Ser Davos di Game of Thrones: «Il potere è una droga, distrugge tutto ciò che tocca»

L'attore irlandese Liam Cunningham — il cavaliere delle cipolle di GoT — ospite del Wired Next Fest di Firenze parla del suo personaggio nella serie, di potere e di politica, e non solo a Westeros

Nel corso delle sette stagioni di cui conta, fino ad oggi, Game of Thrones, di personaggi se ne sono avvicendati tanti, tantissimi. Personaggi di ogni tipo: onesti o laidi, scaltri o ingenui, scarsi o imbattibili, nani o giganti, l’unico minimo comun denominatore è, forse banalmente, lo stesso che unisce tutta l’umanità in carne ed ossa anche fuori dallo schermo: muiono tutti.

Dalla decapitazione di Ned Stark al Red Wedding, quasi non si contano le situazioni in cui un personaggio viene spazzato via dalla storia in qualche maniera efferatissima e inaspettata. Se nei film d’azione è vero che riconosci chi deve morire dalla prima scena — di solito è il ciccione — in Game of Thrones scommettere su chi arriva in fondo a un episodio, soprattutto nelle prime serie, ricchissime di personaggi e di sottotrame, è praticamente impossibile.

In questo contesto Davos Seaworth, interpretato sullo schermo dall’attore irlandese Liam Cunningham, è la più notevole eccezione a questa regola. «Davos is a simple man», dice spesso durante le interviste, «in a nest of vipers». Un uomo semplice in un nido di vipere. La metafora difficilmente potrebbe essere più precisa.

Nato contrabbandiere e cavaliere delle cipolle nei sobborghi di King’s Landing, divenuto Ser sul campo di battaglia dopo aver perso un figlio e una battaglia, aiutante di due re — Stannis Baratheon prima, John Snow dopo — Davos è un personaggio che, seppur partito dalle retrovie, si è guadagnato un posto molto importante sia nel cuore dei fan, che lo adorano, sia all’interno della serie, in cui malgrado tutto, è ancora in piedi.

Quando lo incontro nel dietro le quinte della Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, ha appena finito di ricevere il tributo d’affetto dei tanti fan accorsi a sentirlo in occasione del suo incontro organizzato nell’ambito del Wired Next Fest. Sul palco è stato particolarmente simpatico, sanguigno nelle battute, sempre autoironico. Un irlandese.

Ed è proprio con una grassa risata che accoglie la mia prima domanda, che ovviamente non poteva non essere che «Ma come diavolo è possibile che non ti abbiano ancora ammazzato?».

«La mia speranza», confessa con un potentissimo accento irlandese che lo rende indistinguibile dal suo personaggio, «è che i produttori si siano in qualche modo messi da soli con le spalle al muro e che, su Ser Davos, ormai abbiano le mani legate». Poi si guarda intorno come se qualcuno lo spieasse, abbassa leggermente la voce e torna serio: «No, a parte gli scherzi, io credo che un personaggio come Ser Davos fosse fondamentale per Game of Thrones, ma proprio a livello drammaturgico.

Il potere fa fare cose terribili a persone buone, è la natura del mondo, anche di Game of Thrones.

Perché?
Per far fronte alla moralità ambivalente che contraddistingue il mondo di in cui si svolge la storia, un mondo che non ha una morale in bianco e nero, ma piuttosto in scala di grigi. Game of Thrones non è certo un film western di quelli in cui siamo abituati al distinguere buoni e cattivi dal colore del cappello. C’è chi ha il cappello bianco e c’è chi ha il cappello nero: quello con il cappello bianco è quello che salva la bionda, l’altro sarà sicuramente dietro una rapina.

In Game of Thrones invece?
Nel nostro show è molto diverso. È uno show scritto da adulti per adulti e i personaggi non sono per niente semplici e piatti, sono complessi. Prendi Stannis Baratheon, stava provando a fare la cosa giusta, ma per farlo ha bruciato la figlia e molte altre persone. Davos è profondamente turbato da queste sue decisioni e glielo dice che diavolo sta facendo, perché così facendo si sta facendo nemica la sua stessa gente.. Davos, insieme a Samwell, è il “compasso morale” dello show, a cui non piacciono le ingiustizie, ma non riesce ad evitarle, vorrebbe intervenire ma deve alzare le mani.

Una sorta di alter ego dello spettatore all’interno dello show?
Sì, qualcosa del genere. Stannis rispetta Davos, non accetta i suoi consigli, ma lo rispetta. È tutta colpa di quella droga, il potere, che annulla la capacità di giudizio. Il potere fa fare cose terribili a persone buone, è la natura del mondo, anche di Game of Thrones.

