Lo scorso fine settimana, i cittadini della Repubblica Ceca hanno ha dato il via ad una vera e propria svolta politica nel proprio Paese. Chiamati a rinnovare il Parlamento nazionale, il 30 percento degli elettori ha dato la propria preferenza ad Andrej Babis, il secondo uomo più ricco del paese e leader del movimento anticonformista e populista, Azione dei cittadini insoddisfatti (ANO).
Babis è proprietario di un impero vero e proprio impero agricolo, nonché di diverse agenzie di comunicazione. Il giro d’affari annuo delle imprese del nuovo Primo ministro ammonta a 3.5 miliardi di euro. Andrej Babis è stato accostato a figure politiche come Donald Trump e Silvio Berlusconi. E il motivo è presto spiegato. In un articolo per il The Guardian, Robert Tait ha ripercorso gli ultimi mesi di campagna elettorale. Tait spiega che solo pochi mesi fa Babis è stato accusato di strumentalizzare i media di proprietà per promuovere la sua immagine e arginare le critiche rivolte alla campagna elettorale di ANO. Ma non finisce qui: nel mese di maggio, il Governo ha costretto Babis a dimettersi dall’incarico di ministro delle Finanze. Il miliardario è stato accusato di “evasione fiscale” e di aver dirottato 2 milioni di euro di finanziamenti UE a favore del proprio impero aziendale.
Si tratta di ipotesi di reato che sembrano non aver infastidito gli elettori (un’analisi interessante di Jean Culik sul The Conversation ha posto l’attenzione sulla disillusione dell’elettorato nei confronti dei partiti tradizionali) dal momento che Babis è riuscito a raccogliere quasi il triplo dei voti rispetto al Partito Democratico Civico (ODS). Privato della sua immunità a settembre, Babis ha di fatto riguadagnato le garanzie istituzionali attraverso una vittoria eclatante che lo mette al riparo da eventuali processi giudiziari. La promessa elettorale di Babis è quella di una “politica diversa” che, contestualmente, promuove istanze anti-migranti ed euroscettiche.
Tuttavia, ANO non è l’unico partito non tradizionale ad aver avuto successo alle elezioni. Il Partito Pirata Ceco (PPI), una formazione pro-Ue, ha raggiunto il terzo posto con il 10,8 percento dei voti, seguito dal movimento di estrema destra, anti-UE e anti-immigrazione, Libertà e Democrazia diretta (SPD) con il 10,6. Nonostante la situazione politica complessiva indichi una prominenza di messaggi euroscettici, è la narrazione populista anti-establishment, contraria allo status quo promosso dai governi precedenti, a crescere (soprattutto all’interno dell’elettorato dei partiti tradizionali).
Babis e l’Ue: un dibattito europeo
I quotidiani di tutta Europa hanno analizzato le conseguenze che il voto ceco potrebbe avere sul processo di integrazione.
Siegfried Mortkowitz, su Politico, cerca di smorzare i toni. L’editorialista rileva che Babis, in occasione del suo discorso di vittoria durante la notte elettorale, ha ignorato la retorica anti-UE utilizzata in campagna elettorale e preso, invece, una posizione a favore dell’Ue.
Secondo Mortkowitz, Babis sa perfettamente che la Repubblica Ceca deve parte della propria stabilità economica e politica, nonché la propria sicurezza, proprio a Bruxelles. Basti pensare che l’80 percento delle esportazioni è diretto verso l’Eurozona. Secondo Mortkowitz è improbabile che il sentimento anti-UE si traduca in vere e proprie politiche contro l’Unione.
Sul The New York Times, Jochen Bittner sostiene che il voto ceco sia un’ulteriore dimostrazione di come gli Stati dell’Europa orientale si stiano allontanando dai valori politici liberali dell’Occidente. Babis è visto come l’ennesimo leader populista di destra che si distingue per una visione imprenditoriale del mondo.
Bittner spiega come il successo delle forze populiste di destra ed euroscettiche nell’Europa dell’est possa essere ricondotto alla caduta dell’Unione Sovietica. Senza sminuire il processo di integrazione dell’UE degli ultimi 20 anni, Bittner sostiene che gli Stati europei dell’Est e dell’Ovest non siano riusciti a creare un minimo comun denominatore, in termini di cultura politica. In particolare, le alleanze interne all’UE, come il gruppo di Viségrad (un’alleanza informale tra Repubblica ceca, Ungheria, Slovacchia e Polonia), rischiano di smantellare l’Unione.
Sul The Independent, Philip Heijmans, condivide punto di vista simile. Il giornalista sostiene che gli elettori cechi abbiano eletto il “loro” Donald Trump. Di conseguenza è del tutto possibile che il divario tra Est e Ovest, in Europa, si allarghi ulteriormente. Allo stesso tempo, la posizione del prossimo governo ceco nei confronti delle istituzioni europee, dipenderà dal tipo di coalizione che si verrà a creare.
Eppure, su EuObserver, Wojciech Przybylski presenta un’analisi radicalmente diversa. Przybylski analizza nel dettaglio le ripercussioni che le elezioni ceche potrebbero avere proprio sul gruppo Viségrad.
Przybylski scrive che il successo di Babis sia destinato a indebolire i legami tra i quattro Stati membri. Babis, insieme al neo eletto Cancelliere Austriaco, Sebastian Kurz, e il primo ministro slovacco, Robert Fico, potrebbero dare la priorità al cosiddetto “Triangolo Slovacco”. Secondo Przybylski, l’elezione del miliardario rappresenta soprattutto una minaccia alla leadership di Varsavia nella regione.
Infine, secondo Lukáš Macek, la posizione di Babis nei confronti dell’UE rimane un vero e proprio mistero. In una lunga analisi pubblicata sul sito della Fondazione Robert Schuman, Macek descrive Babis come una fusione di leader politici molto diversi fra loro, come Emmanuel Macron, Donald Trump e Silvio Berlusconi. Di conseguenza, è difficile comprendere la reale posizione del leader ceco, al di là dei posizionamenti tattici.