il democristiano o il socialista. Invece la rottura è stata un mezzo suicidio per tutti e due. Comunque l’esperienza di governo ha consentito anche importanti provvedimenti di stampo riformista, dal Jobs Act alla responsabilità dei magistrati.Comunque un ministro dell’Interno risoluto, cioè Minniti, ha fatto ciò che sembrava impossibile in tema di migranti, fino ad ottenere anche un riconoscimento dal Papa.
Tutto sommato è così. Poteva riuscire solo a uno di sinistra, diciamoci la verità. La partita in Libia è assai complicata e il governo sta facendo di tutto per stabilizzarla. Detto ciò rimane un problema europeo grande come una montagna, anche perché la Russia ha un atteggiamento conflittuale e gli USA vanno a zig zag.