Intervistando un consigliere di Obama capitò di parlare di serie tv e lui mi confessò che riteneva molto più realistica la rappresentazione del potere in Game of Thrones piuttosto che quella di House of Cards. Non è un paradosso? Cosa ne pensa?
Affatto, penso che quel tipo ci ha visto giusto. Se stai facendo un buon prodotto, quello di rappresentare in la società come uno specchio riflettente è la bravura degli autori, anche in una serie a base fantastica. Spesso noi non riusciamo a vedere chiaramente quello che ci circonda perché ci troviamo in mezzo. Invece la cosa più intelligente di Game of Thrones è proprio il fatto che abbiamo creato un mondo ridicolo, popolato di streghe, di draghi e tutto il resto, e lì dentro ci abbiamo ricreato i rapporti umani. Ma è proprio per questo che funziona e ha un effetto realistico, perché mettendo la nostra società in un background diverso ci fa notare quello che nella vita di tutti i giorni non vediamo più.

Definirebbe Game of Thrones una serie fantasy?
Molta gente pensa che la natura di Game of Thrones sia quella del fantasy, e se chiedi loro quali sono gli elementi caratterizzanti magari ti rispondono i draghi, i bambini ombra o i morti viventi, ma non è per niente così. Quella è la parte costosa, ma è solo il sottofondo.

Molta gente pensa che la natura di Game of Thrones sia quella del fantasy, ma non è per niente così

E qual è allora il cuore di Game of Thrones? Di cosa parla?
È una storia di famiglie, di rapporti tra uomini, di potere e in questa sua rappresentazione è una serie molto realistica. Tra l’altro, se ci pensi bene, sta anche riuscendo a superare la realtà in positivo, cambiando alcune regole. Il mondo di Westeros si suppone infatti che sia un mondo maschilista, come il nostro d’altronde, e all’inizio lo è. Eppure, ora che siamo alla fine della settima stagione, chi sono i personaggi più potenti?

Le donne.
Esatto, le donne: Cersei, Danerys, la stessa Arya, Sansa, quasi tutti i posti di potere in questo momento sono in mano alle donne. È una cosa estremamente interessante vedere un mondo come quello di Westeros, concepito per essere dominato da uomini, finire in mano alle donne… Adoro questa cosa!

In effetti era imprevedibile all’inizio…
Sì, questa imprevedibilità credo che sia uno degli elementi che più ha funzionato di questo show. Pensa alla traiettoria di un personaggio come Danerys, che dalla ragazzina della prima stagione è diventata uno dei personaggi più potenti, ambiziosi, ma anche crudeli di tutta la serie. Nell’ultima stagione è arrivata a far bruciare vivi i Tarly. In che diavolo di mostro si è trasformata, ti vien da pensare.

Esatto, ma perché l’ha fatto?
C’entra la stessa droga di cui parlavamo prima per Stannis: il potere, l’ambizione, la vanità. Tutti quelli che vengono a contatto con il potere si trasformano in peggio. Vale in Game of Thrones, ma ovviamente anche nella vita reale.

Succede anche il contrario però, anche chi perde il potere si trasforma, come Jaime che dopo aver perso la mano cambia totalmente…
Esatto! Nella prima stagione era una gran testa di cazzo, adesso è diventato un personaggio totalmente diverso.

Cambiamo argomento: un cambiamento climatico devastante, enormi sommovimenti migratori, dittatori impazziti, conflitti di civiltà, non pensa mai di essere coinvolto in una delle più grandi metafore dei nostri tempi?
Ci ho pensato spesso, è molto semplice vedere nel Night’s King e nei White Walkers una metafora di quello che sta succedendo al nostro pianeta. E infatti, come nella realtà, la cosa più assurda è che, mentre la minaccia incombe, tutti perdono tempo in piccole battaglie tra di loro, fregandosene totalmente del fottuto tsunami che minaccia di spazzare via tutto. Diciamo che la metafora è lì per chi la vuole vedere, ma non credo che gli autori abbiano mai pensato di voler insegnare qualcosa a qualcuno, sarebbe stato arrogante.

Come nella realtà, la cosa più assurda è che, mentre la minaccia incombe, tutti perdono tempo in piccole battaglie tra di loro, fregandosene totalmente del fottuto tsunami che minaccia di spazzare via tutto

Come reagite voi attori alle reazioni degli spettatori,quasi sempre molto estreme?
Sono fondamentali per tutti. Io personalmente capisco che stiamo facendo un buon lavoro quando vedo la reazione della gente alla durezza di alcuni passaggi della trama. Per esempio, hai visto i video su Youtube delle reazioni del pubblico quando andava in onda il Red Wedding?

Sì, certo…
Urlano davanti allo schermo, è incredibile. Significa che stanno investendo dell’emotività, significa che abbiamo fatto centro. Anche mia figlia, per esempio, dopo l’episodio dello stupro di Samsa sembrava impazzita, pensa che mi ha minacciato di non vedere più nessun episodio.

