Si trovano circondati da territorio francese, ma sono catalani doc. E anche loro, nonostante vivano in un’enclave, hanno votato per il referendum per l’indipendenza. A Llivia, piccola cittadina spagnola (o ormai catalana?) immersa nel territorio francese, il risultato delle urne è stato schiacciante: su 590 votanti 561 hanno votato per il “sì” e solo 19 per il no. Il resto, schede nulle e bianche.
A differenza dei loro connazionali, gli elettori di Llivia hanno potuto votare in massima tranquillità. Nessuna carica della polizia, nessuna irruzione ai seggi. E ci mancherebbe: per arrivare nel piccolo centro in fondo ai Pirenei Orientali la guardia civil avrebbe dovuto attraversare il confine con la Francia, percorrere qualche chilometro per poi rientrare su territorio spagnolo (o ormai catalano?) e bloccare tutto. Molto difficile, per niente pratico, del resto nemmeno interessante.
Llivia gode del suo status di enclave dal 1660, cioè da quando Francia e Spagna hanno definito i confini nazionali. All’epoca, per capirsi, regnava a Parigi Luigi XIV. Llivia, pur figurando all’interno del territorio francese, era stata ceduta al Conte di Barcellona. Da quel momento il suo statuto non è stato modificato. Con il suo forte senso di appartenenza ha seguito, in ogni fase, la storia del suo Paese (la Spagna) e quella della sua regione (la Catalogna). E ora? I dubbi non ci sono: è un villaggio di indipendentisti sfegatati – in mezzo a una regione, la Catalogna francese, dove i paesini vicini “si dichiarano prima di tutto francesi, poi catalani”.
E così, mentre a Llivia si combatte, nei dintorni si respira una certa apprensione. Cosa succede in Spagna? Cosa significherà questa eventuale secessione? Le radici, si sa, sono le stesse: catalane. Ma nessuno di loro ha intenzione di imitare i cugini e abbandonare anziché Madrid, la più solida Parigi.