Possono anche aver avuto poca eco a livello nazionale, almeno fino alla crisi in Catalogna. Ma i due referendum consultivi per l’autonomia che si terranno il 22 ottobre in Lombardia e in Veneto hanno suscitato un grande interesse anche fra i partiti minori, quelli che sfuggono al solito elenco dei favorevoli e dei contrari al quesito. Dall’estate, prima insomma che a Barcellona succedesse quello che è successo, diversi piccoli leader – anche del Sud – hanno cercato di inserirsi nel dibattito lombardo-veneto, probabilmente in preparazione degli equilibri ben più delicati delle prossime elezioni Politiche.
A Milano, per esempio, si è presentato con grande determinazione Gianni Alemanno, l’ex sindaco di Roma che guida il Movimento per la sovranità, insieme a Francesco Storace, ex presidente della Regione Lazio. I due esponenti storici della destra hanno anche fondato un comitato per sostenere il Sì alla consultazione. Secondo Alemanno, si tratta di un disegno che non romperà la solidarietà nazionale ma porterà la giusta autonomia anche alle Regioni del Centrosud. “La grande patria è fatta dalle piccole patrie”, il ragionamento dell’ex sindaco della Capitale, protagonista anche di un curioso fuoriprogramma. I suoi sostenitori milanesi avevano prenotato i tavolini di un bar sotto il palazzo della Regione, quindi sotto gli uffici di Maroni, per presentare il comitato. Ma quando hanno srotolato i manifesti, sono stati fatti allontanare: non avevano il permesso di organizzare un appuntamento politico in una piazza che ha rigide regole interne.
Nel centrodestra tutti sono a favore della maggiore autonomia della Lombardia e del Veneto. Più o meno tutti. Perché la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, pur lasciando libertà di voto ai suoi dirigenti locali, ha sostenuto che si tratta di referendum propagandistici e anche rischiosi per la tenuta del valore di patria. Anche per questo, la coppia Alemanno-Storace sta cercando di sfruttare l’occasione, per togliersi qualche sfizio a destra dell’alleanza ballerina fra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Lo stesso accade nell’area centrista. L”ex governatore lombardo, Roberto Formigoni, ha sostenuto che le consultazioni del 22 ottobre sono inutili ma ha detto che andrà comunque a votare per il Sì.
Formigoni oggi è senatore di Alternativa Popolare, che è impegnata anche nella ricostruzione di una proposta politica centrista al fianco di Berlusconi. Uno dei compagni di strada è Stefano Parisi, fondatore di Energie per l’Italia, che in attesa di misurarsi alle prossime Politiche è invece stato fra i primi a mettersi in strada con i gazebo per il Sì: “Autonomia non vuol dire più soldi alle Regioni – uno dei motivi di mobilitazione – ma meno tasse per i cittadini”. Sul carro referendario del centrodestra è salito, poi, Gaetano Quagliariello, che si è presentato al Nord chiedendo una mobilitazione capillare e per dire che anche lui (e il suo movimento Idea) è per la maggiore autonomia, “che può essere una soluzione che vale per tutta Italia”. Come hanno fatto i Pensionati della famiglia Fatuzzo.
Sul fronte opposto a quello del Sì, c’è meno movimento. Perché una barricata del No riconoscibile non si vede. Chi è contrario ai referendum punta infatti sul partito degli astensionisti e quindi vuole farsi notare il meso possibile, per evitare che si parli troppo della scadenza del 22 ottobre. Ma anche in questo caso qualcuno dei piccoli si è mosso convocando i giornalisti. Come ha fatto Riccardo Nencini, viceministro delle Infrastrutture ma soprattutto segretario del Partito socialista. Per lui andare a votare i due referendum di Lombardia e Veneto “è inutile”. E lo ha voluto far sapere.
@ilbrontolo