Gli italiani temono i migranti e non si fidano dell’Europa. La politica farebbe bene a non sottovalutare queste paure

Siamo un Paese che ha paura. Tre le priorità degli italiani c’è la difesa delle frontiere e il controllo dei flussi migratori. Intanto cresce il numero di chi è pronto a lasciare l’Europa e la moneta unica. È un fenomeno da tenere d’occhio, per evitare spiacevoli sorprese elettorali

Siamo un Paese che ha paura. Spaventato dai flussi migratori e terrorizzato all’idea di dover difendere i confini nazionali. Siamo un popolo di complottisti, ansiosi e preoccupati. Guardiamo all’Europa con sfiducia, se non con aperta inquietudine. Intanto buona parte degli italiani inizia a valutare seriamente l’idea di lasciare l’Ue. Ormai più di un terzo dei nostri concittadini è pronto ad abbandonare la moneta unica e tornare alla Lira. Il quadro che emerge da un’interessante studio a cura dell’Istituto Affari Internazionali non è affatto rassicurante. I dati raccolti a inizio settembre dal Laboratorio analisi politiche e sociali dell’Università di Siena fotografano in maniera piuttosto impietosa i timori degli italiani. E offrono alla politica un importante spunto di riflessione. L’indagine racconta una evidente distanza tra il Palazzo e Paese reale. Se gli italiani vivono con ansia il fenomeno migratorio e il processo di integrazione europea, forse è il caso di analizzare questi dati con attenzione. Sottovalutare questi timori potrebbe portare a spiacevoli sorprese elettorali.

La ricerca è stata presentata ieri nella sala della Lupa a Montecitorio, si intitola “Gli italiani e la politica estera”. Quello che viene descritto è un Paese turbato e spaventato, forse più di quanto si possa immaginare. Tra le principali preoccupazioni dei nostri concittadini c’è ormai il fenomeno migratorio. In parte è una novità. Solo quattro anni fa, in una simile rilevazione, solo il 30 per cento degli italiani indicava come principale interesse del Paese il controllo dei flussi migratori e la difesa delle frontiere. Oggi il dato è raddoppiato, arriva al 66 per cento. Le misure proposte per fronteggiare il fenomeno sono tante e diverse tra loro. Il 38 per cento degli intervistati si dice favorevole ad adottare una politica di respingimenti. Anche se questi, ecco l’aspetto più preoccupante, avessero come conseguenza un trattamento disumano per i migranti una volta tornati nei paesi di transito. Un altro 34 per cento di italiani si dice d’accordo con l’idea di inviare un contingente militare in Libia per ristabilire il controllo delle frontiere. Anche se la missione comportasse perdite di vite umane. Resta un residuo 29 per cento che si dichiara favorevole a interventi finalizzati a salvare vite umane nel Mediterraneo, anche in prospettiva di accogliere i migranti sul territorio nazionale. La diffidenza degli italiani contro il fenomeno migratorio cresce e si afferma. E lo dimostra anche un altro dato del sondaggio, dove il 55 per cento degli intervistati ammette l’esistenza di un legame tra immigrazione irregolare e diffusione del terrorismo (accostamento respinto con convinzione solo dal 22 per cento).

Siamo un Paese che ha paura. Spaventato dai flussi migratori e terrorizzato all’idea di dover difendere i confini nazionali. Siamo un popolo di complottisti, ansiosi e preoccupati. Guardiamo all’Europa con sfiducia, ormai un terzo degli italiani vorrebbe lasciare l’Euro e tornare alla Lira. La politica deve riflettere con attenzione: sottovalutare questi timori potrebbe portare a spiacevoli sorprese elettorali

