Si apre la nuova consiliatura, il Cnel riprende i lavori. Chi ci avrebbe scommesso? Il referendum costituzionale bocciato lo scorso anno avrebbe dovuto spazzare via l’organismo di Villa Lubin. Una martellante campagna mediatica ha ridotto al minimo la credibilità dell’istituzione. Descritta, nella migliore delle ipotesi, come il simbolo degli sprechi e delle inefficienze pubbliche. E invece zitto zitto il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro riapre i battenti. In queste settimane sono stati nominati i nuovi 64 componenti. Se tutto andrà bene, entro dicembre prenderà il via la nuova consiliatura. L’obiettivo, raccontano dall’interno, è quello di diventare finalmente un organismo con ruolo e competenze chiari, utili al governo e al paese. Magari anche grazie alla nuova aria che si respira a Palazzo Chigi, evidentemente meno ostile al Cnel rispetto al precedente governo.
La squadra, anzitutto. Pochi giorni fa la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi ha firmato il decreto di nomina dei 48 nuovi membri indicati dai sindacati, associazioni di categoria e professionisti. Tra loro ci sono sette rappresentanti della Cgil, sei della Cisl e e tre della Uil. Ma anche sei esponenti della Confindustria e due di Confcommercio. Risalgono al 28 luglio, invece, le due nomine in capo al governo. Il Consiglio dei ministri ha indicato, in qualità di esperti, il professor Michele Faioli e il professor Claudio Lucifora. Insieme a loro i sei designati dal mondo dell’associazionismo e del volontariato. Una settimana prima era stato il presidente della Repubblica a scegliere gli otto consiglieri di nomina quirinalizia. Quattro uomini e quattro donne, con occhio attento alla parità di genere. Tanti volti nuovi e qualche conferma. E tanto è bastato per le prime polemiche (c’è chi come l’esponente Confsal Marco Paolo Nigi siede al Cnel da quasi quindici anni, chi come Elio Catania ha alle spalle una lunghissima carriera di manager pubblico e privato).
Si apre la nuova consiliatura, il Cnel riprende i lavori. Chi ci avrebbe scommesso? Il referendum costituzionale bocciato lo scorso anno avrebbe dovuto spazzare via l’organismo di Villa Lubin. Una martellante campagna mediatica ha ridotto al minimo la credibilità dell’istituzione. Descritta, nella migliore delle ipotesi, come il simbolo degli sprechi e delle inefficienze pubbliche. E invece zitto zitto il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro riapre i battenti
Scampata la mannaia dell’abolizione, adesso si comincia. O quasi. I tempi previsti dalla legge non sono proprio rapidissimi. Dopo la firma della Boschi, le associazioni escluse hanno trenta giorni per fare ricorso. Trascorso questo periodo, la Presidenza del consiglio dei ministri ha altri 45 giorni di tempo per prendere una decisione definitiva. E siamo a metà novembre. Solo dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale dei 64 nuovi consiglieri, i lavori potranno davvero cominciare. A quel punto il presidente Tiziano Treu ha circa tre settimane per convocare la prima assemblea. L’obiettivo è iniziare entro il mese di dicembre. Anche per non superare lo scioglimento delle Camere e l’avvio della nuova campagna elettorale. Un evento che rischia di rallentare ulteriormente i lavori del nuovo Cnel.
A villa Lubin c’è aria di rivincita, sicuramente. Ma anche la voglia di iniziare un nuovo percorso. Archiviata con successo la pagina del referendum costituzionale, le polemiche degli anni passati hanno lasciato il segno. Dal gennaio 2015 i consiglieri continuano a lavorare senza indennità e rimborsi. E in assenza di novità sarà così anche per i 64 che stanno per entrare. Ad oggi i 7 milioni l’anno indicati nel bilancio servono per pagare gli stipendi dei dipendenti e mantenere la bella, e costosa, sede. Spese che sarebbero rimaste in carico allo Stato anche in caso di abolizione del Cnel, insomma. Eppure adesso qualcuno spinge perché presto possano essere reintrodotte le indennità per i consiglieri. Magari con un intervento nella legge di Bilancio di prossima approvazione. Il vicepresidente Gianpaolo Gualaccini, riconfermato tra i consiglieri, mette le mani avanti. «Prima definiamo bene le funzioni del nuovo Cnel – racconta – Mostriamo di essere utili al governo e al Paese. Solo allora potremmo parlare anche di indennità». È facile immaginare quali polemiche potrebbero accompagnare il ritorno degli stipendi. «In ogni caso, parliamo sempre in prospettiva futura, mi spiega perché questo dovrebbe rimanere l’unico tra gli organi di rilievo costituzionale privo di indennità per i suoi componenti?».
A villa Lubin c’è aria di rivincita, sicuramente. Ma anche la voglia di iniziare un nuovo percorso. Archiviata con successo la pagina del referendum costituzionale, le polemiche degli anni passati hanno lasciato il segno. Dal gennaio 2015 i consiglieri continuano a lavorare senza indennità e rimborsi. E in assenza di novità sarà così anche per i 64 che stanno per entrare
Intanto il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro torna a lavorare. Anzi, continua. La mancata abolizione referendaria sembra aver dato nuovo slancio ai consiglieri rimasti. Presto sarà pubblicato un documento sul mercato del lavoro. Entro dicembre, invece, sarà prodotto un rapporto sulla qualità dei servizi della pubblica amministrazione nei confronti di cittadini e imprese. L’ultimo risale al 2014, prima della bufera. «Ci stiamo lavorando – spiega Gualaccini – il documento sarà pubblicato a fine 2017». Nel frattempo si riprendono i rapporti con l’Istat per la misurazione del BES, il benessere equo e sostenibile. Un progetto comune partito qualche anno fa – e portato avanti solo dall’istituto di statistica – per la misurazione degli indici di benessere. Parametri aggiuntivi al prodotto interno lordo per valutare il progresso del nostro paese non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale.
Non è ancora abbastanza. Per il futuro del Cnel si immaginano nuove funzioni. «Per esempio la misurazione e la certificazione della rappresentatività sindacale e datoriale nel settore privato – insiste il vicepresidente – È un lavorone, ma va svolto». Non solo. Una raccomandazione della commissione europea impone a tutti gli stati membri di istituire un organismo in grado di misurare le politiche per la produttività di ciascun paese. C’è tempo fino al 28 marzo. «In Italia chi potrebbe svolgere questo lavoro meglio del Cnel, la casa delle forze sociali e produttive?». La nuova consiliatura si porta inevitabilmente dietro una lunga scia di polemiche. In gran parte anche fondate. Prima o poi il Cnel riuscirà a togliersi di dosso l’immagine negativa che gli è stata affibbiata? «Nell’ultima campagna referendaria siamo stati ingiustamente dipinti con l’ente più inutile dello Stato – insiste Gualaccini – quasi un girone dantesco». Eppure, sostiene il vicepresidente, l’organismo di Villa Lubin ha tutte le carte in regola per onorare il ruolo che la Costituzione gli ha affidato. «Rispetto ai tanti consulenti che occupano tutti i ministeri, spesso scelti dal principe di turno, non ha forse più valore un organo dove i componenti sono scelti con un principio di rappresentanza?». Intanto in Italia la situazione economica e sociale resta complessa. «Ecco perché in questo Paese c’è bisogno di un organismo come il Cnel, specie se ogni componente lavora con una visione costruttiva, cercando la sintesi tra parti sociali e corpi intermedi».