Siete già stati bloccati da Facebook? Prima o poi capita a tutti: la nuova stretta sul linguaggio che è possibile o meno usare all’interno della piattaforma fa sì che uno ti possa insultare a piacimento, basta che non usi il termine dispregiativo per indicare una persona di colore o un omosessuale maschio, anche in senso ironico, anche per riportare le parole di qualcun altro. Basta quello (anche in uno screenshot) e sei fuori per un periodo dalle 24 alle 36 ore.
Non è dei blocchi di Facebook che vi voglio parlare, però, ma della nostra tendenza collettiva a fare affidamento su canali di comunicazione inaffidabili, specialmente per questioni di lavoro. Siamo entrati nell’era dello smart working, ormai si lavora ovunque, da una spiaggia greca a un baretto sulla Tiburtina: il che è comodo, ma può presentare degli inconvenienti, specialmente nella comunicazione.
Parto da Facebook perché un’amica che di mestiere fa la editor ha dovuto ripetere multiple volte che non intende intrattenere conversazioni di carattere lavorativo o ricevere manoscritti tramite Messenger. Una semplice regola di igiene della comunicazione che permette di tenere il personale separato dal lavoro. Eppure molte persone, prese dall’ansia di raggiungere il loro obiettivo, non tengono conto di questo desiderio.
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