Paura degli stranieri e diffidenza verso l’Europa. Ecco l’altro aspetto che emerge con evidenza dalla ricerca. Se l’appartenenza all’Unione e all’Euro continuano ad essere diffuse, sono in crescita le percentuali degli italiani pronti a lasciare Bruxelles. L’opinione pubblica nutre ormai una netta sfiducia nei confronti del processo comunitario. Una tendenza in crescita rispetto al passato. L’euroscetticismo è in aumento, tanto che ormai il 45 per cento degli intervistati ritiene l’unificazione europea impossibile, principalmente a causa delle diversità tra i vari Stati membri. Anche qui, come in precedenza, le risposte non sono uniformi. Le posizioni cambiano in base all’appartenenza politica degli intervistati. «Gli elettori di sinistra e centrosinistra – spiegano i ricercatori – continuano a mostrarsi piuttosto ottimisti nei confronti dell’unificazione continentale, mentre specularmente tra gli elettori del Movimento Cinque Stelle, di Forza Italia e della Lega Nord prevalgono in larga misura coloro che la ritengono impossibile». Insomma, gli italiani sono pronti a lasciare l’Europa? Non ancora, ma chissà per quanto. Di fronte a un referendum per l’uscita dell’Italia dall’Ue o dalla moneta unica, le percentuali di chi si dice pronto al grande salto sono in aumento. E se il 61 per cento degli italiani rimane a favore dell’appartenenza all’Unione europa, un non trascurabile 31 per cento è già pronto ad abbandonarla. Ma sono addirittura il 36 per cento gli italiani pronti a uscire dall’Euro e tornare alla Lira.

La paura diventa complottismo. Il 59 per cento degli italiani, la maggioranza assoluta, è convinto che il governo italiano stia nascondendo il numero reale degli stranieri residenti nel nostro Paese. Ma quasi il 60 per cento ritiene che la crisi finanziaria sia il prodotto di una cospirazione di banchieri e politici a danno dei cittadini europei

Quando guardano fuori dai confini nazionali gli italiani hanno paura. Si sentono vulnerabili e non sanno come affrontare le sfide del futuro. Il terrorismo, va da sé, rappresenta una delle grandi inquietudini del momento. E così gran parte del Paese osserva con favore l’impiego delle Forze Armate per prevenire la minaccia di attentati. Sono addirittura il 69 per cento i nostri concittadini che considerano una misura adeguata la presenza sul territorio dei militari. Ma c’è un altro 14 per cento che non la ritiene neppure sufficiente, e sarebbe pronto a proclamare lo stato di emergenza, come avvenuto in Francia. Intanto l’ansia diventa complottismo. Lo studio analizza gli effetti delle notizie non fondate sull’opinione pubblica. E l’esito preoccupa non poco. Tra gli italiani le attitudini cospirazioniste sono ampiamente diffuse, anche se variano significativamente a seconda di età, titolo di studio e inclinazioni politiche. Il dato è destinato a crescere quando si parla di immigrazione ed economia. Ad esempio, il 59 per cento degli italiani, la maggioranza assoluta, è convinto che il governo italiano stia nascondendo il numero reale degli stranieri residenti nel nostro Paese. Ma quasi il 60 per cento ritiene che la crisi finanziaria sia il prodotto di una cospirazione di banchieri e politici a danno dei cittadini europei. Stavolta le persone in disaccordo sono solo il 17 per cento.

E la politica che ruolo gioca? Molti partiti, inutile negarlo, soffiano sul fuoco delle paure per passare all’incasso al momento delle elezioni. Ma è evidente che la responsabilità non è solo loro. Se nell’opinione pubblica è così radicato il timore dei flussi migratori – proprio mentre in Parlamento si discute di Ius Soli – è evidente che la distanza tra Palazzo e Paese reale sia già marcata. I partiti stanno sottovalutando queste tendenze? «Dobbiamo essere capaci di spiegare all’opinione pubblica alcune realtà fondamentali e indicare una strada» racconta l’ex presidente della commissione Esteri del Senato Pierferdinando Casini, ora alla guida della commissione di inchiesta sulle banche. Con lui, alla presentazione dell’indagine, c’è anche la vicepresidente della Camera Marina Sereni. D’accordo sul tema di fondo: «Questi dati – spiega la deputata – bisogna governarli, non rincorrere o strumentalizzarli. Alle paure dei cittadini dobbiamo dare risposte, proponendo soluzioni praticabili». Il ruolo della politica è anche questo. «Chi gioca e specula sui sentimenti amplificando le pulsioni negative, magari per prendere qualche voto in più – insiste Casini – è una politica destinata a portare fuori strada l’Italia». Ecco perché il sondaggio ha un valore importante, quasi un monito per i partiti. «La politica deve assumere anche una posizione pedagogica, assumersi la responsabilità di dire cose impopolari può essere il miglior investimento per l’Italia».

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