Eh, capisco, in Italia è stato praticamente un caso politico…
Dovunque, HBO è stata accusata da ogni parte, ma dovrebbe far riflettere questa cosa. Ci può dar fastidio che un personaggio che amiamo subisca dei traumi, ma non ha senso accusare la serie o HBO, anche perché non si vedeva nulla. E poi è proprio questa è esattamente la natura dello show. Le cose peggiori succedono alla brava gente, è una delle sue caratteristiche più identitarie, d’altronde anche nella vita è così.

Cosa penserebbe Ser Davos di uno come Jeremy Corbyn? Gli piacerebbe essere il suo consigliere?
Sono irlandese, quindi non mi riguarda poi tanto, ma devo dire che mi piace molto Jeremy Corbyn, tanto che spesso su Twitter condivido i suoi messaggi. Mi fa specie che la più forte critica che lo riguarda non sia nel merito di quello che dice, ma sul fatto che sia impossibile che riesca a realizzarlo. Però mi sono sempre piaciuti gli underdogs e gli outsider, e lui lo è, non è una star, è una persona vera. È un po’ come il Papa qui in Italia…

Ehm, il Papa? In che senso?
Sai quale è stata una delle prime telefonate che ha fatto Bergoglio appena eletto Papa?

No, chi ha chiamato?
Il suo edicolante, a Buenos Aires, in Argentina. Lo ha chiamato per ringraziarlo di tutti gli anni in cui gli teneva da parte una copia del suo quotidiano preferito e gli ha detto che poteva smettere, perché ormai sarebbe stato a Roma. È un personaggio incredibile, è una persona vera, mi piace questo genere di cose…

Sì, però resta un Papa…
Ah be’, certo, con tanto di infallibilità e tutto il resto (ride)…

Ho spesso sostenuto le questioni sui migranti, sono stato in Uganda, ma anche in Grecia. Sono loro i più sfortunati di questa terra e hanno bisogno di qualcuno che li aiuti, come i Wildlings in Game of Thrones

Devo dire che non è male la fine che fa il “papa” di Game of Thrones…
(Ride più forte) Tornando a Corbyn la cosa più interessante è che nessuno lo vuole: il partito laburista non lo vuole, i tories lo deridevano, persino i giornalisti lo hanno sempre trattato male. Non tutti, magari, diciamo soprattutto quelli che hanno studiato a Oxford e a Cambridge e guardano a lui come una sorta di folle. Eppure i risultati che sta avendo sono incredibili. Ora il Labour ha più 600mila iscritti, i conservatori ne hanno solo 100mila. Sei volte di più, e quasi tutti giovani che prima di oggi non si erano mai iscritti a un partito.

Come è possibile?
Credo che c’entri semplicemente il fatto che quello che dice ha presa sulla gente, ed è ora di ascoltarlo perché le politiche di austerità sono finite, è ora di tornare a investire sulle persone.

È un po’ il Jon Snow del mondo reale?
No! È il Davos Seaworth! Alla fine condividiamo molte cose: entrambi sono contro le ingiustizie e sono persone oneste e semplici. Pensa, una volta dei sostenitori di Corbyn mi hanno mi hanno chiesto se davo loro una mano, ma ho preferito dire di no.

Perché no?
Mi sarebbe piaciuto, ma sai, sono irlandese, non posso nemmeno votare in Gran Bretagna. Però continuo a a sostenerlo pacatamente, condividendo i suoi messaggi su Twitter, mi fa piacere.

Un attore come lei ha molta presa sul pubblico e può veicolare messaggi politici in modo più efficace di altri, che effetto le fa?
Sì, me ne rendo conto, infatti ho spesso sostenuto le questioni sui migranti, sono stato in Uganda, ma anche in Grecia. Sono loro i più sfortunati di questa terra e hanno bisogno di qualcuno che li aiuti, come i Wildlings in Game of Thrones.

Quale fine spera Ser Davos per Game of Thrones?
Lo dico spesso, la mia ambizione appena ho iniziato era di arrivare all’ultima stagione, ora che ci sono arrivato spero di arrivare all’ultima puntata. Però, sai, Dave e Dan, gli autori, hanno un fottutissimo senso dell’umorismo e potrebbero farmi morire in ogni momento.

Quindi è vero che non sa ancora nulla?
Sì, sì, giuro, ne so quanto te. È una cosa molto bella di tutto lo show: noi attori non sappiamo cosa succederà ai nostri personaggi, se non quando ci danno in mano la sceneggiatura.

Certo che sarebbe stato bello parlare del finale di Game of Thrones davanti a qualche birra…
(Ride) Avresti voluto farmi sbronzare per estorcermi qualche informazione, eh? Di’ la verità!

Sì, confesso…
(Continua a ridere) Be’, scommetto che non ce l’avresti fatta…

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